Nuovo record sugli impieghi a marzo: crescono le partite Iva (+55.000) e le donne che trovano un posto. Unico neo l’aumento degli inattivi nella fascia 25-34 anni.
Nuovo record sugli impieghi a marzo: crescono le partite Iva (+55.000) e le donne che trovano un posto. Unico neo l’aumento degli inattivi nella fascia 25-34 anni.A marzo 2024 i dati sul mercato del lavoro italiano diffusi dall’Istat mostrano un aumento dell’occupazione, a beneficio in particolar modo dei dipendenti a tempi indeterminato e dei lavoratori autonomi. In dettaglio, nel terzo mese dell’anno il nostro Paese ha registrato un ulteriore balzo in avanti nell'ambito dell'occupazione, con un aumento di 70.000 unità rispetto al mese precedente, portando il totale degli occupati a 23,849 milioni. Questo dato segna un nuovo record, consolidando una tendenza positiva che caratterizza il panorama occupazionale italiano da oltre due anni.La tendenza positiva coinvolge entrambi i generi, con un incremento di 36.000 unità per gli occupati uomini e 34.000 unità per le occupate donne. Questo fenomeno si traduce in un nuovo record sia per gli uomini, che raggiungono la cifra di 13,754 milioni di occupati, sia per le donne, che raggiungono la quota di 10,095 milioni di occupate.Su base annuale, il numero di occupati a marzo ha superato quello di marzo 2023 dell’1,8% (+425.000 unità). L’aumento ha riguardato uomini, donne e tutte le classi d’età, a eccezione dei 35-49enni per effetto della dinamica demografica negativa: il tasso di occupazione, che nel complesso è in aumento di un punto percentuale, è salito anche in questa classe di età (+0,6%) perché la diminuzione del numero di occupati 35-49enni è meno marcata di quella della corrispondente popolazione complessiva. Bisogna, insomma, rilevare, che il mercato del lavoro italiano sembra essere sulla giusta carreggiata sia per i lavoratori a tempo indeterminato (in particolare per i più giovani) che per i lavoratori autonomi che, dopo la mazzata presa con la pandemia da Covid-19, tornano a crescere, merito anche delle politiche del governo che stanno dando i frutti sperati. Certo è che, al netto di queste buone notizie, resta il grande cruccio dei lavoratori italiani: i salari ancora troppo bassi penalizzati da un cuneo fiscale che rende scontenti i datori di lavoro e anche i professionisti. Bisogna, comunque, vedere il bicchiere mezzo pieno. A marzo, si è assistito, anche a una riduzione ulteriore dei disoccupati, con una diminuzione di 53.000 unità, e a una leggera crescita degli inattivi, con un aumento di 12.000 unità. «Tuttavia», precisa Francesco Seghezzi, presidente Adapt, «l’elemento preoccupante riguarda il fatto che l’aumento degli inattivi, per quanto marginale, si concentra soprattutto nella fascia 25-34 anni».Ciò detto, il tasso di occupazione a marzo ha così raggiunto il 62,1%, il più alto mai registrato, mentre il tasso di disoccupazione è sceso al 7,2%, livelli simili a quelli del 2009, e quello di inattività è rimasto stabile al 33%. In particolare, un aspetto rilevante ha interessato la qualità dell'occupazione, con un aumento significativo dell’occupazione a tempo indeterminato del 3,6% rispetto all’anno precedente, pari a 559.000 unità, mentre quella a termine ha visto una diminuzione del 6%, pari a una riduzione di 180.000 unità. «Questi risultati positivi non sono dovuti solo agli effetti delle riforme pensionistiche», precisa Seghezzi, «come dimostrano i dati relativi alla crescita degli occupati a tempo indeterminato per fascia d'età. Tra il quarto trimestre del 2021 e il quarto trimestre del 2023 infatti, si è visto un aumento significativo in tutte le fasce d'età, con un impatto innegabilmente rilevante nella fascia over 50, ma al contempo quasi il 50% della crescita si colloca negli under 50», fa notare l’esperto di Adapt. «Molto incoraggianti i dati diffusi da Istat su disoccupazione, a dimostrazione che le politiche del governo Meloni vanno nella direzione giusta», ha detto Paola Ambrogio, senatrice di Fratelli d’Italia e componente della commissione Bilancio di Palazzo Madama. «Apprezziamo la volontà del governo di introdurre incentivi alle assunzioni, ma andrebbero maggiormente mirati», spiega il segretario confederale della Cisl, Mattia Pirulli. «Per i giovani occorre tornare allo sgravio contributivo totale dell’apprendistato; per sostenere il lavoro delle donne occorrono incentivi alle aziende che contrattano con il sindacato misure di conciliazione e condivisione del lavoro domestico e di cura».
