2023-08-15
La Polonia sfida l’Unione europea: referendum sui ricollocamenti
Mateusz Morawiecki (Getty Images)
Il premier Morawiecki annuncia un quesito molto esplicito: «Sostieni il trasferimento forzato di migliaia di clandestini imposto dalla burocrazia di Bruxelles?». E intanto rinsalda i rapporti con Ungheria e Italia.Il prossimo 15 ottobre, tutti i cittadini polacchi saranno chiamati alle urne per rinnovare il Parlamento. Oltre a dare la preferenza al partito e al primo ministro, gli elettori dovranno rispondere anche ai quesiti di alcuni referendum. Tra i quesiti, come ha fatto sapere il premier Mateusz Morawiecki, ce ne sarà pure uno su un tema molto sensibile di questa campagna elettorale. E cioè l’immigrazione clandestina, vero e proprio cavallo di battaglia del suo partito, Diritto e giustizia (Pis).Il quesito referendario, annunciato l’altro ieri sui social da Morawiecki, è piuttosto esplicito: «Sostieni l’ingresso di migliaia di immigrati clandestini dal Medio Oriente e dall’Africa nell’ambito del meccanismo di trasferimento forzato imposto dalla burocrazia europea?». Insomma, qui la forma è tutta sostanza. Al centro del mirino di Diritto e giustizia è finita la controversa riforma del Regolamento di Dublino, ossia il trattato che stabilisce come gli Stati membri di Bruxelles debbano gestire il diritto di asilo. La riforma, approvata a giugno dal Consiglio dell’Unione europea, aveva trovato la ferma opposizione di Ungheria e Polonia, notoriamente ben poco disposte ad accogliere i clandestini. Il Patto Ue sull’immigrazione, in sostanza, impone ai vari Stati membri una «solidarietà obbligatoria» nei confronti delle nazioni (come l’Italia) sottoposte ai flussi migratori più massicci. A differenza che in passato, però, sarà possibile «barattare» il ricollocamento con una somma di denaro per ogni richiedente asilo non ammesso all’interno dei propri confini. Malgrado il nuovo regolamento sia più blando, Budapest e Varsavia (a differenza di Roma) hanno comunque deciso di opporsi. Per poter entrare in vigore, il testo dovrà passare al vaglio dell’Europarlamento nei primi mesi del 2024. Ma nel mezzo, appunto, ci sono le elezioni polacche. E qui torniamo a Morawiecki. Per annunciare il referendum che si terrà in concomitanza con il rinnovo del Parlamento, il primo ministro ha diffuso un video in cui vengono mostrate immagini di risse, saccheggi e vari altri crimini degli immigrati. Tra i fotogrammi più forti, oltre ad auto in fiamme e banche prese d’assalto, si vede anche un clandestino che lecca con sguardo sadico la lama di un coltello: «Vuoi che questo accada anche in Polonia? Vuoi smettere di essere padrone nella tua stessa nazione?», è il messaggio che si ode a corredo delle immagini, pronunciato dalla voce di Jaroslaw Kaczynski, il presidente di Diritto e giustizia. Non che prima della diffusione di questo video, beninteso, Morawiecki abbia mai fatto mistero della posizione di Varsavia: «Guardate cosa sta succedendo nei sobborghi di Malmö o a Parigi, Marsiglia, Lilla, o anche in Italia. Il trasferimento forzato di immigrati in Polonia non sarà consentito finché ci saremo noi al governo», aveva infatti detto il primo ministro polacco durante l’ultimo vertice Ue a Bruxelles. Insomma, il diniego di Varsavia è tutto fuorché un fulmine a ciel sereno.Che scopo si prefigge Morawiecki con questo referendum? In sede europea, all’atto pratico, il risultato della votazione è pressoché ininfluente: anche qualora la maggioranza dei polacchi votasse contro il nuovo patto sui rifugiati, Ursula von der Leyen potrebbe tranquillamente infischiarsene. Tutto fa pensare, al contrario, che Diritto e giustizia voglia alzare il livello dello scontro sul piano interno: una sorta di volata finale e decisiva per la riconferma al governo. D’altronde, quello dell’immigrazione clandestina è un tema che scalda parecchio l’elettorato polacco. Tuttavia, se a Bruxelles, su un piano formale, l’esito del referendum non avrà effetti tangibili, su un piano simbolico un effetto potrebbe averlo eccome. Tanto per cominciare, la comune opposizione alla riforma del Patto Ue sui migranti ha rinsaldato l’asse tra Varsavia e Budapest, che si era sensibilmente incrinato a causa delle divergenze sul conflitto in Ucraina. La comune appartenenza di Morawiecki e di Giorgia Meloni al gruppo dei conservatori europei (Ecr), inoltre, ha riavvicinato l’Italia e la Polonia. È vero che Roma e Varsavia hanno votato divise sulla riforma del Regolamento di Dublino, ma appena un mese fa si è tenuto un incontro bilaterale tra i due premier, che in una dichiarazione congiunta hanno riaffermato una visione comune sul tema dell’immigrazione clandestina e sul futuro dell’Europa: «Non c’è divisione, perché lavoriamo su come fermare la migrazione illegale, non su come gestirla quando ormai i migranti sono arrivati in Europa», aveva detto in quell’occasione la Meloni. Un’intesa di vedute che, non a caso, è stata ribadita l’altro ieri da Morawiecki: «L’Italia e la Polonia condividono un’esperienza comune nell’ambito dell’immigrazione clandestina e concordano sulla necessità di trovare soluzioni strategiche a lungo termine nell’Ue», ha dichiarato il premier polacco in un’intervista al Corriere della Sera.Insomma, anche in vista del rinnovo dell’Europarlamento, il braccio di ferro con Bruxelles è appena iniziato. E stavolta sarà molto difficile accusare Varsavia di «xenofobia» o mancanza di solidarietà, visti i 1,6 milioni di profughi ucraini accolti dalla Polonia dall’inizio del conflitto con la Russia.
Jose Mourinho (Getty Images)