Dopo l’elezione del 2016 il mercato salì del 142% segnando nuovi record. Boom del titolo Trump-Media cresciuto del 74%. Bene anche Tesla del sostenitore Musk. I petrolieri puntano sullo stop alla follia green.
Dopo l’elezione del 2016 il mercato salì del 142% segnando nuovi record. Boom del titolo Trump-Media cresciuto del 74%. Bene anche Tesla del sostenitore Musk. I petrolieri puntano sullo stop alla follia green. Le pallottole non spaventano il toro di Wall Street che ieri ha avviato la seduta in rialzo grazie agli investitori che scommettono sul secondo mandato di Trump. Nel pomeriggio italiano gli indici Usa hanno continuano ad avanzare e ad aggiornare i massimi con il Dow Jones e l’S&P 500 su nuovi record. La crescente probabilità che l’ex presidente vinca le elezioni e torni alla Casa Bianca ha rafforzato i produttori di petrolio, di armi e le assicurazioni legate alla sanità. Con Trump, i mercati si aspettano una regolamentazione meno rigida su dossier delicati che vanno dalla politica fiscale al cambiamento climatico, alle criptovalute. E infatti il Bitcoin è balzato ai massimi da due settimane raggiungendo un picco di 63.000 dollari con un rialzo superiore al 4%, mentre si sono molto rafforzati anche il dollaro e i rendimenti dei Treasury. Se il mercato azionario sconta un forte rialzo perché nella scorsa amministrazione Trump c’era stato un rialzo del 142%, va infatti considerata anche la scommessa su titoli di stato: la politica di Trump è inflattiva, sia per i dazi, sia per la politica migratoria che ha ripercussioni sui salari e quindi sul costo dei prodotti, sia per la politica di spesa. In base a questo, viene chiesto un premio per il rischio più alto facendo così salire i rendimenti dei Treasury.Sui listini americani si sono distinti Goldman Sachs per la trimestrale positiva, Google che continua ad espandersi nel settore cybersecurity, Blackrock per il rialzo dei ricavi e Apple che ha registrato un boom di vendite in India. Ma a volare è stato soprattutto il titolo Trump Media, la società controllata con circa il 65% dall’ex presidente che ha debuttato in Borsa a marzo: le azioni hanno messo il turbo già nelle contrattazioni di pre-apertura al Nasdaq con un’impennata del 50% per poi proseguire in rally dopo il suono della campanella. Dopo l’attentato contro The Donald, il ceo del gruppo che detiene la piattaforma Truth Social, David Nunes, ha dichiarato che «la situazione richiede un’indagine federale immediata e approfondita per determinare tutte le circostanze di questo attacco codardo e per identificare se altre persone siano state coinvolte. Chiede inoltre al governo federale di fornire tutte le risorse di sicurezza richieste dal Presidente Trump per garantire la sua sicurezza. L’America supererà questa sparatoria spregevole e, insieme, la nostra nazione resisterà». Va inoltre aggiunto che ieri Trump ha segnato un punto anche sul fronte giudiziario: una giudice federale in Florida ha archiviato il caso dei documenti riservati portati via dalla Casa Bianca dall’ex presidente dopo che ha stabilito che la nomina del procuratore speciale Jack Smith era in violazione della Costituzione. Quello che è successo in Pennsylvania aumenta in maniera importante le probabilità di una sua rielezione alla Casa Bianca e i mercati hanno cominciato a scontare questo scenario in maniera più decisa di quanto non abbiano fatto finora. Come? Lo ricorda con un post su X Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity nonché consigliere del Ministro della Difesa: «Nel novembre 2016, quando Trump vinse le elezioni, il rame reagì passando da 4.800 a 6.000 dollari in sole due settimane. Se la storia è buona consigliera, potremmo assistere a un generale rialzo del prezzi delle commodity e dei titoli azionari appartenenti al settore industriale». Intanto, c’è stata una reazione immediata sul dollaro che è tornato ad apprezzarsi sul mercato del Forex. Il biglietto verde, infatti, scambia contro l’euro a 1,0902 (-0,19%) e contro la sterlina a 1,2984 (+0,09%), beneficiando della sua natura di bene rifugio assieme allo yen. Il cambio dollaro /yen si attesta a 157,885 (-0,17%). Venerdì la valuta statunitense aveva toccato i minimi da un mese, scontando un taglio dei tassi a partire da settembre, grazie ai progressi registrati dall’inflazione ed alle indicazioni fornite dal presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, al Congresso. Lo stesso Powell ha tenuto un intervento (nella tarda serata italiana) all’Economic Club di Washington. Come hanno invece reagito le Borse europee? Nonostante Wall Street, le piazze del Vecchio Continente hanno chiuso in negativo. Milano ha archiviato la giornata lasciando sul terreno lo 0,59%, Parigi - maglia nera - ha ceduto l’1,19%, Francoforte ha perso lo 0,89% per cento. Giù anche Madrid (-0,98%) e Londra (-0,90%). A pesare il timore che la Bce decida di non tagliare ulteriormente i tassi d’interesse. Come riferisce il Financial Times, la banca centrale europea sarebbe preoccupata dall’incremento della spesa pubblica in paesi come la Francia, che fermerebbe il calo dell’inflazione. Secondo il quotidiano londinese giovedì la Bce «quasi certamente» manterrà i tassi d’interesse al 3,75 per cento.
