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2021-12-18
Parigi e Berlino respingono la linea Draghi sui tamponi. Bocciati i test sui vaccinati
Emmanuel Macron e Olaf Scholz (Chesnot/Getty Images)
Contrordine compagni, e soprattutto contrordine giornaloni. Ieri mattina, con l’eccezione della Verità, i maggiori quotidiani italiani avevano descritto la presenza di Mario Draghi al Consiglio europeo un po’ come le cronache latine celebravano i trionfi di Cesare in Gallia.
Il Corriere della Sera era stato appena appena più cauto nell’editoriale («Nessuna sfida a Bruxelles. Buon senso e forza dei numeri»), anche se nell’occhiello di pagina 3 lo stesso quotidiano milanese si era fatto sfuggire un imbarazzante «Il premier tira dritto». Ma Stampa e Repubblica avevano titoli addirittura inneggianti e tambureggianti. Ecco il quotidiano torinese in prima: «La Ue: sì al green pass all’italiana». E addirittura nel sommario di pagina 2 compariva un surreale: «Il Consiglio europeo impone ai 27 il modello di Roma». Stessi toni in apertura su Rep: «Ue, passa la linea Draghi». E nel sommario di pagina 2 un impegnativo: «A Bruxelles via libera ai limiti voluti da Roma». Insomma, a leggere questi quotidiani, si sarebbe materializzato un successo politico pieno del governo di Roma, e addirittura un rovesciamento della linea europea a beneficio della scelta italiana. Un Draghi triumphans avrebbe piegato ogni dissenso.
La realtà, raccontata ieri dal nostro quotidiano, appariva molto meno gloriosa per Draghi. Non una bocciatura, ma nemmeno un trionfo. Anzi, nel documento conclusivo dei lavori, aveva trovato posto un richiamo all’Italia, una correzione a matita rossa, se non una tirata di orecchie, con l’esplicita richiesta agli Stati membri che «qualsiasi restrizione sia basata su criteri obiettivi e non mini il funzionamento del mercato unico o danneggi in misura sproporzionata la libera circolazione tra gli stati o i viaggi nella Ue». Altro che elogio, insomma: e meno che mai l’adozione della linea italiana.
Nella giornata di ieri, pur senza censure esplicite verso l’Italia (ma forse avendo trovato surreali i resoconti dei media italiani), Parigi e Berlino hanno messo i proverbiali puntini sulle i, precisando ulteriormente la loro contrarietà all’uso «draghiano» dei tamponi verso chiunque entri in Italia, e lasciando trapelare le dichiarazioni critiche rese dai loro leader nel corso del vertice del giorno prima.
Ecco la Francia attraverso Emmanuel Macron: «Non prevediamo di introdurre dei test Covid all’interno dell’Ue, perché teniamo al buon funzionamento dello spazio comune, e quindi non imporremo test nei confronti dei Paesi europei, ma verso Paesi terzi». Secondo la ricostruzione di Politico, Macron avrebbe lasciato a verbale che «la decisione dell’Italia non gli è piaciuta». Mentre il Financial Times ha rivelato che a criticare l’Italia in modo palese sono stati anche Estonia, Spagna e Belgio. Sulla medesima linea francese anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz: «La libertà di movimento in Europa è importante», e dunque, quanto all’ipotesi di nuove restrizioni, «stiamo seguendo le orme della Francia».
Morale: nel documento finale, varato con approvazione unanime, il perimetro dell’intesa è risultato minimale, limitato all’accelerazione delle vaccinazioni (con particolare riferimento alle terze dosi) e alla sottolineatura di una qualche esigenza di uniformità sul green pass.
Ecco un primo passaggio rilevante: «Sono necessari ulteriori sforzi coordinati per rispondere agli sviluppi, basati sulle migliori prove scientifiche». E ancora, sul pass digitale Ue, si evidenzia «l’importanza di un approccio coordinato sulla validità» del lasciapassare. Secondo passaggio significativo sulle vaccinazioni: è urgente «attuare le campagne di vaccinazione per tutti i cittadini ed è cruciale effettuare i booster».
Ma sullo sfondo resta il malumore per la fuga in avanti italiana. Un anonimo funzionario Ue citato da Avvenire riferisce un consistente disappunto: «Molti leader si sono concentrati sulla validità dei certificati Covid e sull’importanza di un approccio coerente e coordinato al momento di adottare misure nazionali». Come dire: non sono state gradite le differenziazioni e le norme peggiorative.
