2023-05-13
«Parlare di figli è rivoluzionario». La destra può smettere di vergognarsi
Francesco Lollobrigida (Ansa)
La leader di Fdi detta la linea: basta sudditanza culturale verso la sinistra, che prova a manipolare pure Francesco. Serviva più coraggio anche in tema di affitti. Dosando le parole, per evitare attacchi capziosi.«Parlare di natalità, maternità, famiglia è sempre più difficile, sembra un atto rivoluzionario». Giorgia Meloni ha colto la portata storica del convegno di ieri con il Papa. È la destra delle tradizioni, delle radici, del vecchio buon senso comune, che non corre più dietro alla sinistra, per provare che è altrettanto all’avanguardia sui «diritti civili». È la destra che ha imparato la lezione del tracollo politico di Gianfranco Fini; la destra che non ha bisogno delle carezze dei salottini chic, dei titoli ammiccanti sulla grande stampa. Non si tratta di ribaltare l’egemonia gramsciana; semplicemente, di infischiarsene. Dimostrando che un’alternativa è possibile. Che essa non ha bisogno di patenti di rispettabilità e che non c’è motivo alcuno di vergognarsene. Eppure, una parte di destra continua a sentire il dovere di giustificarsi; e un’altra parte, quando alza la testa, cade nelle trappole della sinistra. Perché è vero che non bisogna essere succubi, ma è vero pure che il contesto non si può ignorare. E quando tu, uomo o donna di destra, pronunci una parola fuori posto, diventi vulnerabile. Vale allora il consiglio evangelico, che il premier segue saggiamente: siate prudenti come i serpenti.Prendiamo il caso di Francesco Lollobrigida. Era scivolato sulla famigerata sortita: «Non arrendiamoci alla sostituzione etnica». È un dato oggettivo? Sì. Alla faccia di chi sghignazza sulle presunte teorie del complotto. Sarebbe bastato usare un’altra terminologia. Alla fine l’effetto di una perifrasi, inserita in un ragionamento corretto, è stato di oscurarne il senso: bisogna incentivare la natalità, perché con le culle vuote non abbiamo futuro. Non ce l’abbiamo come nazione, non ce l’abbiamo come «sistema Paese». In quella circostanza, Lollobrigida aveva reagito secondo i canoni della destra che insegue: mi avete frainteso, mi avete travisato. Dopodiché, però, è tornato sul luogo del «delitto», con il commento sull’«etnia italiana da difendere». Concetti condivisibili, neutralizzati da un’espressione attaccabile. Come se ne viene fuori? Dosando le parole, senza chinare il capo. Qualcuno, qui, pensa di sfruttare la dichiarazione del Pontefice: la natalità e l’accoglienza degli stranieri «non vanno mai contrapposte, perché sono due facce della stessa medaglia, ci rivelano quanta felicità c’è nella società. Una comunità felice sviluppa naturalmente i desideri di generare e di integrare, di accogliere». In una «società infelice», al contrario, «ci chiudiamo e percepiamo tutto come una minaccia». È una tesi coerente: politiche migratorie e politiche familiari sono capitoli distinti e non esclusivi. Semmai, è la sinistra che si avventura in contrapposizioni pelose, che taccia di «suprematismo» - tirando per la stola Francesco - quanti rilevano che l’accoglienza funziona solo se è proporzionata alle risorse di chi accoglie; che il principale diritto di una persona è di non essere spinta a emigrare, magari perché una superpotenza occidentale porta la guerra nella sua patria d’origine; e che travasare l’Africa in Europa non risolve la questione della natalità. Dalla seconda generazione in poi, infatti, gli immigrati assorbono i costumi dei nativi. E smettono di fare tre-quattro figli a testa. Bussare alla porta di qualunque demografo, per credere.Ecco: con una sinistra così, che bisogno c’è di scoprire il fianco, per poi doversi mettere sulla difensiva? Il rischio che incombe, appunto, è sempre quello della sudditanza culturale. Ne abbiamo avuto un saggio con la vicenda del caro affitti. Un terreno insidioso: tante famiglie ce l’hanno su con i proprietari di case nelle città universitarie. Ma le sardine-tendine non sono la soluzione. E la destra deve avere il coraggio di dirlo. Poteva sollevare il tema dei salari, con i quali la gente paga le pigioni: di quelli, la sinistra se n’è fregata per decenni. Anzi, ha contribuito alla precarizzazione e a picconare il potere d’acquisto degli italiani. E il Papa, che non si può citare solo a metà, ieri ha parlato pure di dignità del lavoro. La destra poteva persino bacchettare i giovani terrorizzati dal pendolarismo: chi vive a Seregno e non sopporta mezz’ora di mezzi per andare a Milano, chi piange perché «quando arriviamo a casa la sera siamo troppo stanchi per uscire con gli amici». Da ultimo, sono stati gli stessi attivisti, subodorando la strumentalizzazione politica, a offrire una via d’uscita: giovedì, alla Sapienza, Elly Schlein s’è beccata le contestazioni degli accampati.A destra, però, hanno agito di rimessa. Il governo s’è affrettato a sbloccare 660 milioni per gli studentati, con il ministro dell’Università, Anna Maria Bernini, che avvia il censimento degli immobili inutilizzati da trasformare in alloggi. Il titolare delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha promesso di creare una divisione ad hoc al dicastero. Che esiste già. È un punto dolente: il «facciamoqualcosismo» come fase terminale della subordinazione intellettuale. La destra vincente non è quella che insegue col fiatone. Ma nemmeno quella che tira il sasso e dopo deve nascondere la mano. La «rivoluzione» non la fa un albero che cade, ma una foresta che cresce.