2020-05-23
Palamara si scusa col capo leghista: «Provo profondo rammarico»
Il pubblico ministero sotto inchiesta, travolto dallo scandalo per i suoi sms contro il leader della Lega, invia un messaggio riparatore. Ma è l'unico, visto che il resto delle toghe di sinistra ormai l'ha scaricato.Alcuni suoi vecchi attacchi, via Whatsapp, contro Matteo Salvini hanno riacceso i riflettori sul pm Luca Palamara.Il magistrato, oggi indagato a Perugia per corruzione, ha pilotato per un decennio le progressive sorti della magistratura insieme con le toghe di sinistra di Area e, per questo, aveva forse creduto che le sue parole aggressive contro questo o quel politico di destra, in particolare Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, gli avrebbero garantito un credito nel salotto buono del bel mondo progressista.Ma ignorava, o faceva finta di ignorare, che i compagni di strada che grazie a lui facevano carriera, non lo hanno mai considerato davvero uno dei loro: troppo amante delle donne e degli spassi, per poter essere preso sul serio dai pensosi giudici engagé. Palamara andava bene giusto per organizzare un torneo di calcetto o per rimediare i biglietti dello stadio, ma non per condividere le discussioni sulla creazione di una magistratura, per dirla con parole appropriate, «posta a difesa dei dritti e delle garanzie delle classi lavoratrici» e «svincolata dallo Stato-apparato e collocata a metà strada tra questo e la società civile». Pare di vederlo Palamara, mentre si accende il dibattito, controllare il risultato della Roma sul cellulare. Così, dopo essere stato usato, si è ritrovato scaricato. Per il pm sotto inchiesta, dietro al suo sputtanamento mediatico e giudiziario, ci sarebbero proprio i vecchi compagni, quelli con cui aveva marciato unito per resistere alle iniziative della politica («Erano anni difficili, quelli del governo Berlusconi» per dirla con Giuseppe Cascini). E così, a un anno di distanza dall'inizio delle sue disavventure, Palamara sembra aver compreso in modo nitido che il suo vero nemico non è Salvini. E quando ha letto che il leader della Lega aveva scritto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per lamentarsi degli attacchi, ormai datati, di Palamara, si è determinato a inviargli un messaggio: «Buonasera sono Luca Palamara» ha scritto al portavoce dell'ex ministro, «sono profondamente rammaricato dalle frasi da me espresse e che evidentemente non corrispondono al mio reale pensiero, come potranno testimoniare ulteriori conversazioni presenti nel mio telefono. Ho sempre ispirato il mio agire al più profondo rispetto istituzionale che è mia intenzione ribadire anche in questa occasione al senatore Salvini».Va detto che la pubblicazione delle sue chat sta causando a Palamara più di un grattacapo, a partire dal riaffacciarsi del suo nome sulle prime pagine dei giornali, «regalo» di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Lui e i suoi avvocati negli ultimi mesi avevano attentamente evitato la sovraesposizione mediatica, contestando le accuse unicamente all'interno delle aule dei tribunali. Ma gli scoop della Verità hanno vanificato la loro strategia. Va da sé che il nostro intento non è riportare conversazioni pruriginose, ma «irrilevanti» come ha scritto qualche improvvisato giurista del sabato sera. Quelle che stiamo pubblicando infatti sono le chat che sono state trasmesse dalla Procura di Perugia al Consiglio superiore della magistratura per la valutazione di eventuali contestazioni disciplinari a carico di decine di magistrati. Infatti la nuova ondata di carte consente una ricostruzione rigorosa e puntuale del suk delle nomine per come è avvenuto in questa consiliatura del Csm, ma soprattutto in quella precedente in cui a comandare era l'asse Area-Unicost (con Palamara mattatore), puntellata dai laici del centrosinistra, gente come Giovanni Legnini e Paola Balducci, indagata per corruzione a Perugia come Palamara. In quella stagione è stata fatta larga messe di nomine (circa 400, un record), dopo il prepensionamento dei capi delle procure deciso dal governo Renzi. Ma se parte della magistratura e i giornalisti di complemento hanno fatto la morale a Palamara, a livello giudiziario resta poco contro di lui. Dagli atti depositati dai pm di Perugia emerge che a cadere non sono solo le accuse relative al pagamento dei 40.000 euro per la nomina (mai avvenuta) del pm Giancarlo Longo a procuratore di Gela, ma anche quelle relative alla vicenda dell'anello regalato da Palamara all'amante Adele Attisani in occasione del suo compleanno, che gli inquirenti inizialmente ritenevano essere stato pagato direttamente dall'imprenditore Fabrizio Centofanti, accusato a sua volta di corruzione.Dopo l'interrogatorio perugino, la difesa di Palamara è riuscita a documentare il pagamento dell'anello depositando tutti i prelievi bancomat effettuati in prossimità dell'acquisto nonché le conversazioni chat con il gioielliere alla vigilia dei pagamenti. Gli inquirenti hanno deciso di modificare il capo di imputazione e di stralciare la vicenda dell'anello che è definitivamente scomparsa dalle residue contestazioni mosse a Palamara. Cioè le due vicende a cui i principali giornali inchiodarono Palamara un anno fa, non esistono più nel processo. Mentre resteranno negli annali le fughe di notizie su cui i pm avevano promesso di indagare. Evidentemente, senza grandi risultati.Detto questo, non si può, però, ancora affermare che la vicenda della tangente fantasma da 40.000 euro sia stata definitivamente archiviata. La richiesta di proscioglimento per i suoi tre coindagati nella vicenda della presunta mazzetta è al vaglio di un gip. Se il giudice decidesse di non archiviare, Palamara si ritroverebbe di nuovo sotto indagine per una tangente che non è mai stata individuata.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)