Aspro anche il belga Alexander De Croo: «Se ogni Paese si rimette di nuovo a fare cose per conto proprio, tutto diventerà più difficile». Stessi toni e stessa irritazione anche da parte del rappresentante lussemburghese Xavier Bettel: «Se adesso torniamo alle regole nazionali, come faremo a convincere la gente a vaccinarsi?».
Insomma, il «trionfo» di Draghi è stato tale solo sui media italiani. Resta da capire se si sia trattato di una prova di zelo spontanea (per quanto imbarazzante) o se qualche velina informale o qualche versione veicolata da Palazzo Chigi abbia contribuito alla fantasiosa rappresentazione degli eventi comparsa sui quotidiani di ieri.
Autostrada del Brennero ridotta a una sola corsia per fare i controlli
Disagi alle frontiere a causa delle nuove restrizioni per chi arriva dall’estero: fino al 31 gennaio chi entra in Italia da tutti i Paesi Ue, anche se vaccinato, dovrà effettuare un test antigenico nelle 24 ore precedenti all’ingresso, oppure molecolare nelle 48 ore precedenti. Chi non è vaccinato, oltre a farsi tamponare, dovrà restare in quarantena per cinque giorni. I controlli vengono effettuati a campione dalle forze dell’ordine. Esentati i residenti nella fascia di 60 chilometri dal confine e i frontalieri, ma si segnalano problemi per chi arriva dalla Svizzera interna. Alcuni cittadini elvetici sono stati bloccati al confine in quanto sprovvisti del tampone. Come riporta il Corriere del Ticino, , alcune persone a bordo di un’auto sono state bloccate a Bizzarone. «Parlare di respingimento non è esatto», dice il comandante del gruppo della Guardia di finanza di Ponte Chiasso, il colonnello Andrea Alba, «le persone controllate non avevano il tampone ed è stato spiegato loro come, per entrare in Italia, fosse necessario il test. Sono state quindi invitate a fare il test».
Intanto, dalle 18 di ieri, l’Autostrada del Brennero, su indicazione della polizia, è stata ridotta a una sola corsia per quel che riguarda la carreggiata sud in prossimità del confine di ingresso in Italia, in modo da favorire il controllo di green pass e tamponi. Il restringimento della carreggiata a una sola corsia, è facile prevederlo, aumenterà le code degli automobilisti e dei tir diretti verso l’Italia.
I controlli, però, in alcuni casi farebbero acqua soprattutto per quel che riguarda gli aeroporti. Ieri Striscia la notizia ha rivelato che in alcuni casi gli addetti ai controlli si limitano a dare un’occhiata al green pass, senza effettuare la verifica con l’apposito scanner, dando il via libera a chi entra in Italia. L’inviato Valerio Staffelli, insieme con la sua troupe, ha filmato molti episodi di questo genere sia a Milano Linate sia a Roma Fiumicino. In Piemonte invece, all’aeroporto di Torino Caselle, sono stati potenziati i controlli sui passeggeri in arrivo. Le verifiche sono effettuate a campione su voli ritenuti sensibili per provenienza, numero di passeggeri e documentazione sanitaria presentata all’imbarco. Non in regola circa il 5% delle persone controllate, poste in isolamento. Gli stessi controlli verranno effettuati anche nell'aeroporto di Levaldigi.
Ieri il ministro Luciana Lamorgese ha presieduto il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, che ha disposto un ulteriore rafforzamento dei dispositivi di vigilanza sull’intero territorio nazionale in vista delle prossime festività natalizie. I prefetti sono stati invitati a convocare apposite riunioni dei Comitati provinciali, anche per predisporre specifici servizi di prevenzione in prossimità dei luoghi di culto delle diverse confessioni, degli aeroporti e dei porti, delle stazioni ferroviarie e delle reti viarie. L’Italia si blinda, dunque, o quanto meno tenta di farlo, in vista del prevedibile afflusso di turisti dall’estero per le festività natalizie. Le città d’arte e le località sciistiche sono tradizionalmente le mete privilegiate da parte di turisti di tutto il mondo, in particolare europei.
La stretta decisa dal governo guidato da Mario Draghi, che ha deciso di rendere obbligatorio il tampone anche per chi è vaccinato e in possesso quindi di green pass e arriva da Paesi dell’Unione europea, è in un certo senso una scommessa: se i controlli si dimostreranno lacunosi, il provvedimento risulterà inutile; se invece, a causa di queste verifiche, come ad esempio rischia di accadere per l’Autostrada del Brennero, i disagi scoraggeranno l’arrivo di turisti dall’estero, a essere penalizzati saranno gli imprenditori del settore, già messi in ginocchio da questi due anni di crisi pandemica.
