2023-03-17
Presi i vivandieri di Messina Denaro. Lettere d’amore al boss: «Sei unico»
Si tingono di rosa le indagini sui complici che hanno coperto la latitanza del padrino: scoperte le missive della donna che lo ospitava e che gli faceva pure da postina. «Il bello della mia vita è stato incontrarti».Cherchez la femme. È questo, finora, il filo conduttore delle indagini che, un pezzo alla volta, sta portando la Procura di Palermo a smantellare la rete di fiancheggiatori che ha coperto la latitanza di Matteo Messina Denaro. Ieri le manette sono scattate ai polsi di Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri, marito e moglie residenti a Campobello di Mazara, in provincia di Trapani. Dopo l’arresto del boss di Cosa nostra avvenuto il 16 gennaio scorso i due avevano sentito puzza di bruciato e avevano cercato di salvare il salvabile, presentandosi spontaneamente alla polizia giudiziaria sostenendo di avere conosciuto Messina Denaro come un medico e che l’ormai ex latitante «aveva frequentato la loro abitazione soltanto “saltuariamente”». La coppia di fiancheggiatori però era già finita nel mirino degli investigatori e le videoregistrazioni effettuate all’esterno della loro abitazione avevano già raccontato una storia diversa. Dal 7 al 15 gennaio 2023 Messina Denaro si è infatti «recato giornalmente nell’abitazione dei Bonafede-Lanceri, trattenendovisi a lungo ed incontrando anche altri soggetti», tra cui quell’Andrea Bonafede di cui il boss utilizzava l’identità per le cure mediche a cui si sottoponeva in una clinica di Palermo. Una frequentazione assidua quindi, che, almeno stando alle lettere e agli scambi di messaggi Whatsapp finiti agli atti, aveva anche un risvolto rosa. Nei giorni in cui i carabinieri del Ros monitoravano la casa della coppia, Messina Denaro si recava da loro ogni giorno «in orari compatibili con la consumazione del pranzo e della cena», trattenendosi «per numerose ore», circostanza documentata anche dalla presenza «nelle immediate vicinanze della abitazione» degli arrestati dell’Alfa Romeo Giulietta che Messina Denaro aveva intestato alla madre dell’altro Bonafede, Andrea. Autovettura che, secondo quanto ricostruito dalla Procura, il boss di Cosa nostra aveva battezzato Margot, forse ispirato dalla storica fidanzata del ladro dei cartoni animati Lupin III. frasi appassionateAnche la Lanceri aveva un soprannome: Diletta. Nome con cui la vivandiera di Messina Denaro firma una lettera risalente al 2019 sequestrata il giorno dell’arresto del boss in uno dei covi, che fa trasparire un rapporto molto stretto: «Il bello nella mia vita è stato quello di incontrarti, come se il destino decidesse di farsi perdonare, facendomi un regalo in gran stile. Quel regalo sei tu. Penso che qualsiasi donna nell’averti accanto si senta speciale ma soprattutto tu riesci a far diventare il nulla gli altri uomini». E ancora: «Con te mi sento protetta, mi fai stare bene, mi fai sorridere con le tue battute e adoro la tua ironia e la tua immensa conoscenza e intelligenza […]. Penso che qualcuno lassù ha voluto che noi due c’incontrassimo per tutto quello di brutto che avevo passato io a causa di esseri ignobili». La missiva, dal contenuto estremamente personale, è considerata rilevante dagli inquirenti per la sua conclusione: «Sei un grande! anche se tu non fossi M.D. La tua Diletta». Per la Procura «tali affermazioni non lasciano alcun dubbio in merito al fatto che Diletta fosse a conoscenza della reale identità del destinatario del messaggio (M.D.) ovvero Messina Denaro». Il «triangolo»Della relazione «sentimentale» con una certa Diletta Messina Denaro aveva parlato anche a un’altra donna, S.V. (non indagata), conosciuta durante le cure in clinica. Il boss faceva dialogare le due donne con messaggi vocali attraverso il suo cellulare: «ah c’è Diletta (tossisce) che ha la.. il Covid gliel’ho passato io si sta curando stiamo qua a casa assieme e Diletta ti saluta anzi ora te la passo per messaggio». Che Messina Denaro fosse molto legato alla Lanceri emerge anche da una lettera del maggio 2022, indirizzata alla sorella Rosalia, arrestata nei giorni scorsi: «Nella missiva […] il latitante descriveva alla sorella Rosalia le ultime evoluzioni, in negativo, della sua patologia e, nel farlo, specificava che Diletta piange continuamente e non so come fare, mi vede spegnere giorno dopo giorno, ma io che posso fare!». Secondo gli investigatori Diletta era anche il «tramite» per far arrivare al boss le comunicazioni. E con questo nome la definisce un’altra donna, Laura Bonafede (non indagata), figlia del capomafia di Campobello. Il 29 dicembre la Bonafede scrive, parlando di sé a al maschile: «Ho visto Margot alle 18.56 dal Tramite, stranamente non mi sono arrabbiato, non sono andato su tutte le furie come di solito mi succede. Mi ha dato parecchio fastidio, questo non lo posso negare. Mi ha dato fastidio non sapere cosa stessi facendo in quel momento, non sapere se eravate soli, se ti saresti fermato ancora a lungo […] potrei di mille se […] dopo quello che ho detto quando vidi Margot di mattina, ho pensato che non l’avrei vista più in quella zona per evitare di farmi avere delle reazioni, perché non l’avevo più vista, e questa cosa mi faceva incavolare ancora di più. Ma oggi ho pensato: almeno non si nasconde da Blu. Contorto come pensiero? No, solo che preferisco sapere e non essere preso in giro».
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