Elly Schlein (Ansa)
Corteo a Messina per dire no all’opera. Salvini: «Nessuna nuova gara. Si parte nel 2026».
I cantieri per il Ponte sullo Stretto «saranno aperti nel 2026». Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, snocciola dati certi e sgombera il campo da illazioni e dubbi proprio nel giorno in cui migliaia di persone (gli organizzatori parlano di 15.000) sono scese in piazza a Messina per dire no al Ponte sullo Stretto. Il «no» vede schierati Pd e Cgil in corteo per opporsi a un’opera che offre «comunque oltre 37.000 posti di lavoro». Nonostante lo stop arrivato dalla Corte dei Conti al progetto, Salvini ha illustrato i prossimi step e ha rassicurato gli italiani: «Non è vero che bisognerà rifare una gara. La gara c’è stata. Ovviamente i costi del 2025 dei materiali, dell’acciaio, del cemento, dell’energia, non sono i costi di dieci anni fa. Questo non perché è cambiato il progetto, ma perché è cambiato il mondo».
Luigi Lovaglio (Ansa)
A Milano si indaga su concerto e ostacolo alla vigilanza nella scalata a Mediobanca. Gli interessati smentiscono. Lovaglio intercettato critica l’ad di Generali Donnet.
La scalata di Mps su Mediobanca continua a produrre scosse giudiziarie. La Procura di Milano indaga sull’Ops. I pm ipotizzano manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza, ritenendo possibile un coordinamento occulto tra alcuni nuovi soci di Mps e il vertice allora guidato dall’ad Luigi Lovaglio. Gli indagati sono l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone; Francesco Milleri, presidente della holding Delfin; Romolo Bardin, ad di Delfin; Enrico Cavatorta, dirigente della stessa holding; e lo stesso Lovaglio.
Leone XIV (Ansa)
- La missione di Prevost in Turchia aiuta ad abbattere il «muro» del Mediterraneo tra cristianità e Islam. Considerando anche l’estensione degli Accordi di Abramo, c’è fiducia per una florida regione multireligiosa.
- Leone XIV visita il tempio musulmano di Istanbul ma si limita a togliere le scarpe. Oggi la partenza per il Libano con il rebus Airbus: pure il suo velivolo va aggiornato.
Lo speciale contiene due articoli.
Pier Carlo Padoan (Ansa)
Schlein chiede al governo di riferire sull’inchiesta. Ma sono i democratici che hanno rovinato il Monte. E il loro Padoan al Tesoro ha messo miliardi pubblici per salvarlo per poi farsi eleggere proprio a Siena...
Quando Elly Schlein parla di «opacità del governo nella scalata Mps su Mediobanca», è difficile trattenere un sorriso. Amaro, s’intende. Perché è difficile ascoltare un appello alla trasparenza proprio dalla segretaria del partito che ha portato il Monte dei Paschi di Siena dall’essere la banca più antica del mondo a un cimitero di esperimenti politici e clientelari. Una rimozione selettiva che, se non fosse pronunciata con serietà, sembrerebbe il copione di una satira. Schlein tuona contro «il ruolo opaco del governo e del Mef», chiede a Giorgetti di presentarsi immediatamente in Parlamento, sventola richieste di trasparenza come fossero trofei morali. Ma evita accuratamente di ricordare che l’opacità vera, quella strutturale, quella che ha devastato la banca, porta un marchio indelebile: il Pci e i suoi eredi. Un marchio inciso nella pietra di Rocca Salimbeni, dove negli anni si è consumato uno dei più grandi scempi finanziari della storia repubblicana. Un conto finale da 8,2 miliardi pagato dallo Stato, cioè dai contribuenti, mentre i signori del «buon governo» locale si dilettavano con le loro clientele.






