2023-03-05
I pm chiudono il circo Speranza: «Il piano Covid toccava ai suoi»
Roberto Speranza (Imagoeconomica)
Il ministro, sentito in Procura, ha tentato di scaricare le responsabilità sul mancato utilizzo delle regole anti pandemia. Gli inquirenti lo smentiscono: doveva attivare lui lo «scudo», anche se non aggiornato. Così tra incapacità e faide si è arrivati ai lockdown: con più morti degli altri. A cogliere perfettamente il punto è Goffredo Zaccardi, capo di gabinetto del ministro Roberto Speranza (dimissionario nel settembre 2021). La sera del 20 dicembre del 2020 sta guardando Non è l’arena, il programma di Massimo Giletti e commenta quanto viene detto in studio via messaggio con la sua vice Tiziana Coccoluto. Il tema della discussione è il famigerato piano pandemico, e Zaccardi non usa mezze misure: «Purtroppo», scrive, «mi sono visto a fondo la decisione Ue del 2013: temo che siano tutti nei casini da quella data e alla grande».Di che si tratti lo spiegano i magistrati di Bergamo nelle carte dell’inchiesta sulla gestione della prima fase dalla pandemia: «Secondo la decisione del 22 ottobre 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, che fa da spartiacque e che revisiona il quadro giuridico delle emergenze pandemiche, l’Italia avrebbe dovuto presentare un piano ex novo nel 2014. Le successive varianti a questo piano in funzione delle linee guida dell’Oms dovevano essere comunicate con cadenza triennale (2017 e 2020) con apposito questionario di autovalutazione». Già: l’Italia era tenuta a aggiornare il suo piano di preparazione e risposta alle pandemie, che risaliva al 2006, ma - come noto - non l’ha mai fatto. E il perché emerge con chiarezza dalle carte dell’inchiesta: incuria, impreparazione, superficialità, trascuratezza, meccanismi farraginosi all’interno del ministero della Salute. Il quadro che emerge dalle indagini è semplicemente sconfortante. E non soltanto perché rivela tutte le carenze del nostro sistema, ma anche perché i responsabili del disastro hanno cercato in tutti i modi di coprire i propri errori, hanno ripetutamente mentito al fine di nasconderli. A partire dal ministro Speranza.Zaccardi dice bene: tutti coloro che si sono succeduti nelle varie cariche ministeriali sono responsabili di non aver aggiornato il piano pandemico. E quel piano serviva, serviva eccome. Certo, i dirigenti del ministero avrebbero dovuto aggiornarlo, ma anche applicandolo nella versione datata si sarebbe comunque potuto salvare vite, migliaia di vite. Secondo gli inquirenti bergamaschi esiste persino una data precisa in cui si sarebbe dovuto mettere in funzione il piano: il 5 gennaio 2020, giorno in cui l’Oms inviò un alert con cui metteva in guardia le autorità sanitarie riguardo a una polmonite dalle cause sconosciute che stava imperversando in Cina. In quella fase, «l’agente eziologico non è stato identificato e confermato», ma mettere in funzione il vecchio piano (che doveva servire a contrastare pandemie influenzali) avrebbe consentito di alzare almeno una barriera protettiva.Scrivono i magistrati di Bergamo: «Proprio in questo momento - individuabile quindi nel 5 gennaio 2020, benché il ministero abbia poi tradotto ed inoltrato alle Regioni l’alert di Oms solo il 9.1.2020, in quanto, come è ̀ stato riferito nel corso delle audizioni, il 6 gennaio era festivo, il 7 e 8 è stato lavorato e, finalmente, il 9 inviato - doveva essere azionato il piano pandemico influenzale: non si conosceva l’agente eziologico e, pertanto, doveva essere applicato il piano, il quale, è bene ribadirlo, è una legge dello Stato, essendo stato approvato dalla Conferenza Stato Regioni il 9.2.2006 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’1.4.2006. Ricevuto l’alert», proseguono gli inquirenti, «il ministero della Salute, previa doverosa informazione al ministro, avrebbe dovuto procedere all’adozione di tutte quelle misure previste dal corrispondente livello di allerta del piano stesso. Il piano doveva essere attuato dal direttore della Direzione generale della prevenzione del ministero della Salute, dottor. Claudio D’Amario». Ed è qui che l’inchiesta inizia a smontare ciò che Speranza e i suoi hanno ripetuto con ostinazione in tutti questi anni. Secondo il fu ministro, il piano del 2006 era inutile perché non pensato per il Covid. Ma i magistrati scrivono: «A nulla possono valere le obiezioni secondo le quali il Covid-19 non è un virus influenzale, perché il 5 gennaio l’agente eziologico era sconosciuto; solo qualche giorno dopo verrà comunicato che si