2023-01-08
Paxlovid, cilecca planetaria da 10 miliardi
La Cina tratta con Pfizer per poter sintetizzare il farmaco orale per il virus, però gli studi lo stroncano: rischia di generare più danni per le interazioni che benefici. Gli States si sono dissanguati per produrlo e anche allo Stato italiano costa ben 1.980 euro a ciclo.Intesa Biontech-Regno Unito per creare terapie oncologiche con tecnologia mRNA.Lo speciale contiene due articoli. Le trattative della Cina, per ottenere la licenza di produrre e distribuire un antivirale Covid-19 generico, ma con stesso principio attivo, la stessa forma farmaceutica, lo stesso dosaggio del Paxlovid, sembrano riportare l’attenzione su un farmaco super costoso, poco applicato, che ha generato molte aspettative e ben pochi risultati. Indicato per il trattamento del Covid in pazienti oltre i 65 anni ad alto rischio, e da somministrare per cinque giorni all’insorgenza dei sintomi, è a base dell’antivirale nirmatrelvir associato al ritonavir, un inibitore della proteasi che prolunga l’azione della molecola contro l’infezione virale. Con Pfizer, il colosso China Meheco Group aveva firmato un accordo già a metà dicembre per importare e distribuire il Paxlovid. La piattaforma sanitaria cinese 111.inc aveva iniziato a venderlo online a 426,8 dollari la confezione e in mezz’ora il prodotto era andato esaurito. Adesso, i cinesi vogliono ottenere da Pfizer la licenza per farsi un generico trattamento orale, che tranquillizzi la popolazione che può permetterselo, mentre proseguono gli studi avanzati sul VV116, l’antivirale del Dragone messo a punto dalla Junshi Biosciences e al momento approvato solo in Uzbekistan. Ma quanto funziona il farmaco, dalla cui vendita il colosso americano contava di incassare 24 miliardi di dollari nel 2022, oltre ai 34 miliardi provenienti dal vaccino anti Covid? Secondo un paper, uscito sull’American Journal of Medicine, «è probabile che Paxlovid sarà (in)efficace quanto Molnupiravir», l’antivirale della Merck che fu approvato nel Regno Unito già a novembre 2021. Aggiunge lo studio: «Se le cose stanno davvero così, al contribuente americano resterà un conto di 10 miliardi di dollari per un farmaco terapeutico che ha maggiori probabilità di nuocere - attraverso interazioni farmacologiche ed effetti avversi - piuttosto che aiutare».«La risposta degli Stati Uniti con Paxlovid mostra una spesa massiccia, con prove limitate e nessun tentativo di rimedio in corso», scrive Miloš Miljković, ematologo e oncologo, direttore sanitario dell’azienda biofarmaceutica Cartesian therapeutics a Gaithersburg, Stati Uniti. Assieme all’ematologo Vinay Prasad, professore presso il dipartimento di epidemiologia e biostatistica dell’Università della California, ha descritto la controversa efficacia dell’antivirale, a partire dalla sua autorizzazione negli States, il 22 dicembre 2021.Nello studio Epic-Hr, condotto con Paxlovid in 2.246 pazienti adulti «la riduzione del rischio assoluto di ospedalizzazione o morte correlata a Covid-19 entro il giorno 28 è stata del 6,32%», dichiarano gli autori. Ancor prima che questi dati fossero disponibili, l’amministrazione Biden aveva ordinato a Pfizer 10 milioni di trattamenti completi per un costo di 5,29 miliardi di dollari, e dopo l’approvazione da parte della Fda, «ha raddoppiato l’ordine a 20 milioni di cicli di trattamento, portando il costo diretto di Paxlovid al contribuente statunitense a 10,58 miliardi di dollari». Soldi pubblici che potevano essere spesi meglio, per altre terapie, conclude il paper. Uno studio, pubblicato lo scorso 26 dicembre sul Journal of Medical Virology, rivista medica sottoposta a revisione paritaria, ha mostrato l’incidenza del rebound dei sintomi di Covid-19, ovvero un rimbalzo virologico e sintomatico, dopo il trattamento con nirmatrelvir/ritonavir.Secondo quanto riporta Nature, per i ricercatori del farmaco che doveva essere un salvavita, gli ostacoli maggiori sono stati proprio la preoccupazione del «misterioso ritorno dei sintomi, o del virus rilevabile giorni dopo che una persona inizia a sentirsi meglio», con il trattamento a base di Paxlovid, e il timore degli effetti collaterali. Anche l’alto costo sarebbe stato condizionante, certo l’antivirale è carissimo, mentre non convince l’ipotesi che non sia stata finanziata a sufficienza la distribuzione del farmaco orale.L’Italia aveva acquistato 600.000 trattamenti per il 2022. Al 20 giugno scorso, solo 20.392 pazienti erano riusciti ad avere accesso all’antivirale, prodotto anche nello stabilimento della casa farmaceutica ad Ascoli Piceno. Il rapporto Aifa segnala che nella seconda metà di novembre sono stati trattati con Paxlovid solo circa 10.000 pazienti che potevano rientrare nella categoria per cui il farmaco è indicato. Sono pochissimi.Un mese prima, a ottobre, Pfizer comunicava l’estensione del periodo di validità del farmaco, portandolo da 12 a 18 mesi. Le confezioni «che riportano