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Al Consiglio europeo. Emmanuel Macron chiude: «Non li introdurremo». Olaf Scholz segue la stessa strategia. Nel documento finale, nessun riferimento all’obbligo per chi viaggia.Autostrada del Brennero ridotta a una sola corsia per fare i controlli. Rischio caos. In Piemonte più verifiche negli aeroporti: irregolare il 5% dei passeggeri.Lo speciale comprende due articoli. Contrordine compagni, e soprattutto contrordine giornaloni. Ieri mattina, con l’eccezione della Verità, i maggiori quotidiani italiani avevano descritto la presenza di Mario Draghi al Consiglio europeo un po’ come le cronache latine celebravano i trionfi di Cesare in Gallia. Il Corriere della Sera era stato appena appena più cauto nell’editoriale («Nessuna sfida a Bruxelles. Buon senso e forza dei numeri»), anche se nell’occhiello di pagina 3 lo stesso quotidiano milanese si era fatto sfuggire un imbarazzante «Il premier tira dritto». Ma Stampa e Repubblica avevano titoli addirittura inneggianti e tambureggianti. Ecco il quotidiano torinese in prima: «La Ue: sì al green pass all’italiana». E addirittura nel sommario di pagina 2 compariva un surreale: «Il Consiglio europeo impone ai 27 il modello di Roma». Stessi toni in apertura su Rep: «Ue, passa la linea Draghi». E nel sommario di pagina 2 un impegnativo: «A Bruxelles via libera ai limiti voluti da Roma». Insomma, a leggere questi quotidiani, si sarebbe materializzato un successo politico pieno del governo di Roma, e addirittura un rovesciamento della linea europea a beneficio della scelta italiana. Un Draghi triumphans avrebbe piegato ogni dissenso. La realtà, raccontata ieri dal nostro quotidiano, appariva molto meno gloriosa per Draghi. Non una bocciatura, ma nemmeno un trionfo. Anzi, nel documento conclusivo dei lavori, aveva trovato posto un richiamo all’Italia, una correzione a matita rossa, se non una tirata di orecchie, con l’esplicita richiesta agli Stati membri che «qualsiasi restrizione sia basata su criteri obiettivi e non mini il funzionamento del mercato unico o danneggi in misura sproporzionata la libera circolazione tra gli stati o i viaggi nella Ue». Altro che elogio, insomma: e meno che mai l’adozione della linea italiana. Nella giornata di ieri, pur senza censure esplicite verso l’Italia (ma forse avendo trovato surreali i resoconti dei media italiani), Parigi e Berlino hanno messo i proverbiali puntini sulle i, precisando ulteriormente la loro contrarietà all’uso «draghiano» dei tamponi verso chiunque entri in Italia, e lasciando trapelare le dichiarazioni critiche rese dai loro leader nel corso del vertice del giorno prima. Ecco la Francia attraverso Emmanuel Macron: «Non prevediamo di introdurre dei test Covid all’interno dell’Ue, perché teniamo al buon funzionamento dello spazio comune, e quindi non imporremo test nei confronti dei Paesi europei, ma verso Paesi terzi». Secondo la ricostruzione di Politico, Macron avrebbe lasciato a verbale che «la decisione dell’Italia non gli è piaciuta». Mentre il Financial Times ha rivelato che a criticare l’Italia in modo palese sono stati anche Estonia, Spagna e Belgio. Sulla medesima linea francese anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz: «La libertà di movimento in Europa è importante», e dunque, quanto all’ipotesi di nuove restrizioni, «stiamo seguendo le orme della Francia».Morale: nel documento finale, varato con approvazione unanime, il perimetro dell’intesa è risultato minimale, limitato all’accelerazione delle vaccinazioni (con particolare riferimento alle terze dosi) e alla sottolineatura di una qualche esigenza di uniformità sul green pass. Ecco un primo passaggio rilevante: «Sono necessari ulteriori sforzi coordinati per rispondere agli sviluppi, basati sulle migliori prove scientifiche». E ancora, sul pass digitale Ue, si evidenzia «l’importanza di un approccio coordinato sulla validità» del lasciapassare. Secondo passaggio significativo sulle vaccinazioni: è urgente «attuare le campagne di vaccinazione per tutti i cittadini ed è cruciale effettuare i booster». Ma sullo sfondo resta il malumore per la fuga in avanti italiana. Un anonimo funzionario Ue citato da Avvenire riferisce un consistente disappunto: «Molti leader si sono concentrati sulla validità dei certificati Covid e sull’importanza di un approccio coerente e coordinato al momento di adottare misure nazionali». Come dire: non sono state gradite le differenziazioni e le norme peggiorative. Aspro anche il belga Alexander De Croo: «Se ogni Paese si rimette di nuovo a fare cose per conto proprio, tutto diventerà più difficile». Stessi toni e stessa irritazione anche da parte del rappresentante lussemburghese Xavier Bettel: «Se adesso torniamo alle regole nazionali, come faremo a convincere la gente a vaccinarsi?».Insomma, il «trionfo» di Draghi è stato tale solo sui media italiani. Resta da capire se si sia trattato di una prova di zelo spontanea (per quanto imbarazzante) o se qualche velina informale o qualche versione veicolata da Palazzo Chigi abbia contribuito alla fantasiosa rappresentazione degli eventi comparsa sui quotidiani di ieri.