2022-05-23
Parigi mette il freno a Kiev nell’Ue
Paul Richard Gallagher (Ansa)
Il ministro per gli Affari europei: «Per il suo ingresso ci vorranno almeno 15-20 anni». Cresce la violenza in Donbass. Diplomazia vaticana: «Spazi per un ruolo del Papa».Ieri pomeriggio da Parigi è arrivato uno brusco stop alle speranze del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, di un rapido ingresso nell’Unione europea. Il nuovo ministro per gli Affari europei della Francia, Clement Beaune, durante un’intervista a Radio J ha affermato: «Dobbiamo essere onesti. Se dici che l’Ucraina entrerà a far parte dell’Ue tra sei mesi, o un anno o due, stai mentendo. Probabilmente tra 15 o 20 anni. Ci vuole tanto tempo». Poche ore prima il presidente ucraino aveva dichiarato che «l'Ucraina ha bisogno di diventare un candidato a pieno titolo per l’ingresso nell’Ue, non di aderire alla più ampia comunità politica europea. Non abbiamo bisogno di alternative alla nostra richiesta». Ma quella francese è una fuga in avanti di Clement Beaune oppure la pensa così anche il presidente Emmanuel Macron? Di sicuro la sortita del ministro francese non piacerà non solo a Volodymyr Zelensky ma anche a tutti coloro che spingono affinché l’Ucraina ottenga in tempi rapidi lo status di Paese candidato all’ingresso nell’Ue. Tra loro c’è il presidente polacco, Andrzej Duda, che ieri pomeriggio ha parlato al Parlamento di Kiev dove ha affermato: «Si sono sentite voci preoccupanti, che sostengono che l’Ucraina dovrebbe cedere alle richieste di Putin. Solo l’Ucraina ha il diritto di decidere del suo futuro. Io non mi fermerò finché l’Ucraina non diventerà un membro dell’Unione Europea». Della guerra in Ucraina ha parlato anche la Santa Sede attraverso l’arcivescovo e segretario per i rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher, che un’intervista a Vatican News ha ribadito che «il Papa potrebbe ancora continuare a svolgere un ruolo molto significativo in questo conflitto e nella sua risoluzione. Ci sono spazi. Il presidente Zelensky ha detto che di fronte ad una guerra che continua, alla fine deve essere la diplomazia a risolvere le cose; le parti in conflitto devono arrivare al tavolo per negoziare, risolvere il conflitto attraverso un dialogo diplomatico e politico». Interessante quanto affermato ieri dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky che è tornato a parlare di una soluzione diplomatica: «Il dialogo tra i due Paesi avverrà sicuramente. In quale forma non lo so, non so se vi saranno intermediari, ma la guerra finirà solo attraverso la diplomazia». Che sia in corso una trattativa che si snoda tra Washington, Mosca e Kiev è un fatto certo, tuttavia, il cessate il fuoco che chiedono gli ucraini è una condizione che Mosca almeno per il momento, non intende accettare; inoltre, Zelensky vuole che nel negoziato ci siano anche coloro che sono usciti dall’acciaieria Azovstal di Mariupol e anche qui i russi come si suol dire «non ci sentono». A proposito di trattative, ieri pomeriggio, i negoziatori russi hanno smentito che sia all’orizzonte uno scambio di prigionieri tra i combattenti del battaglione Azov e l’oligarca ucraino filorusso Viktor Volodymyrovyč Medvedčuk che gli 007 di Kiev, arrestarono lo scorso 12 aprile mentre tentava di uscire dal Paese. Fin qui la guerra delle parole, mentre l’ottantottesimo giorno di guerra è trascorso sotto le bombe nella regione di Donetsk, dove secondo Ukrinform 7 persone sono state uccise nei bombardamenti russi con contro i villaggi di Bakhmut, Soledar, Avdiyivka, Sviatohirsk, Mykolayivka, Toretsk, Zalizne, Raigorodok, Lastochkine, Pervomaiske, Yarova, Salt: «Gli occupanti hanno sparato contro 12 insediamenti. Ci sono morti e feriti. Più di 40 case, una scuola, una scuola di musica, un istituto, imprese e strutture di supporto vitale sono state distrutte». È stato riferito che i russi hanno effettuato bombardamenti da aerei, carri armati, artiglieria pesante e lanciarazzi multipli Hail». Secondo il bollettino dell’intelligence britannica la città di Severodonetsk, distretto di Lugansk, rivendicata dai separatisti filorussi già dal 2014, è il vero obbiettivo dei russi in questa fase. Secondo il think tank Institute for the Study of War: «Le forze russe hanno intensificato gli sforzi per circondare e catturare Severodonetsk il 21 maggio e probabilmente continueranno a farlo nei prossimi giorni poiché gli sforzi su altri assi di avanzamento, incluso Izyum, rimangono in gran parte bloccati. Le truppe russe nell’Oblast’ di Luhansk probabilmente si muoveranno per trarre vantaggio dai recenti guadagni ottenuti nell’arco Rubizhne-Severdonetsk-Luhansk-Popasna per circondare e assediare Severodonetsk, l’ultimo caposaldo ucraino nell’ Oblast’ di Luhansk. I milblogger russi stanno ipotizzando il successo delle tattiche russe nell’area e l’hanno soprannominata la battaglia di Severodonetsk, sottolineando che questa è la linea preliminare di sforzo nel teatro del Donbas». Infine, è a dir poco molto preoccupante la notizia che arriva dalla Siria: la scorsa settimana, la Russia ha lanciato missili contro jet israeliani che avevano sorvolato la Siria e colpito obiettivi a nord di Damasco. Un chiaro messaggio che la Russia manda a Israele in merito al suo sostegno all’Ucraina.