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Imagoeconomica)
La direttiva Ue consente di sforare 18 volte i limiti: le misure di Sala non servono.
Quarantaquattro giorni di aria tossica dall’inizio dell’anno. È il nuovo bilancio dell’emergenza smog nel capoluogo lombardo: un numero che mostra come la città sia quasi arrivata, già a novembre, ai livelli di tutto il 2024, quando i giorni di superamento del limite di legge per le polveri sottili erano stati 68 in totale. Se il trend dovesse proseguire, Milano chiuderebbe l’anno con un bilancio peggiore rispetto al precedente. La media delle concentrazioni di Pm10 - le particelle più pericolose per la salute - è passata da 29 a 30 microgrammi per metro cubo d’aria, confermando un’inversione di tendenza dopo anni di lento calo.
Bill Gates (Ansa)
Solo pochi fanatici si ostinano a sostenere le strategie che ci hanno impoverito senza risultati sull’ambiente. Però le politiche green restano. E gli 838 milioni versati dall’Italia nel 2023 sono diventati 3,5 miliardi nel 2024.
A segnare il cambiamento di rotta, qualche giorno fa, è stato Bill Gates, niente meno. In vista della Cop30, il grande meeting internazionale sul clima, ha presentato un memorandum che suggerisce - se non un ridimensionamento di tutto il discorso green - almeno un cambio di strategia. «Il cambiamento climatico è un problema serio, ma non segnerà la fine della civiltà», ha detto Gates. «L’innovazione scientifica lo arginerà, ed è giunto il momento di una svolta strategica nella lotta globale al cambiamento climatico: dal limitare l’aumento delle temperature alla lotta alla povertà e alla prevenzione delle malattie». L’uscita ha prodotto una serie di reazioni irritate soprattutto fra i sostenitori dell’Apocalisse verde, però ha anche in qualche modo liberato tutti coloro che mal sopportavano i fanatismi sul riscaldamento globale ma non avevano il fegato di ammetterlo. Uscito allo scoperto Gates, ora tutti possono finalmente ammettere che il modo in cui si è discusso e soprattutto si è agito riguardo alla «crisi climatica» è sbagliato e dannoso.
Elly Schlein (Ansa)
Avete presente Massimo D’Alema quando confessò di voler vedere Silvio Berlusconi chiedere l’elemosina in via del Corso? Non era solo desiderare che fosse ridotto sul lastrico un avversario politico, ma c’era anche l’avversione nei confronti di chi aveva fatto i soldi.
Beh, in un trentennio sono cambia ti i protagonisti, ma la sinistra non è cambiata e continua a odiare la ricchezza che non sia la propria. Così adesso, sepolto il Cavaliere, se la prende con il ceto medio, i nuovi ricchi, a cui sogna di togliere gli sgravi decisi dal governo Meloni. Da anni si parla dell’appiattimento reddituale di quella che un tempo era la classe intermedia, ma è bastato che l’esecutivo parlasse di concedere aiuti a chi guadagna 50.000 euro lordi l’anno perché dal Pd alla Cgil alzassero le barricate. E dire che poche settimane fa la pubblicazione di un’analisi delle denunce dei redditi aveva portato a conclusioni a dir poco sor prendenti. Dei 42,6 milioni di dichiaranti, 31 milioni si fanno carico del 23,13 dell’Irpef, mentre gli altri 11,6 milioni pagano il resto, ovvero il 76,87 per cento.
