2023-04-19
Sipario sul Palamara-gate: cade il reato di corruzione. L’ex pm: «voglio patteggiare»
Mossa a sorpresa di Raffaele Cantone che riformula l’accusa in traffico di influenze illecite. Accordo con la difesa su un anno con pena sospesa, a maggio la decisione del giudice.Sono entrambi tifosissimi di calcio. L’ex pm Luca Palamara è romanista sfegatato, il procuratore di Perugia Raffaele Cantone, tifoso del Napoli sino al midollo. E per chi ama il pallone come loro potremmo parlare di un pareggio che fa contenti tutti. Uno di quei pareggi con cui le squadre raggiungono i propri obiettivi andando a braccetto. È, infatti, finita con un accordo un po’ a sorpresa la ormai quasi quinquennale disfida tra l’ex leader della corrente Unicost e l’ufficio inquirente umbro. Un accordo che spiazza chi aveva provato a ribaltare i rapporti di forza dentro la magistratura stritolando quello che sino al 2018 era stato il simbolo del consociativismo delle toghe e anche alfiere dell’asse che dal centro guardava a sinistra. Poi con l’improvvido sostegno a David Ermini come vicepresidente del Csm e a Marcello Viola come procuratore di Roma, Palamara aveva imboccato la strada del non ritorno, del traditore che non può essere perdonato. E i giornali che sino a pochi mesi prima lo avevano spremuto come fonte, hanno iniziato a mascariarlo, senza prendere in considerazione se le accuse reggessero tutte o se fossero in larga parte scricchiolanti, tanto da essere modificate strada facendo.Il clima rispetto al 2019, quando l’inchiesta divenne pubblica, è cambiato. Al governo c’è il centro-destra e anche al Csm la sinistra giudiziaria è minoranza. Forse quattro anni fa un’operazione del genere non sarebbe stata possibile, ma i tempi cambiano e chi non cambia con essi rischia di apparire come un fanatico, per dirla con Winston Churchill. E qui non è una questione di opportunismo, come griderà qualche pasdaran (con la toga o con il taccuino non fa differenza) fermo con l’orologio al 30 maggio di quattro anni fa.Quella di ieri doveva essere un’udienza dedicata al contro-esame del colonnello Gerardo Mastrodomenico all’epoca dei fatti comandante del Gruppo di investigazione sulla criminalità organizzata di Roma.Ed invece è arrivato il colpo di scena.Cantone ha ritenuto che fosse arrivato il momento di chiudere una diatriba da lui ereditata al suo arrivo alla Procura di Perugia e, dopo una serie di incontri con i difensori dell’ex pm, è riuscito a individuare l’unica soluzione che poteva convincere Palamara a concordare una pena: cancellare per sempre dal processo la parola corruzione, quella, tanto per intendersi, enfatizzata sulla prima pagina del quotidiano La Repubblica del 29 maggio 2019, nel cui articolo veniva svelata l’inchiesta su una presunta, e oggi smentita compravendita delle nomine al Csm.Il comunicato diramato ieri dalla Procura è un esempio di equilibrio e di finezza non solo giuridica. Cantone fa capire che a volte è meglio una mezza vittoria che non una sconfitta. Quella che gli inquirenti rischiavano portando avanti accuse montate e smontate negli anni.«Nel processo in corso dinanzi al Primo collegio del Tribunale di Perugia, la Procura ha proceduto a modificare l’imputazione originaria di corruzione […], elevata nei confronti del dottor Luca Palamara e della signora Adele Attisani, in quella di traffico di influenze illecite[…]» ha scritto Cantone.Il cambio di contestazione ha, dal punto di vista tecnico, consentito agli imputati, come prevede la riforma Cartabia, di poter accedere ai riti speciali, tanto che i difensori di Palamara hanno subito richiesto di chiudere il processo con il patteggiamento a 1 anno di reclusione e con la sospensione condizionale della pena, mentre i legali della Attisani hanno scelto il giudizio abbreviato.Sull’istanza di patteggiamento, la Procura ha espresso il consenso e il Tribunale, invece, ha preso tempo, rinviando il procedimento al 16 maggio, anche per consultare le parti civili che si sono costituite nel processo, tra cui l’Avvocatura dello Stato.C’è da dire, che considerando l’esperienza di Cantone, difficilmente il procuratore avrebbe chiesto di chiudere in questo modo la partita se non ritenesse ineccepibile dal punto di vista procedurale e giusta nella sostanza la proposta avanzata. Quindi, salvo inaspettati ribaltoni, è probabile che i due «giocatori» otterranno di poter pareggiare la loro partita.Cantone, con grande trasparenza, ha anche voluto sottolineare che la «modifica dell’imputazione», che ha portato alla svolta, «consegue ad una serie di contatti intercorsi con la difesa del dottor Palamara che aveva prospettato la possibilità di definire non solo il già citato processo pendente presso il primo collegio ma anche quello appena avviato in udienza preliminare che pure vede il dottor Palamara imputato di corruzione».Quindi nessuno potrà parlare di accordi sotterranei, visto che il procuratore ha portato tutto alla luce del sole e ci ha messo, come si dice, la faccia. E la logica dell’operazione complessiva, sempre secondo Cantone, è «in linea con lo spirito della recente riforma Cartabia», visto che consente di «definire rapidamente due procedimenti di particolare complessità che avrebbero significativamente impegnato» il Tribunale di