2021-08-17
Il pasticcio mense un effetto ce l’ha. Adesso mangiare costerà più di prima
Norma assurda: colleghi che lavorano accanto per ore devono separarsi a tavola. Il sindacato avverte: «Cresceranno i prezzi». A mensa il maestro, Mario Draghi, ha superato l'allievo Giuseppe Conte. Capita se uno si tiene come ministro della salute Roberto Speranza, con annesso Cts, di avere continuità nelle brutte figure. Il governo ha servito sabato il pasticcio indigesto dell'obbligo del salvacondotto anche per le mense aziendali, scolastiche e nelle carceri. Sul fronte del pasto si preannuncia un autunno bollente: se ora ad aziende mezze vuote è tutto gestibile a pieno regime sarà un disastro. Il provvedimento solleva le proteste delle imprese che gestiscono le mense, è inficiato dalle incongruenze e rivela ancora una volta che il green pass è solo una misura coercitiva. Per questo il governo ne parla solo nelle Faq (domande frequenti risposte evanescenti). A smascherarlo, ma anche a invitare i sindacati a fare un passo avanti sul vaccino obbligatorio per certi lavoratori, è l'ex ministro del Lavoro Tiziano Treu ora presidente del Cnel che sta con la sinistra. E dice: «L'obbligo di green pass nelle mense, confermato seppur in modo irrituale dalle Faq del governo, è francamente contraddittorio e paradossale». Nella momentanea latitanza dei massimi vertici sindacali il governo ha deciso di prendere per fame i renitenti al vaccino anche dopo il no deciso di sindacati e lavoratori e la freddezza delle imprese che si occupano di ristorazione collettiva: 7 miliardi di fatturato, magna pars fatto dalle cooperative, 100.000 occupati di cui l'80% donne, già 20.000 posti persi causa smart working e altri 20.000 ora in fumo causa green pass. Che la confusione sia massima lo testimonia la Hannon System, l'azienda torinese che per prima aveva imposto la carta verde a mensa. I sindacati aziendali avevano proclamato lo sciopero, ma visto il silenzio del governo l'azienda aveva ritirato il provvedimento tant'è che ieri i pasti sono stati serviti a tutti. Invece la Hannon avrebbe dovuto tenere il punto. Perché tra le afe ferragostane il governo si è fatto vivo con un post sul suo sito. Sarebbe piaciuto al Barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini che canticchia «zitti, zitti, piano piano: non facciamo confusione». Draghi sulle mense è al melodramma. Sul sito del governo c'è questo post: «Per la consumazione al tavolo al chiuso, i lavoratori possono accedere nella mensa aziendale o nei locali adibiti alla somministrazione di servizi di ristorazione ai dipendenti, solo se muniti di certificazione verde. A tal fine, i gestori sono tenuti a verificare le certificazioni con le modalità indicate dal dpcm del 17 giugno». Questo diktat di Palazzo Chigi ora apre un contenzioso enorme: allarma le imprese di settore, scatena i sindacati che da Maurizio Landini in giù ci rimettono la faccia appena si desteranno dalla pennica ferragostana. Intanto emergono incongruenze. La prima riguarda la disparità tra lavoratori che devono accedere alle mense private e quelli pubblici che possono fare come gli pare. Cambiano i simboli della sinistra operaista cara a Roberto Speranza: da falce e martello a panino e vaccino. La seconda è che due lavoratori uno vaccinato e uno no possono stare fianco a fianco alla catena di montaggio, ma non dividere gli gnocchi al formaggio peraltro preparati e serviti da una terza lavoratrice che non ha nessun obbligo, né vaccinale né di green pass. Quella irresolubile è che il governo pone alle imprese che erogano il servizio mensa l'obbligo del controllo del green pass, ma queste sono solo dei fornitori di servizio: i locali sono delle aziende e dunque non hanno alcuna potestà. Massimiliano Fabbro presidente della Anir - la Confindustria delle mense - ha ribadito le sue forti perplessità ricordando che durante il lockdown (quando ancora non c'era il vaccino) le mense con tutti i dovuti presidi di prevenzione hanno sempre regolarmente lavorato. «Il green pass ci trova favorevoli, ma dobbiamo constatare - sottolinea Fabbro - una grande confusione sia nella norma, sia nel chiarimento del governo che non coglie la differenza tra i ristoranti e le mense aziendali che lavorano in appalto. Si rischia di aggravare i costi dovendo trovare personale addetto ai controlli, e inoltre si rischia di vedere crollare ulteriormente gli utenti che potrebbero incorrere in un paradosso: essere controllati per accedere al pasto, ma non sul posto di lavoro e infine - conclude Fabbro - non abbiamo un obbligo vaccinale per i nostri lavoratori, quindi chi non si vaccinerà svolgerà servizi compatibili in massima sicurezza». E sulle mense scolastiche Massimiliano Fabbro aggiunge: «Siamo molto preoccupati: si rischia di non fare accedere alle mense senza aver ancora capito come ci si dovrà comportare nelle aule». Dunque la confusione è servita. Diventa farsa nelle carceri. Donato Capece - sindacato agenti penitenziari - tira in ballo le ministra Marta Cartabia. «L'assurdo», denuncia Capece, «è che colleghe e colleghi che non mangiano a mensa poi fanno servizio sugli automezzi per il trasporto dei detenuti. E anche nelle sezioni detentive fianco a fianco. Se serve il green pass per le mense allora deve servire anche per fare servizio e anche a tutti per entrare in istituto, compresi familiari, volontari, garanti, avvocati e magistrati». Finché c'è Speranza, non c'è speranza.