trattava di un coronavirus».Dalla lettura delle carte apprendiamo anche come Speranza abbia cercato di scaricare il barile, attribuendo la responsabilità dell’aggiornamento del piano ai tecnici del ministero. Come a dire: non era colpa mia, era la struttura ministeriale che doveva occuparsene. Di nuovo, però, i magistrati contestano duramente la sua versione: «Un’altra circostanza che emerge non solo da questi ma da altri messaggi che verranno analizzati più avanti», scrivono, «è che era l’ufficio del gabinetto che si stava occupando della revisione e aggiornamento del piano pandemico e non, quindi, la direzione generale Prevenzione, facendo ricadere, così, questa attività anche nell’alveo politico e non invece squisitamente tecnico, questione, questa, non di poco conto sulle attribuzioni di responsabilità. Questa considerazione», proseguono gli inquirenti, «si fonda anche sul fatto che in sede di acquisizione documentale presso il ministero della Salute, tutti gli atti relativi al piano pandemico ed al suo aggiornamento erano negli uffici del gabinetto, tanto è vero che il relativo verbale di acquisizione documentazione redatto dalla pg è stato firmato dal titolare dell’ufficio, Goffredo Zaccardi». Capito? Era il gabinetto di Speranza a occuparsi della pratica, una circostanza che trova ulteriore conferma in una chat tra D’Amario, direttore generale della Prevenzione, e tale D’Agostino. Dalla conversazione emerge che l’aggiornamento del piano era stato in effetti messo in campo: «La bozza era pronta a fine 2019, anche il nuovo piano di prevenzione. Poi tutto fermo tra gab/Bissoni e consulenti vari».Certo, non fu solo colpa di Speranza. Il piano non fu aggiornato da Beatrice Lorenzin e nemmeno da Giulia Grillo (i due precedenti ministri). Durante il mandato di quest’ultima ebbero inizio i lavori di aggiornamento, che proseguirono all’arrivo di Speranza. Tutto estremamente lento, tanto da sconcertare. Ma pare di capire che, alla fine del 2019, la bozza fosse pronta e finì per incagliarsi nuovamente negli uffici del Gabinetto di Speranza. È qui che i magistrati tirano la mazzata decisiva all’ex ministro della Salute: «Alla luce di tali evidenze», scrivono, «si può senz’altro affermare che la tesi secondo la quale era il gabinetto ad occuparsi della revisione del piano pandemico è diametralmente opposta a quella sostenuta dal ministro Speranza nel corso della sua audizione il 28.1.2021, laddove ha inteso prendere le distanze da eventuali responsabilità sul mancato aggiornamento». Tradotto, significa che - interrogato dai pm nel 2021 - Speranza ha provato a scaricare ogni responsabilità, sostenendo che non competesse a lui aggiornare il piano. Invece, spettava a lui dare indicazioni in proposito, non a caso il suo gabinetto stava gestendo i lavori.Le carte dell’inchiesta sono piene di menzogne e tentativi di occultamento di questo genere. Atteggiamenti già noti a chi ha seguito da vicino tutte le vicende legate alla gestione della pandemia. Ripetutamente il nostro giornale ha messo in luce le incongruenze e denunciato le bugie di politici, dirigenti e tecnici, denunciando come - da Speranza in giù - avessero cercato di dimostrare (contro ogni evidenza) che il piano pandemico non sarebbe servito contro il Covid. Dalle carte apprendiamo un particolare ulteriore, e sgradevole: Zaccardi, capo di gabinetto di Speranza fece pressione su Giovanni Rezza (direttore generale della Prevenzione del ministero) affinché scrivesse un «appunto» sul piano pandemico debitamente aggiustato. «Non si può non evidenziare», dicono i magistrati, «il comportamento di Zaccardi il quale, pur di sminuire le responsabilità ministeriali, incalza il prof. Giovanni Rezza affinché questo affermi che il piano pandemico era utilizzabile solo per l’influenza e non per la Sars CoV-2. In realtà, le sollecitazioni di Zaccardi non hanno del tutto sortito l’effetto sperato, atteso che il professore conclude l’appunto affermando, comunque, che «L’esperienza e le conoscenze acquisite fanno però sì che un piano pandemico, che nasce come preparazione e risposta agli eventi pandemici influenzali, possa in qualche modo, magari modularmente, essere adeguato a rispondere ad eventi imprevisti come quello attribuibile a Covid-19, ovvero a una malattia respiratoria emergente a potenziale pandemico».Eccole qui, nero su bianco: le bugie, le pressioni, le mistificazioni. Le stesse che ci hanno accompagnato per tutta la pandemia, grazie a quelli che si sono definiti «i migliori in Europa».
Jose Mourinho (Getty Images)