2023-01-16
Anche le banche contro la Lagarde. Alzare i tassi ora è benzina sul fuoco
Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli: «Ulteriori aumenti sarebbero problematici per noi». Negli anni Settanta il presidente degli Stati Uniti d’America Gerald Ford definì l’inflazione il «nemico pubblico numero uno». Certo, eravamo negli anni Settanta del secolo scorso e l’inflazione in quegli anni era più che raddoppiata. Situazione per fortuna non attuale. Ma nonostante la grande differenza tra oggi e allora lo potremmo dire dell’Europa, ed in particolare dell’Italia (perché più dipendente di altri Paesi per quanto riguarda l’energia) se la Banca centrale europea continuasse con questa politica di rialzo dei tassi di interesse. Non si può non essere d’accordo con il presidente dell’Abi (Associazione bancaria italiana), Antonio Patuelli, che ha affermato: «Un conto era uscire dalla politica dei tassi zero e sottozero. Ma ulteriori plurimi aumenti sarebbero problematici per l’economia e i suoi equilibri… Occorre che la fiducia ripresa nel 2021 dopo la pandemia e proseguita nel 2022 non si esaurisca nell’anno appena cominciato». Ovviamente, a causa dell’inflazione. Non è un politico che lo dice, è un tecnico, cioè uno che ragiona in termini economici e ti mette in guardia dagli effetti di ciò che stai facendo, in questo caso di quello che sta facendo la Bce presieduta dalla signora Lagarde. Si può discutere sull’operato di Draghi come premier, ma non c’è dubbio che come presidente della Bce sia da rimpiangere. L’inflazione, come è noto può avere varie cause: può dipendere da un evento imprevisto che crea uno shock imprevisto (come una guerra, appunto); da uno squilibrio tra domanda e offerta , cioè la eccessiva domanda, richiesta di un bene da parte dei consumatori induce i produttori e i distributori (la catena commerciale) ad alzare i prezzi anche in modo pesante; un periodo di sfiducia nei confronti della moneta che provoca una caduta del suo valore e quindi, conseguentemente, la necessità di disporre di più moneta per consumare le stesse quantità di merci, prodotti e servizi, oltre che una svalutazione sui mercati internazionali. Ma c’è un altro fattore che è quello che riguarda l’attuale inflazione e dipende dall’aumento delle materie prime: si chiama «inflazione da costi» ed è esattamente il caso di inflazione che ci troviamo ad affrontare in modo massiccio in Italia ma dalla quale non è escluso il resto dell’Europa, dove più, dove meno. Venendo a costare di più le materie prime, i produttori e chi commercia i prodotti e i servizi ha solo due possibilità davanti a sé, non duecento o dieci: o «scarica» tali aumenti sui prezzi (ad esempio il panettiere e l’aumento della farina, l’autotrasportatore e il costo dei carburanti), oppure rinuncia gradualmente agli utili fino al punto di dover chiudere l’attività (ed in Italia è già successo per migliaia di imprese industriali o commerciali) perché i costi superano i ricavi e non ce la fa più, una volta esauriti i risparmi, a sostenere economicamente l’impresa. Se questa che stiamo attraversando è un’inflazione da costi, aumentare i tassi, come sembra che la Bce voglia ulteriormente fare nella sua riunione del 2 febbraio, vuol dire mettere un contenitore di benzina vicino al fuoco perché tra i costi che incidono sui prezzi c’è anche – e non in una posizione marginale – il costo del denaro, cioè i tassi di interesse applicati a chi prende denaro in prestito dalle banche, cioè tutte le imprese, in misura minore o maggiore, con l’acqua alla gola o semplicemente per necessità di cassa o di fare degli investimenti. In altri termini, in un frangente economico attraversato da una travolgente inflazione da costi la Bce assume delle decisioni che vanno ad aumentare un costo, quello, appunto, del denaro.E come ha affermato ancora il presidente dell’Abi Patuelli questo che, a prima vista, potrebbe essere scambiato per un beneficio a favore delle banche, alla fine può trasformarsi, e lo sta già facendo, in problema molto serio perché aumentando i tassi di interesse stabiliti dalla Bce le banche si trovano nella necessità di alzare il costo dei mutui e – stante la situazione economicamente critica per molte famiglie e imprese - molte di esse si trovano a non essere più in condizione di potere pagare le rate. Tant’è vero che i tassi sono già aumentati di molti decimali arrivando tra il 6 e l’8 per cento. In questo momento una vera e propria mazzata inferta a soggetti della nostra economia che non erano così deboli da molti anni.Difficile capire quale sia la logica che segue la signora Christine Lagarde e i suoi sodali in questa politica a meno che non si pensi male e cioè che alla fine tutto è fatto per dare un’ulteriore mazzata all’Italia il che sarebbe suicida perché tutti i Paesi europei, Germania in testa, vivono anche degli interscambi commerciali con noi e non ne possono fare a meno. A volte volendo fare male agli altri si fa male a se stessi. Ma l’idiozia ha limiti non sempre facilmente definibili.
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