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/parigi-e-berlino-respingono-la-linea-draghi-sui-tamponi-bocciati-i-test-sui-vaccinati-2656063276.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="autostrada-del-brennero-ridotta-a-una-sola-corsia-per-fare-i-controlli" data-post-id="2656063276" data-published-at="1639771060" data-use-pagination="False"> Autostrada del Brennero ridotta a una sola corsia per fare i controlli Disagi alle frontiere a causa delle nuove restrizioni per chi arriva dall’estero: fino al 31 gennaio chi entra in Italia da tutti i Paesi Ue, anche se vaccinato, dovrà effettuare un test antigenico nelle 24 ore precedenti all’ingresso, oppure molecolare nelle 48 ore precedenti. Chi non è vaccinato, oltre a farsi tamponare, dovrà restare in quarantena per cinque giorni. I controlli vengono effettuati a campione dalle forze dell’ordine. Esentati i residenti nella fascia di 60 chilometri dal confine e i frontalieri, ma si segnalano problemi per chi arriva dalla Svizzera interna. Alcuni cittadini elvetici sono stati bloccati al confine in quanto sprovvisti del tampone. Come riporta il Corriere del Ticino, , alcune persone a bordo di un’auto sono state bloccate a Bizzarone. «Parlare di respingimento non è esatto», dice il comandante del gruppo della Guardia di finanza di Ponte Chiasso, il colonnello Andrea Alba, «le persone controllate non avevano il tampone ed è stato spiegato loro come, per entrare in Italia, fosse necessario il test. Sono state quindi invitate a fare il test». Intanto, dalle 18 di ieri, l’Autostrada del Brennero, su indicazione della polizia, è stata ridotta a una sola corsia per quel che riguarda la carreggiata sud in prossimità del confine di ingresso in Italia, in modo da favorire il controllo di green pass e tamponi. Il restringimento della carreggiata a una sola corsia, è facile prevederlo, aumenterà le code degli automobilisti e dei tir diretti verso l’Italia. I controlli, però, in alcuni casi farebbero acqua soprattutto per quel che riguarda gli aeroporti. Ieri Striscia la notizia ha rivelato che in alcuni casi gli addetti ai controlli si limitano a dare un’occhiata al green pass, senza effettuare la verifica con l’apposito scanner, dando il via libera a chi entra in Italia. L’inviato Valerio Staffelli, insieme con la sua troupe, ha filmato molti episodi di questo genere sia a Milano Linate sia a Roma Fiumicino. In Piemonte invece, all’aeroporto di Torino Caselle, sono stati potenziati i controlli sui passeggeri in arrivo. Le verifiche sono effettuate a campione su voli ritenuti sensibili per provenienza, numero di passeggeri e documentazione sanitaria presentata all’imbarco. Non in regola circa il 5% delle persone controllate, poste in isolamento. Gli stessi controlli verranno effettuati anche nell'aeroporto di Levaldigi. Ieri il ministro Luciana Lamorgese ha presieduto il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, che ha disposto un ulteriore rafforzamento dei dispositivi di vigilanza sull’intero territorio nazionale in vista delle prossime festività natalizie. I prefetti sono stati invitati a convocare apposite riunioni dei Comitati provinciali, anche per predisporre specifici servizi di prevenzione in prossimità dei luoghi di culto delle diverse confessioni, degli aeroporti e dei porti, delle stazioni ferroviarie e delle reti viarie. L’Italia si blinda, dunque, o quanto meno tenta di farlo, in vista del prevedibile afflusso di turisti dall’estero per le festività natalizie. Le città d’arte e le località sciistiche sono tradizionalmente le mete privilegiate da parte di turisti di tutto il mondo, in particolare europei. La stretta decisa dal governo guidato da Mario Draghi, che ha deciso di rendere obbligatorio il tampone anche per chi è vaccinato e in possesso quindi di green pass e arriva da Paesi dell’Unione europea, è in un certo senso una scommessa: se i controlli si dimostreranno lacunosi, il provvedimento risulterà inutile; se invece, a causa di queste verifiche, come ad esempio rischia di accadere per l’Autostrada del Brennero, i disagi scoraggeranno l’arrivo di turisti dall’estero, a essere penalizzati saranno gli imprenditori del settore, già messi in ginocchio da questi due anni di crisi pandemica.
