2024-08-21
Polizza «green»: una stangata da 5 miliardi
Dal prossimo anno obbligatoria per le imprese la garanzia su terremoti e inondazioni. Per gli assicuratori, che già organizzano un tavolo congiunto, sarà un grande affare. Per le aziende più piccole invece un nuovo costo. E non tutte potranno sopportarlo.Le principali compagnie assicurative si stanno alleando per mutualizzare i rischi connessi alle catastrofi naturali, come terremoti e inondazioni. La notizia è stata riportata ieri dal Sole24Ore spiegando che l’Ania, l’associazione di categoria, ha aperto un tavolo di lavoro al quale sono seduti i principali operatori del settore, da Generali ad Allianz passando per Unipol. L’obiettivo, viene sottolineato, è tenere conto del peso crescente che gli eventi avversi hanno sui conti del settore e favorire la penetrazione delle polizze catastrofali nelle aziende. L’altro motivo - si aggiunge - è condividere il rischio «nell’ottica di gestione del business assicurativo che ruota attorno al tema degli eventi climatici» perché «i fenomeni avversi si fanno sentire sui conti delle compagnie e i risultati del primo semestre ne hanno dato prova ulteriore dopo che già lo scorso anno la stagione si era rivelata particolarmente difficile». Insomma, unire le forze per ammortizzare i costi ma anche per accelerare il business: si parla, infatti, di premi potenziali fino a 5 miliardi di euro. Ed ecco la cifra che ci ha fatto balzare sulla sedia come forse avrà fatto anche qualche imprenditore associato alla Confindustria che controlla il Sole. Perché quei cinque miliardi faranno felici le compagnie assicurative ma sono destinati a diventare una nuova tassa per le aziende, anche per quelle medie o piccole e dunque dalle spalle meno larghe. Perché a fine anno per tutte scatterà l’obbligo di sottoscrivere una polizza contro le «catastrofi naturali». La legge di bilancio 2024 ha infatti previsto un nuovo obbligo per le imprese di sottoscrivere un’assicurazione contro il clima, con sanzioni significative in caso di mancato adempimento. Inoltre, il rispetto di questa scadenza, sarà un requisito essenziale per le aziende che intendono beneficiare di ulteriori vantaggi finanziari. Questo include l’accesso a sovvenzioni, contributi o altri incentivi economici, specialmente quelli forniti in circostanze di emergenze naturali o disastri. Manca il decreto attuativo e il quadro normativo non è ancora chiaro ma sulla carta il provvedimento mira a mitigare l’impatto dei disastri naturali sulle aziende e sull’economia, che solo tra il 2019 e il 2021 sono costati 440 milioni di euro alle imprese. Dando per scontato che terremoti e alluvioni siano collegati esclusivamente alla crisi climatica. I terremoti nelle zone sismiche ci sono sempre stati e le aziende che ci lavorano o hanno già sottoscritto una polizza per tutelarsi oppure non lo hanno fatto accettando quello che si chiama rischio d’impresa. Mentre in qualche caso a provocare disastri con le alluvioni più che il cambio del clima o il riscaldamento del pianeta è stata una pessima gestione del rischio idrogeologico da parte delle amministrazioni locali, una sottovalutazione degli interventi necessari a prevenire i danni come, ad esempio, la pulizia dei tombini, dei letti dei fiumi o la predisposizione di vasche per lo stoccaggio temporaneo dell’acqua piovana in eccesso. Intanto, però, tutte le imprese sono obbligate ad assicurarsi «contro i rischi climatici». E il conto totale lo si può già intuire rovesciando la notizia data ieri dal Sole24Ore. Il quotidiano sottolinea che il fenomeno della sottoassicurazione delle pmi (secondo le stime dell’Ania, solo il 4% delle piccole imprese è assicurato contro terremoti e alluvioni) apre un grosso mercato per le compagnie. Quel «business» da 5 miliardi per le big delle polizze che nel frattempo si alleano per attutire l’impatto degli oneri complessivi per i sinistri (nonché delle spese di gestione), diventa però l’ennesimo balzello per le imprese. Proprio mentre alcune di esse fanno i conti con le crisi infinite: due pagine dopo sullo stesso quotidiano di Confindustria si legge, infatti, che 385 sono ancora in liquidazione e che per 39 gruppi le procedure sono in corso da oltre 20 anni con 255 incarichi ai commissari.Il costo delle polizze, inoltre, va ad aggiungersi ai prezzi dei certificati verdi che sono più che raddoppiati negli ultimi anni. Per una tonnellata di CO2 oggi un credito costa più di 80 euro contro i 4 del 2013. E le imprese, anche quelle che credono nella decarbonizzazione, protestano perché devono fare i conti con una tassa ideologica, poco tecnica, che non ha effetti positivi, e rischia di provocare una forte delocalizzazione, favorendo una produzione in posti dove non c’è. Gli obblighi della transizione ecologica imposti da Bruxelles per molti imprenditori già non sono sostenibili. Vanno aggiunte le spese per il personale necessario a seguire l’aumento della mole burocratica e anche quelle di realizzazione del bilancio di sostenibilità, senza dimenticare il rinnovo del parco auto e degli impianti energetici. E poi ci sono i dazi ambientali come il Cbam, una tassa sui prodotti inquinanti provenienti da paesi extra Ue. E ora con le spese per le polizze obbligatorie il disastro «ambientale» è assicurato.
Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
Duilio Poggiolini (Getty Images)
L'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)