Perugia «nei prossimi anni». Quindi risparmio di tempo e risorse, in cambio comunque di un risultato: una pena, seppur minima, che giustifica anni di indagini. Cantone per portare a casa il risultato si è fatto ispirare da una sentenza della Cassazione che aveva riqualificato come mediazione illecita anziché come corruzione alcuni comportamenti dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, finalizzati a «influenzare le decisioni di altri pubblici ufficiali».Un’ipotesi delittuosa che, sottolinea la Procura, «rientra comunque nel novero dei reati contro la pubblica amministrazione» e che «lascia immutato, del resto, il quadro delle acquisizioni investigative compiute nel corso degli anni».Nella modifica della contestazione a Palamara sono elencate le presunte utilità ricevute dall’ex presidente dell’Anm e dalla Attisani, in particolare le ristrutturazioni a casa della donna e alcuni soggiorni in alberghi, ma questi non sarebbero il prezzo della corruzione. Palamara non risulta più aver svenduto il proprio ruolo o quello dei colleghi, ma solo aver promesso al faccendiere Fabrizio Centofanti di «influenzare e/o determinare anche per il tramite di rapporti con altri consiglieri del Consiglio superiore della magistratura (Csm) e/o di altri colleghi le nomine e gli incarichi da parte del Consiglio» e di «acquisire, anche tramite altri magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine a lui legati da rapporti professionali e/o di amicizia, informazioni anche riservate sui procedimenti in corso». Ma le promesse sarebbero rimaste tali dal momento che gli inquirenti non hanno trovato la prova dell’atto contrario ai doveri d’ufficio. Insomma quello di Palamara sarebbe stato una sorta di millantato credito.Con eleganza Cantone ha evitato di mortificare l’ex collega in un procedimento che, con il suo carisma, avrebbe potuto anche condurre in porto, ma che, sin dall’inizio, non deve essergli parso esente da contraddizioni e punti deboli. E ha trovato questa exit strategy. Buona per tutti. Di fronte alla possibilità di chiuderla in modo non umiliante Palamara ha capito che era arrivato il momento di deporre le armi. E interpellato dalla Verità ammette: «Vedere che anche l’attuale Csm decide sulle carriere dei magistrati sulla base delle mie chat mi ha fatto comprendere che si era arrivati a un punto di non ritorno, a un sistema bloccato e oramai avvitato su stesso. Occorreva ed occorre un armistizio che possa far prevalere l’interesse primario della magistratura su tutte le altre cose. Ed anche io mi sono sentito responsabilizzato a dare un segnale in questo senso. E l’ho fatto. È ovvio che la battaglia di verità deve continuare, ma è anche vero che pur senza addossarmi alcuna responsabilità era giusto accedere ai riti alternativi previsti dalla legge Cartabia. Sono stati quattro anni tortuosi e sanguinosi dai quali tuttavia bisogna venire fuori. Rapporti umani e di amicizia distrutti rappresentano per me il dolore più grande. Ma oggi è un altro giorno e da domani si volta pagina».Palamara, visibilmente soddisfatto, ieri, ha ammesso con più d’uno che c’è voluto l’arrivo di Cantone per rimettere a posto un’indagine che sin dalle sue battute iniziali «faceva acqua da tutte le parti a causa del rapporto mai smentito tra il procuratore Luigi De Ficchy e il principale imputato Fabrizio Centofanti» e dei continui cambi di imputazione, addirittura sei.Infatti, l’indagine era iniziata contestando a Palamara di aver ricevuto dall’avvocato Piero Amara 40.000 euro per la nomina di Giancarlo Longo a procuratore di Gela, accusa poi caduta, non prima di aver reso possibile l’utilizzo del trojan sul telefonino dell’ex pm romano; si era poi trasformata in generico asservimento di Palamara a Centofanti; era poi ulteriormente mutata nel febbraio del 2021 con l’entrata in scena delle solite dichiarazioni a orologeria del faccendiere Amara che aveva portato la Procura a contestare a Palamara la più grave corruzione in atti giudiziari, salvo poi tornare, nel luglio del 2021, al generico asservimento. Ieri l’ultimo definitivo assestamento in traffico di influenze illecite.Torniamo all’accordo.Una volta caduta la corruzione Palamara si è deciso a patteggiare senza, però, ammettere responsabilità, come consente questo rito. Di fatto l’ex consigliere del Csm ha portato a casa un accordo tombale su tutte le vicende che lo riguardano in cambio di una pena quasi simbolica, perché sospesa, di un anno di reclusione, con la possibilità di sfruttare gli ulteriori benefici che nel giro di cinque anni prevedono la totale estinzione del reato e la restituzione di una fedina penale pulita. Nel 2028, se il patteggiamento verrà confermato, Palamara tornerà ad essere un cittadino con il casellario giudiziale «nullo». Guardando a un orizzonte più vicino, non è così peregrina l’ipotesi di una sua candidatura alle prossime elezioni europee.La notizia ieri è deflagrata anche nelle chat delle toghe: c’è chi ha parlato di una «ennesima pagina nera della magistratura per una corruzione inesistente» e chi ha esaltato Cantone sostenendo che «comunque Raffaele, come spesso è avvenuto in passato, anche questa volta ha fatto uso sapiente delle sue prerogative».
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)