(Ansa)
L’attività, eseguita dal Commissariato Greco-Turro, è stata coordinata dalla Procura della Repubblica e dalla Procura per i Minorenni di Milano, tramite misure cautelari e fermi. Venerdì 21 novembre, i poliziotti hanno infatti sottoposto a fermo due 22enni. Nel corso della settimana, inoltre, gli agenti hanno eseguito un’altra ordinanza nei confronti di tre giovani di 15, 20 e 22 anni.
Il 22enne destinatario di quest’ultimo provvedimento è anche uno dei due indagati fermati il 21 novembre per la rapina avvenuta a Caiazzo una decina di giorni prima.
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Il mosaico romano scoperto dai bersaglieri dopo la battaglia di Ain Zara (Getty Images)
Il 4 dicembre 1911 i cannoni italiani tuonarono ad Ain Zara, un’oasi fortificata a circa 15 chilometri a sud di Tripoli, capitale conquistata dagli Italiani nell’ottobre precedente, all’esordio della guerra di Libia. La zona era ancora fortemente presidiata da truppe arabo-ottomane, che minacciavano costantemente la città in mano agli italiani.
All’alba del giorno stabilito per l’offensiva, il Regio Esercito iniziò la marcia diviso in tre colonne cui presero parte quattro Reggimenti di fanteria, uomini del 4°Reggimento artiglieria da montagna e del 1° Artiglieria da campagna supportati da reparti del Genio. Lo scontro fu duro, gli arabi (che eguagliavano quasi nel numero gli italiani) offrirono una strenua resistenza. Solo l’azione delle artiglierie fu in grado di risolvere la situazione e, dopo una battaglia corpo a corpo all’interno dell’oasi e 15 caduti tra gli italiani, poco dopo le 15 su Ain Zara sventolava il tricolore con lo stemma sabaudo. Fu per la campagna di Libia una vittoria importante perché da quel momento Tripoli non fu più minacciata e perché fu la prima azione concertata del Regio Esercito fuori dall’Europa.
Il 6 dicembre 1911 un avvenimento legato al combattimento di due giorni prima aggiunse importanza all’oasi appena conquistata. Nel pomeriggio i bersaglieri del 33°battaglione dell’11°Reggimento che stavano eseguendo lavori di trinceramento si accorsero di aver dissotterrato dalla sabbia un mosaico. Verso le 17 emerse dal terreno quello che appariva un raffinato manufatto perfettamente conservato, con disegni geometrici e motivi vegetali, di 6,75X5,80 metri. A prima vista, quella dei bersaglieri e dei loro ufficiali sottotenente Braida e più tardi maggiore Barbiani e colonnello Fara, appariva come il pavimento di una villa. Inizialmente attribuito all’età degli Antonini (92-192 d.C.). Più tardi, dopo l’analisi fatta dagli archeologi guidati dal professor Salvatore Aurigemma, si ipotizzò una collocazione cronologica più precisa e corrispondente all’età di Marco Aurelio. I bersaglieri, con la conquista dell’oasi di Ain Zara, avevano riportato alla luce un frammento dell’antica Oea, l’attuale Tripoli. Negli anni successivi, a poca distanza dal campo di battaglia del dicembre 1911 fu riportato alla luce quello che attualmente è l’unico monumento integro dell’antica città della Tripolitania romana: l’arco di Marco Aurelio, che fu trovato poco dopo la fine delle ostilità. Un altro pezzo del grande patrimonio archeologico della Libia romana, che i pezzi da 149/23 e quelli da 75/27 dell’artiglieria alpina contribuirono involontariamente a riportare alla luce.
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