2022-02-13
La politica che sparla di limitazioni finite vive fuori dalla realtà e lontano dalla gente
Chi spaccia l’abolizione delle mascherine all’aperto per ritorno alla normalità mente. I divieti continuano e le attività chiudono.«Forse Belpietro non si è accorto che l’Italia sta riaprendo». Così, l’altra sera in tv, nel programma condotto da Paolo Del Debbio su Rete 4, ha esordito Davide Faraone, senatore di sfondamento, già nel Pd e ora con Italia viva, attuale aspirante sindaco di Palermo. Può darsi che io non mi sia accorto che il Paese stia riaprendo, come peraltro scrivono quasi tutti i giornaloni. Tuttavia, ho la sensazione di essere in buona compagnia, perché la maggior parte degli italiani credo non si sia accorta del ritorno alla normalità descritto dal seguace di Matteo Renzi e dalla grande stampa. A meno che non si consideri riapertura la decisione di abolire l’obbligo di mascherine all’aperto o l’autorizzazione a tornare a ballare nelle discoteche. Togliere i dispositivi di protezione mentre si passeggia per le vie cittadine dove non c’è affollamento non è una riapertura, ma semplicemente il ritorno alla ragione. Le mascherine all’aria aperta non hanno mai avuto alcun senso e lo sanno bene gli esperti che hanno approfondito come si trasmette il virus. Il Covid non lo si prende certo mentre si cammina in un parco e nemmeno si corrono rischi mentre si percorre il lungomare o un sentiero di montagna. Tuttavia, una norma stupida, voluta dal ministero della Salute, aveva imposto il bavaglio a tutti, anche laddove si passeggiava quasi in totale solitudine. Basta sentire un virologo serio, non quelli che vanno a dire che chi è vaccinato non si contagia o non contagia anche se è positivo, per sentirsi spiegare che la maggior parte delle persone contrae il virus in locali chiusi, spesso al ristorante, dove dopo aver mostrato il proprio green pass è convinta di essere al sicuro, fra commensali che sono negativi al Covid.Imporre le mascherine all’aperto era ed è una stupidaggine, in quanto non ha alcuna utilità. Ma la revoca dell’obbligo basta a Faraone e compagni per sostenere la ridicola tesi che l’Italia stia riaprendo e tornando alla normalità. Piuttosto comica è pure la tesi del ritorno in pista dei locali da ballo. A sentire il senatore di Italia viva, già con gli ospiti di Sanremo in presenza avremmo fatto un passo avanti verso la liberalizzazione. Premesso che il Festival non rappresenta l’Italia (basta ascoltare le canzoni che hanno trionfato per rendersene conto), credere che qualche centinaio di ospiti, disposto a sborsare più di un migliaio di euro per partecipare alle serate canore, faccia la differenza e segni l’uscita da uno stato d’emergenza, dimostra solo quanta distanza ci sia tra i politici e la vita reale. Sanremo, con i suoi lustrini e le sue esagerazioni, non è la vita reale, ma l’eccezione e le luci della ribalta, se si sono accese sul palco dell’Ariston, restano spente per centinaia di migliaia di altre attività. Faraone si rallegra perché le discoteche tornano a far suonare la musica. Lo informo, perché forse non se ne è accorto, che per sopravvivere molti locali da ballo non hanno mai smesso di suonarla quella musica, ridotti ad accogliere i giovani clandestinamente pur di evitare il fallimento. Per rendersene conto, l’onorevole avrebbe potuto guardarsi una puntata di Dritto e rovescio o di Controcorrente, così avrebbe scoperto che, nonostante il divieto, i giovani hanno continuato a ballare. Dunque, di che riaperture parlano Faraone e compagni? Quale sarebbe l’Italia tornata alla normalità a cui fanno riferimento i giornaloni? A me risulta che molte attività stiano chiudendo. Perché a forza di divieti (il primo febbraio ne è entrato in vigore uno che riguarda i cinquantenni e martedì ne arriverà un altro che rende obbligatorio il green pass rafforzato nei luoghi di lavoro) in ristoranti, bar e alberghi contano più le perdite degli incassi. Non solo: dopo le norme restrittive introdotte dal governo, è arrivato il colpo di grazia dell’aumento delle bollette e del rincaro delle materie prime, con il risultato che molte attività di ristorazione sono con l’acqua alla gola e numerose aziende pensano che sia più conveniente chiudere che tener aperto. È questa la normalità di cui parlava il senatore di Italia viva e che intendono accreditare l’esecutivo e la maggioranza? Beh, sinceramente ci sembra un distacco dalla realtà piuttosto forte. Del resto, dopo due anni in cui è stato proibito tutto, perfino di acquistare prodotti di cancelleria nei supermercati, quasi che gomme, matite e quaderni fossero pericolosi veicoli del virus, è difficile tornare alla normalità. Tra zone gialle, zone gialle rafforzate, divieti di spostamento da un paese all’altro per chi non è vaccinato, si fa fatica a lavorare in serenità. Prova ne sia che il professor Alberto Zangrillo, osservando che nonostante l’abolizione dell’obbligo gli italiani continuano a portare la mascherina, ha parlato di psicosi collettiva, figlia dell’ignoranza e della disinformazione. Ovvio, dopo due anni che il ministero della Salute ha raccontato una montagna di balle, è difficile che gli italiani tornino a fidarsi di chi gli dice, come Faraone, che ora si riapre tutto e si torna alla normalità. Con certi politici la prudenza non è mai troppa.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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