2021-09-13
La partita tra Russia e Serbia si gioca in Montenegro
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Il piccolo stato balcanico del Montenegro è oggi il poligono di tiro nel quale l'azione di guerra ibrida portata avanti congiuntamente da Mosca e Belgrado tenta di testare la resistenza della Nato.È questa una delle principali conclusioni cui sono giunti gli esperti del settore della sicurezza di ben trenta Paesi riuniti lo scorso fine settimana al Zagreb Security Forum, l'oramai tradizionale evento in cui accademici, militari e scienziati si incontrano nella capitale croata per analizzare le sfide poste dai conflitti ibridi ovvero da quei scontri basati, oltre cha su tensioni cinetiche, soprattutto sulla destabilizzazione economica, informativa, sociale e politica degli Stati.Il Montenegro, in passato legato all'Italia attraverso il matrimonio delle due case reali, è un Paese di 620.000 anime etnicamente divise tra montenegrini, serbi, bosniaci ed albanesi, nuovamente indipendente dal 2006 e membro dell'Alleanza atlantica dal 2017. Tuttavia, la transizione verso le strutture euro atlantiche, portata innanzi negli ultimi trent'anni dal corrottissimo sistema politico del socialista Milo Đukanovic, oggi presidente della Repubblica, è stata mal digerita a Mosca. I russi infatti, fino alla svolta della Nato, controllavano il sistema economico montenegrino e speravano di poter ottenere un porto per la propria marina militare nell'Adriatico. Con un attentato a Đukanovic, sventato dai servizi segreti occidentali, durante le elezioni parlamentari del 2016 hanno perfino cercato d'innescare un colpo di stato a favore dei serbi. I partiti politici legati a Belgrado sono comunque riusciti ad ottenere il potere nel 2020 proprio sfruttando il malcontento dei cittadini nei confronti della dilagante corruzione ed utilizzando la chiesa ortodossa serba quale veicolo di sostegno. Il Montenegro è privo di una propria chiesa ortodossa autocefala da quando nel 1918, durante il processo di creazione del Regno di Jugoslavia, questa venne costretta a confluire nel patriarcato di Belgrado. Proprio l'intronizzazione di Joanikije a nuovo metropolita locale da parte del Patriarca serbo Porfirije, avvenuta domenica di fronte ai rappresentanti del governo guidato da Zdravko Krivokapić, ha spinto i montenegrini che si oppongono alla presunta, dilagante, serbizzazione del Paese a scendere in strada alla vigilia dell'insediamento. Le proteste hanno portato a sessanta feriti ed otto arresti, tra i quali un consigliere del Presidente della Repubblica. A causa dei blocchi stradali improvvisati dai manifestanti, i rappresentanti della chiesa ortodossa hanno raggiunto il monastero della vecchia capitale Cetinje in elicottero. Il clima di tensione creatosi ha portato il Patriarca Porfirije, ecclesiasticamente dipendente da quello di Mosca, a condividere pubblicamente sui social la propria felicità per non esser stato fatto oggetto d'attenzione dei cecchini che l'opposizione avrebbe ingaggiato per l'occasione.La continua azione politica della Chiesa ortodossa unita ai flussi di finanziamento moscoviti e alle attività portate innanzi da organizzazioni militanti dichiaratamente filorusse quali l'Armata dei Cosacchi dei Balcani, dai Lupi della Notte e i Sorok Sorokov, stanno disintegrando la già fragile società montenegrina. Se a tale azione di destabilizzazione si uniscono anche le attività propagandistiche dei media e dalle associazioni serbe si comprende il motivo per cui le statistiche mostrino un forte aumento della popolazione a favore di una politica più vicina a Belgrado. Se nel 2016 la percentuale di tali persone era del 6,27%, oggi ammonta al 17,22%. Lo scopo ultimo è la creazione, di una maggioranza serba stabile che permetta la revisione parlamentare della Costituzione.La Nato e l'Eu per ora restano a guardare. La radicalizzazione della società andrebbe fermata immediatamente ma il fatto che l'opposizione venga rappresentata da un Presidente della Repubblica la cui immagine è fortemente compromessa anche a livello internazionale non aiuta Bruxelles a gestire la situazione. Riuscire a destabilizzare la Nato facendo saltare la pedina montenegrina sarebbe per Mosca un successo geopolitico di portata globale. Il fatto che il capo dei servizi segreti, Dejan Vuksić, sia accusato d'aver compromesso dei documenti segreti del Patto Atlantico e reso noti i nomi di diversi agenti della Cia oppure che il presidente della commissione parlamentare per i servizi segreti, Milan Knežević, sia un condannato per terrorismo certamente non depone a favore della fiducia che dovrebbe regnare tra gli alleati.
Jose Mourinho (Getty Images)