2022-08-07
Piovono razzi su tutto Israele. Ma la Jihad palestinese è dimezzata
L’organizzazione terroristica risponde col fuoco al raid di Gerusalemme che ne ha ucciso il capo militare. Il blitz è stato deciso dopo una escalation degli attentati, che sono costati 14 morti israeliani in pochi mesi. Non si giocherà questa sera al Bloomfield Stadium di Tel Aviv l’amichevole precampionato tra Juventus e Atletico Madrid. La partita è stata annullata «a causa dell’attuale situazione di sicurezza», come ha affermato il club spagnolo in una nota. Anche se Tel Aviv non è stata presa di mira dall’inizio della nuova crisi tra lo stato ebraico e le organizzazioni terroristiche che hanno sede nella Striscia di Gaza, le sirene sono suonate nei sobborghi di Holon e Bat Yam e già venerdì scorso il comune di Tel Aviv ha aperto le porte dei rifugi antiaerei della città. La maggior parte dei proiettili sparati da Gaza e dintorni ha preso di mira le città del sud, ma intorno alle 12 di ieri (le 11 in Italia) sono stati lanciati razzi contro la città Modi’in-Maccabim-Re’ut, centro del paese, a circa 35 chilometri a sud-est di Tel Aviv e a 30 chilometri a ovest di Gerusalemme. Si stima che oltre 200 razzi siano stati lanciati contro Israele da venerdì pomeriggio. Non è ancora chiaro se la Jihad islamica palestinese avesse capacità limitate per grandi attacchi a città più lontane, dopo i raid aerei di Israele su obiettivi terroristici nella Striscia di Gaza, oppure se abbia preso la decisione consapevole di non intensificare ulteriormente le ostilità onde evitare la reazione di Gerusalemme. La tensione saliva da mesi: il 31 marzo 2022, dopo una serie di attacchi terroristici all’interno di Israele che hanno ucciso 14 israeliani, è stata annunciata l’operazione «Wave Breaker». Il suo obiettivo è detenere palestinesi sospettati di attività terroristiche, localizzare armi e trovare denaro utilizzato per finanziare il terrorismo. La situazione è deflagrata il 5 agosto scorso, quando le forze di difesa israeliane (Idf) hanno eliminato il capo del braccio militare dell’organizzazione terroristica della Jihad islamica palestinese, Taysir al-Jabari, nell’operazione «Alot Hshachar» (Alba). Con lui, secondo le forze israeliane, sono stati uccisi «tra 10 e 20 terroristi». Gli israeliani hanno accelerato i tempi dell’operazione dopo che sono stati scoperti i piani per un grosso attacco della Jihad islamica palestinese che voleva reagire all’arresto del terrorista Bassem Saadi, alto funzionario dell’organizzazione terroristica catturato a Jenin, Cisgiordania, nella notte tra 1 e 2 agosto. La morte di Taysir al Jabari, esponente dell’omonimo clan originario del quartiere Shaja’iyah, capo del comando settentrionale della Jihad islamica nella striscia di Gaza dal 12 novembre 2019, dopo l’uccisione - sempre da parte delle Idf - di Bahaa Abu al-Ata, è un duro colpo per l’organizzazione terroristica finanziata dall’Iran. A proposito degli ayatollah: lo scorso 4 agosto a Teheran si erano incontrati Ziad al-Nakhalah, segretario generale della Jihad islamica, e il presidente iraniano Ebrahim Raisi e durante il colloquio Al-Nakhalah aveva detto: «Adesso i sionisti sono circondati da ogni parte grazie al potere della Repubblica Islamica dell’Iran, grazie alle direttive del supremo leader Khamenei». Al-Jabari, nato nel 1972, oltre a essere un membro del consiglio militare supremo della Jihad islamica era a capo delle strutture che lanciano i missili su Israele e si occupava di formare nel lancio dei razzi le nuove leve della Jihad islamica. Taysir al-Jabari era già sfuggito due volte agli israeliani: la fortuna lo aveva aiutato nel 2012, quando si trovava con diversi alti funzionari - tra cui Abu al-Ata, Khalil Bitani che sovrintendeva alla sicurezza interna e Ramez Harb che era a capo delle pubbliche relazioni - in un appartamento camuffato in un ufficio di una società di comunicazioni. Lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno di Israele, dopo averli localizzati aveva fatto sì che l’edifico venisse colpito da un missile lanciato da un jet. Al-Jabari, Abu al-Ata e Betani riuscirono a salvarsi dal bombardamento, Ramez Harb invece rimase sotto le macerie. Durante tutta la giornata di ieri sono suonate le sirene nella città costiera di Ashkelon e secondo l’Idf un proiettile in arrivo è stato intercettato dal sistema di difesa aerea «Iron Dome», ma anche nella città di Netivot, a circa 10 chilometri dalla striscia di Gaza, e in altre città di confine più vicine. Il segretario generale della Jihad islamica palestinese, Ziyad al-Nakhalah, ha annunciato all’emittente televisiva libanese Al Mayadeen una rappresaglia contro Israele, dopo che l’Idf ieri ha condotto raid contro la striscia di Gaza: «Tel Aviv sarà tra gli obiettivi della resistenza. Non abbiamo linee rosse e non abbiamo un posto dove fermarci o ascoltare i dettami dei dibattiti. Andiamo in guerra e auguriamo successo ai combattenti». Gli israeliani da ieri pomeriggio stanno schierando le loro batterie aggiuntive del sistema di difesa missilistica nella parte centrale del Paese, contro il possibile lancio di razzi dalla striscia di Gaza, secondo quanto riferito dal quotidiano israeliano Haaretz, mentre il ministro della Difesa di Israele, Benny Gantz, ha approvato il reclutamento di un massimo di 25.000 riservisti, se questo sarà ritenuto necessario. E i terroristi di Hamas cosa fanno ? Per il momento non vanno oltre al sostegno (a parole) in attesa di capire se gli convenga lanciarsi nell’operazione con tutti i rischi che questo comporta, oppure restare alla finestra in attesa di tempi migliori.
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