una data di scadenza compresa tra novembre 2022 e maggio 2023 possono continuare ad essere utilizzate per ulteriori sei mesi», scriveva Marzena Bochenska, direttore medico presso l’azienda farmaceutica, in un documento indirizzato al «gentilissimo paziente». Il tempo passa, anche le proroghe scadranno.Intanto, lo scorso 23 dicembre è stato rinnovato ed esteso fino al prossimo 30 aprile il protocollo siglato un anno fa da ministero della Salute, Aifa, Federfarma, Assofarm, per la distribuzione e dispensazione gratuita del Paxlovid nelle farmacie territoriali.Ma sapete quanto costa Paxlovid al Sistema sanitario nazionale? Non 666 euro a ciclo di trattamento, come viene fatto credere (il budget economico deliberato da Aifa non è stato mai reso noto), bensì 1.980 euro. Con una variante Covid che ormai provoca ben pochi sintomi, perché mai si dovrebbero spendere così tanti soldi pubblici per un farmaco che può provocare così tante reazioni avverse, anche dovute a interazioni con altri medicinali?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/paxlovid-cilecca-planetaria-10-miliardi-2659084008.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="asse-fra-britannici-e-tedeschi-per-il-vaccino-contro-il-cancro" data-post-id="2659084008" data-published-at="1673133740" data-use-pagination="False"> Asse fra britannici e tedeschi per il «vaccino» contro il cancro Sembrava fossero scomparsi dal mercato, scavalcati dalla potente campagna marketing di Pfizer-Biontech e Moderna che per due anni hanno fatto il bello e il cattivo tempo nel mercato anti Covid, monopolizzandolo con la tecnologia mRna; e invece i vaccini anglo-svedesi Astrazeneca sono tornati alla ribalta. Il ministro della salute inglese Steve Barclay ha firmato un memorandum d’intesa con l’azienda tedesca Biontech per lanciare da settembre una sperimentazione su larga scala di terapie mRNA contro il cancro e altre malattie nel Regno Unito. I malati di cancro britannici avranno quindi accesso anticipato agli studi sulle terapie mRNA, i trattamenti saranno «personalizzati» e, a differenza della chemioterapia che colpisce anche cellule diverse da quelle tumorali, dovranno «fornire al sistema immunitario un codice genetico in modo che possa attaccare solo il tumore», spiegano gli esperti. L’obiettivo è ambizioso: il governo britannico ha promesso che «curerà fino a 10.000 pazienti oncologici con immunoterapie personalizzate per il cancro entro il 2030». Astrazeneca era sparito dal mercato dei vaccini antiCovid a seguito della confusa «sospensione precauzionale» da parte dell’Ue nei confronti del prodotto realizzato dall’azienda anglo-svedese, mai del tutto chiarita. Il vaccino anti Covid Astrazeneca era quello più conveniente, e forse non a caso è stato travolto dalla dirompente campagna marketing scatenata in tutto il mondo dal colosso Pfizer. L’accordo annunciato dal ministro britannico rappresenta un punto di svolta per la multinazionale del farmaco, che dopo aver patito la competizione di Moderna e Pfizer-Biontech, adesso si ritrova in partnership con quest’ultima. La collaborazione pluriennale tra le due aziende si concentrerà su tre pilastri strategici: immunoterapie oncologiche (basate su mRNA o altre classi di farmaci), vaccini per malattie infettive e creazione di un hub di ricerca e sviluppo a Cambridge, oltre a una più ampia espansione di Biontech nel mercato britannico. L’accordo è di fatto un progetto geopolitico, considerando che ormai da più di un decennio le agenzie governative mondiali incaricate dello sviluppo di nuove tecnologie per uso militare investono nell’mRNA, a cominciare dal Darpa statunitense. L’mRNA è ormai diventato un asset, un’arma, uno strumento diplomatico. Perché l’accordo proprio con Biontech? Perché l’azienda tedesca ha sviluppato terapie antitumorali basate sull’mRNA sin dalla sua fondazione. La prima terapia oncologica personalizzata, basata su mRNA, sviluppata da Biontech è stata somministrata nel 2012; nel 2014 il primo paziente trattato in uno studio clinico. Biontech, insomma, è l’azienda che per prima ha cominciato a sperimentare queste terapie. L’intesa anglo-tedesca comporterà importanti investimenti: Biontech e il governo del Regno Unito prevedono di utilizzare la rete di studi clinici, la genomica e le risorse di dati sanitari del Regno Unito. Biontech progetterà e implementerà studi randomizzati, mentre l’accesso ai trials sarà garantito attraverso il «Cancer Vaccine Launch Pad», che è stato sviluppato dal servizio sanitario inglese (Nhs) e da Genomics England. Biontech investirà inoltre in un centro di ricerca e sviluppo del Regno Unito a Cambridge che arruolerà oltre 70 scienziati e istituirà anche una sede regionale a Londra. Un passo importante per la piccola azienda tedesca, mentre nel frattempo Pfizer affronta con il coltello tra i denti la battaglia legale intentata da Moderna per l’attribuzione del brevetto del vaccino mRna anti Covid.