2023-04-16
È guerra tra il Vaticano e la famiglia Orlandi
Dopo le polemiche per le insinuazioni del fratello della ragazza scomparsa su papa Wojtyla, la sala stampa della Santa Sede rivela che l’avvocato Laura Sgrò si è rifiutata di parlare col promotore di giustizia. Che attacca: «Colpa loro se non arriveremo a tutta la verità».Le insinuazioni di Pietro Orlandi su San Giovanni Paolo II hanno portato a un clamoroso scontro con l’autorità giudiziaria vaticana, terminato ieri con reciproche, pesantissime, accuse. Le parole pronunciate dall’uomo durante la trasmissione Di martedì condotta da Giovanni Floris, oltre a mettere a rischio i risultati dell’inchiesta sulla sorte della sorella Emanuela, la quindicenne cittadina vaticana scomparsa nel nulla il 22 giugno 1983, potrebbero aprire un secondo caso all’interno della 7, dopo quello che ha portato alla chiusura di Non è l’arena, condotta da Massimo Giletti.Breve riassunto delle puntate precedenti: martedì scorso Orlandi, dopo essere stato sentito per circa 8 ore come testimone dal promotore di giustizia del Vaticano, Alessandro Diddi, è salito in macchina è si è recato negli studi televisivi, dove ha raccontato, incurante della necessaria riservatezza che accompagna ogni indagine, il suo incontro con Diddi. Un racconto nel quale Orlandi sembrava quasi il dominus dell’inchiesta, con Diddi che si sarebbe limitato ad ascoltare tutti gli elementi che il fratello di Emanuela aveva fornito, anche attraverso il deposito di una lunga memoria. E mentre enucleava gli elementi che secondo lui Diddi dovrebbe approfondire, Orlandi ha sparato una vera e propria bordata sul Papa polacco: «Mi dicono che Wojtyla ogni tanto la sera usciva con due monsignori polacchi», aggiungendo poi che «non andava certo a benedire le case...». Parole forti, davanti alle quali Floris non ha battuto ciglio e erano state precedute da un vecchio audio in cui un esponente della Banda della Magliana faceva pesanti allusioni sul Pontefice polacco e che hanno suscitato indignazione Oltretevere. Con Il cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia e segretario personale di san Giovanni Paolo II, che in una dichiarazione ha parlato di «ignobili insinuazioni» e di «farneticazioni incontrollabili, volte a screditare preventivamente persone e ambienti fino a prova contraria degni della stima universale». Alle parole dell’alto prelato Orlandi ha replicato così: «Sta per iniziare il lancio di fango nei miei confronti strumentalizzando quello che dico e come lo dico».Ma evidentemente la sua testimonianza non ha soddisfatto, contrariamente a quanto sembrava in tv, gli inquirenti vaticani. E neppure quella del suo avvocato Sgrò, altra grande protagonista di talk show e serie tv, dove i famigliari di Emanuela, ma anche i loro legali e persino il circo mediatico di complemento avevano sempre reclamato a gran voce trasparenza.Ieri, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede Matteo Bruni, ha emesso una nota che rivelava la convocazione della Sgrò come testimone: «Questa mattina il Promotore di giustizia, professor Alessandro Diddi, insieme al professor Gianluca Perone, Promotore applicato, ha ricevuto l’avvocato Laura Sgrò, come da lei ripetutamente e pubblicamente richiesto, nell’ambito del fascicolo aperto sulla vicenda della scomparsa di Emanuela Orlandi, anche per fornire quegli elementi, relativi alla provenienza di alcune informazioni in suo possesso, attesi dopo le dichiarazioni fornite da Pietro Orlandi. L’avvocato Sgrò si è avvalsa del segreto professionale». Avete letto bene. La Santa Sede sottolinea che dopo aver ripetutamente domandato di essere ascoltata il legale avrebbe preferito tacere.La convocazione di Sgrò come testimone, a quanto risulta alla Verità, era finalizzata ad approfondire alcuni dei punti toccati da Pietro Orlandi nelle dichiarazioni rese nei giorni scorsi ai promotori di giustizia e in particolare ad accertare i nomi delle