2023-03-02
Ecco il piano dell’Ue per l’acquisto di armi
In programma l’aumento dei rifornimenti a Kiev e delle scorte europee. Gli ordini congiunti potrebbe farli una «nazione leader» (sarà la Germania?). La decisione è attesa a fine mese. Un affare per l’asse franco-tedesco, ma anche un’occasione per la nostra Difesa. La Commissione europea ha predisposto un piano per aumentare la produzione di munizioni e sostenere militarmente l’Ucraina contro l’invasione russa. A renderlo noto è stata ieri la rivista tedesca Der Spiegel, confermando così quanto parzialmente anticipato negli scorsi giorni dalla Verità. In particolare, si tratta di un piano che dovrebbe essere ufficialmente presentato già nella giornata di oggi e che sarà discusso dai ministri europei in una riunione informale a Stoccolma tra il 7 e l’8 marzo (il via definitivo è invece atteso per fine mese). Parliamo di una strategia che si articolerebbe in tre punti. In primis, si prevede un incremento immediato della fornitura di munizioni (si parla specialmente di proiettili di artiglieria di calibro 155 mm): è in questo quadro che l’Alto rappresentante per gli affari esteri dell’Ue, Josep Borrell, dovrebbe a breve proporre un nuovo pacchetto di aiuti a Kiev dal valore complessivo di un miliardo di euro. In secondo luogo, è previsto che l’Agenzia europea per la difesa compri proiettili da 155 mm con l’obiettivo di colmare le carenze delle scorte dei Paesi europei e assicurare contemporaneamente le forniture all’Ucraina. Infine, il terzo punto mira a garantire l’incremento della produzione di munizioni a lungo termine all’interno dell’Unione europea, prendendo definitivamente atto del mutato quadro di sicurezza complessivo.Si tratta di una questione complessa, che si presta ad almeno due valutazioni. La prima desta più di una preoccupazione. La testata tedesca riferisce infatti che gli appalti potrebbero essere modellati sulle procedure dell’Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti (Occar). In particolare, gli Stati potrebbero far presente le proprie necessità e quest’agenzia negozierebbe successivamente i contratti. Il punto è che all’interno dell’Occar (che ha sede a Bonn) l’influenza di Francia e Germania risulta piuttosto notevole. Inoltre, in alternativa, gli ordini congiunti potrebbero essere fatti da una «nazione leader»: sarà mica la Germania? E il rischio è che l’Italia possa ritrovarsi in una posizione più limitata. È quindi impellente evitare che, in sede di discussione a Stoccolma, questo piano europeo diventi qualcosa di funzionale esclusivamente agli interessi dell’asse franco tedesco: un asse che, tra l’altro, in termini geopolitici ha sempre fatto di tutto per allontanare Bruxelles da Washington. Il secondo aspetto potrebbe invece recare con sé delle opportunità. Come abbiamo visto, questa strategia punta anche ad aumentare la produzione di munizioni per i Paesi europei nel lungo termine. Il che non è detto che sia una cattiva notizia. Non solo per far fronte alle carenze negli arsenali (e incrementare così la deterrenza nei confronti della Russia). Ma anche per cercare di esercitare un’influenza maggiore nella crisi ucraina (evitando di lasciare la parte del leone a Londra). Inoltre, venendo specificamente al nostro Paese, è bene orientarsi verso un rafforzamento nel settore della Difesa, soprattutto ora che l’attuale governo italiano sta finalmente cercando di rilanciare il ruolo di Roma nel Mediterraneo allargato. Una sfida importante e, al contempo, rischiosa, che non può fondarsi su una semplice «diplomazia sdentata». Ricordiamo d’altronde che sussistono significative connessioni tra la crisi ucraina e il Mediterraneo allargato. D’altronde, la crisi ucraina continua a infuriare. Ieri Kiev ha negato di utilizzare droni per attaccare il territorio russo: una posizione a cui il Cremlino ha detto di non credere. Nel frattempo, Mosca ha affermato di aver respinto un attacco di droni in Crimea, mentre l’esercito ucraino ha reso noto che, nel Mar Nero, sono adesso cinque le portaerei russe con missili Kalibr (per un totale di 32 missili). Tutto questo, mentre la battaglia per Bakhmut prosegue. Frattanto, Xi Jinping e Alexander Lukashenko hanno invocato un cessate il fuoco sulla base del documento in dodici punti, presentato da Pechino sulla crisi ucraina: documento che lascia tuttavia onestamente perplessi per la sua fumosità. Dall’altra parte, il parlamento finlandese ha approvato a schiacciante maggioranza una legge per l’ingresso di Helsinki nella Nato. Dal canto suo, il presidente ungherese, Katalin Novak, ha esortato i parlamentari del suo Paese a dare rapidamente l’ok all’entrata nell’Alleanza atlantica di Svezia e Finlandia. «La mia posizione è netta: nella situazione attuale, l’adesione di Svezia e Finlandia è giustificata. Confido che l’Assemblea nazionale prenderà una saggia decisione il prima possibile», ha detto. L’ingresso dei due Paesi resta quindi principalmente sotto la spada di Damocle della Turchia. In particolare, Ankara riprenderà le trattative per l’ammissione il prossimo 9 marzo. Sempre ieri, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha reso noto che Mosca rinnoverà gli accordi sul grano nel Mar Nero soltanto se i propri interessi saranno tutelati. Il segretario di Stato americano, Tony Blinken, ha invece dichiarato che non ci sono prove del fatto che il Cremlino voglia dei colloqui di pace. Infine, la Russia ieri ha accusato Kiev di voler utilizzare materiale radioattivo nei pressi della Transnistria a scopo provocatorio: un’affermazione bollata come una «menzogna» dal governo moldavo. Nel frattempo, la testata moldava Timpul riportava ieri che il leader ceceno Ramzan Kadyrov sarebbe stato avvelenato.