
In un dossier del G30, firmato anche dall'ex governatore, i dubbi sulla transizione: troppi vincoli, specie in fase di crisi, con il rischio che solo i grandi ricevano fondi.Ministero della Transizione ecologica. Questa è la moneta che ha pagato Mario Draghi a Beppe Grillo, diciamo per tenerlo buono. Beppe Grillo è tornato in Liguria tranquillo e ha iscritto Draghi ai grillini. Ma Draghi che ne pensa della transizione ecologica (e di quella digitale)? Molto interessante andare a rileggere un documento firmato anche da lui, risalente a fine 2020 e redatto dal G30, un'organizzazione internazionale di finanzieri e accademici che si occupa di approfondire questioni economiche e finanziarie, del quale il premier incaricato è vicepresidente.Ebbene, lì c'è scritto, in sintesi, che molti Paesi sono interessati a utilizzare le risposte politiche per accelerare i cambiamenti strategici tra i quali il green e il digitale. Ma ci sono due grandi «però», scritti in quel documento firmato anche da Draghi. Il primo «però» riguarda il rischio di imporre vincoli eccessivi alle imprese che sono già in estrema difficoltà. Cosa vuol dire? Che in questo momento le imprese hanno altre priorità per uscire dalla crisi, che non coincidono con la transizione ecologica che rimane, certamente, un obiettivo da perseguire - ma sarebbe occorso scegliere un momento diverso. In questo momento qualsiasi vincolo in più, e dunque spesa in più, per un'impresa, possono essere letali.Il secondo «però» di Draghi, e del G30, riguarda un altro tema centrale: a chi andranno alla fine questi soldi per la transizione digitale? Nel documento si legge che c'è il rischio che raggiungano poche imprese e soprattutto pochi settori. Traduzione non autorizzata: in Italia oltre il 95% delle imprese sono piccole e medie, molte piccolissime. È molto probabile che di questi soldi della transizione non ne vedano neanche l'ombra. Ma che invece subiscano una veloce e dolorosa transizione dalla vita alla morte, senza neanche un funerale all'altezza. E magari i soldi andranno alle solite molto note mega imprese. In Germania sanno dove collocarle, nell'industria automobilistica. Da noi?Cosa farà Draghi? Come si comporterà? Riuscirà nel governo che si appresta a creare a far rispettare queste idee, molto ragionevoli e soprattutto molto concrete, non astratte? Staremo a vedere.Due ultime considerazioni.Presso il ministero dell'Ambiente, diretto da un ministro grillino, che più grillino non si può, Sergio Costa, c'è già un Dipartimento per la transizione ecologica che avrebbe dovuto occuparsi nientepopodimeno che di investimenti verdi, economia circolare, contrasto ai cambiamenti ecologici, efficientamento energetico. Costa è stato ministro nei governi Conte 1 e Conte 2. Non ci risulta che questo Dipartimento abbia svolto un ruolo propulsivo. In due anni di governo non si poteva vedere qualcosa in più? Ora con il ministero dedicato cosa dobbiamo aspettarci di vedere, di tutto ciò che non abbiamo visto prima? Cambio di nome e risveglio ecologico del governo? E poi, dove li prenderà i soldi questo ministero? I soldi in Italia ce li ha il ministero dell'Economia. È lì che si fa il bilancio dello Stato e si decide quanti metterne nei vari capitoli di spesa: il super ministero non è quello ridondante della Transizione ecologica. È il ministero del pallottoliere che ne ha sempre meno di quelli che i singoli ministeri richiedono. Si racconta che il sempre sagace Giulio Tremonti, in una riunione del Consiglio dei ministri di un governo Berlusconi, dove si discuteva della destinazione dei soldi, e si discettava tra ministri senza portafoglio e ministri con il portafoglio, disse che dovevano considerarsi tutti senza portafoglio, perché le esigenze di bilancio gli avrebbero detto cosa si sarebbe potuto fare e cosa no. Aveva detto la pura verità e sarà così anche nel governo Draghi che, tra l'altro, di conti ne sa più di tutto il governo messo assieme.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.