fonti sulle presunte scappatelle di Wojtyla. Orlandi avrebbe prima negato di sapere chi avesse detto queste cose e poi avrebbe fatto riferimento alla Sgrò. La quale, però, ha opposto il segreto professionale. Chi era il cliente che ha fatto simili affermazioni resta dunque un segreto. Ieri Diddi, dopo aver ricordato i ripetuti appelli di Orlandi e della Sgrò a essere ascoltati, ha spiegato: «Ecco perché per noi sentire l’avvocato della famiglia Orlandi che ripetutamente aveva chiesto di incontrare il promotore di giustizia, ovvero il sottoscritto, era importante». Poi ha affondato il colpo contro il cancan mediatico che è diventato un teleromanzo a puntate, soprattutto su La7 con trasmissioni come Di martedì e Atlantide: «Noi ci siamo messi a disposizione, in silenzio e senza dare nell’occhio, ritenevano che non stessimo facendo nulla, ma come abbiamo dimostrato non era così. Adesso che devono darci le informazioni importanti si tirano indietro: è inspiegabile. Non riesco a capire. Inizio quasi a pensar male».Orlandi ha replicato a stretto giro: «Ma sono impazziti, ma cos’è questo gioco sporco ? Ma chi si rifiuta di fare i nomi? Ma se gli abbiamo dato una lunga lista di nomi, ma perché?». Mentre la Sgrò ha dichiarato: «Sono basita da quello che è successo stamattina […]. Io sono tenuta al segreto professionale, non ho mai chiesto di essere sentita né tanto meno potrei, essendo tenuta al segreto delle fonti per svolgere al meglio la mia attività professionale a favore della famiglia Orlandi». A questo punto Diddi ha aggiunto: «Se è segreto professionale o meno lo stabiliremo, ci sono verifiche che andranno fatte. Per il momento prendo atto che è una grande battuta d’arresto su quello che per anni la famiglia Orlandi ha chiesto di fare». Raggiunto dalla Verità il promotore ha chiarito ulteriormente il suo punto di vista: «Noi stiamo lavorando da quattro mesi giorno e notte su questa vicenda. Convochiamo Pietro Orlandi per farci dare le informazioni che servono per andare avanti con le indagini che sollecita da quarant’anni e lui ci dice che per avere notizie sulle fonti da sentire dobbiamo parlare con l’avvocato Sgrò, ma poi l’avvocato Sgrò non ci dà quelle informazioni. Ma che gioco è? Che serietà è? Di che stiamo parlando? Che senso ha?».Il legale non ci sta proprio a far passare il suo ufficio come porto delle nebbie: «Sono mesi che mi insultano perché non li convoco. Mi hanno inondato di mail e di richieste perché dovevano essere sentiti perché avevano cose da dire. Li facciamo venire. Uno dice che le cose le sa l’altra. Facciamo venire l’altra e si trincera dietro al segreto professionale. Ma che serietà è? Ma con chi pensano di avere a che fare? In un’autorità giudiziaria normale questa cosa sarebbe finita in un altro modo». Diddi ricorda che da mesi ha distolto la Polizia giudiziaria da tante altre cose per fare queste indagini e adesso che è arrivato il momento di fare il salto di qualità Pietro Orlandi e la Sgrò decidono di tacere i nomi delle fonti più importanti.Al legale le parole su Wojtyla non sono proprio andate giù: «Sono indignato per queste cose, perché si accusano persone decedute, persone che sono state santificate. Uno può credere o non credere, ma comunque sono persone rispetto alle quali ci sono milioni di persone che hanno una venerazione. Lanciano accuse di questa portata e non dicono da chi hanno ricevuto le informazioni. È un comportamento che mi lascia basito e sconcertato».E a proposito delle numerose esternazioni tv conclude: «Avevo anche chiesto (a Pietro Orlandi, ndr), per riservatezza delle indagini che dobbiamo fare, di non dire certe cose in televisione». Un segreto istruttorio «che lui ha regolarmente violato, ma va bene così, per carità». Diddi conclude: «Io il mio mestiere lo so fare, andrò avanti per i fatti miei. Poi se ci riesco bene, sennò prenderò atto che a causa dell’avvocato Sgrò molte cose non si potranno accertare, punto».