In sintesi, il 43 per cento degli italiani non paga l’imposta, mentre chi guadagna più di 60.000 euro lordi l’anno paga per due. Di fronte a questi numeri qualsiasi persona di buon senso capirebbe che è necessario alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, evitando di tartassarlo. Qualsiasi, ma non i vertici della sinistra. Pd, Avs e Cgil dunque si agitano compatti contro gli sgravi previsti dal la finanziaria, sostenendo che il taglio dell’Irpef è un regalo ai più ricchi. Premesso che per i redditi alti, cioè quello 0,2 per cento che in Italia dichiara più di 200.000 euro lordi l’anno, non ci sarà alcun vantaggio, gli altri, quelli che non sono in bolletta e guadagnano più di 2.000 euro netti al mese, pare davvero difficile considerarli ricchi. Certo, non so no ridotti alla canna del gas, ma nelle città (e quasi sempre le persone con maggiori entrate vivono nei capoluoghi) si fa fatica ad arrivare a fine mese con uno stipendio che per metà e forse più se ne va per l’affitto. Negli ultimi anni le finanziarie del governo Meloni hanno favorito le fasce di reddito basse e medie. Ora è la volta di chi guadagna un po’di più, ma non molto di più, e che ha visto in questi anni il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ma a sinistra non se la prendono solo con i redditi oltre i 50.000 euro. Vogliono anche colpire il patrimonio e così rispolverano una tassa che punisca le grandi ricchezze e le proprietà immobiliari. Premesso che le due cose non vanno di pari passo: si può anche possedere un appartamento del valore di un paio di milioni ma, avendolo ereditato dai geni tori, non avere i soldi per ristrutturarlo e dunque nemmeno per pagare ogni anno una tassa.
Dunque, possedere un alloggio in centro, dove si vive, non sempre è indice di patrimonio da ricchi. E poi chi ha una seconda casa paga già u n’imposta sul valore immobiliare detenuto ed è l’I mu, che nel 2024 ha consentito allo Stato di incassare l’astronomica cifra di 17 miliardi di euro, il livello più alto raggiunto negli ultimi cinque anni. Milionari e miliardari, quelli veri e non immaginati dai compagni, certo non hanno il problema di pagare una tassa sui palazzi che possiedono, ma non hanno neppure alcuna difficoltà a ingaggiare i migliori fiscali sti per sottrarsi alle pretese del fisco e, nel caso in cui neppure i professionisti sia no in grado di metterli al riparo dall’Agenzia delle entrate, possono sempre traslocare, spostando i propri soldi altrove. Come è noto, la finanza non ha confini e l’apertura dei mercati consente di portare le proprie attività dove è più conveniente. Quando proprio il Pd, all’e poca guidato da Matteo Renzi, decise di introdurre una flat tax per i Paperoni stranieri, migliaia di nababbi presero la residenza da noi. E se domani l’imposta venisse abolita probabilmente andrebbero altrove, seguiti quasi certamente dai ricconi italiani. Del resto, la Svizzera è vicina e, come insegna Carlo De Benedetti, è sempre pronta ad accogliere chi emigra con le tasche piene di soldi. Inoltre uno studio ha recentemente documentato che l’introduzione negli Usa di una patrimoniale per ogni dollaro incassato farebbe calare il Pil di 1 euro e 20 centesimi, con una perdita secca del 20 per cento. Risultato, la nuova lotta di classe di Elly Schlein e compagni rischia di colpire solo il ceto medio, cancellando gli sgravi fiscali e inasprendo le imposte patrimoniali. Quando Mario Monti, con al fianco la professoressa dalla lacrima facile, fece i compiti a casa per conto di Sarkozy e Merkel , l’Italia entrò in de pressione, ma oggi una patrimoniale potrebbe essere il colpo di grazia.
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Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.






