2019-01-15
Orsero: prestiti da Carige, lavoratori licenziati ma soldi alla Leopolda di Renzi
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La famiglia ligure ora sotto processo è tra i sospettati di aver ricevuto dalla banca di Genova un trattamento di favore. Nel 2013 il gruppo era in crisi, esposto per 245 milioni di euro. Le scelte di investire in Piaggio Aerospace, altra azienda in stato di insolvenza e la vicinanza all'ex presidente del Consiglio. Nel 2014 i lavoratori della Siter Trasporti, società del gruppo Orsero, avevano capito che la situazione stava diventando tragica. «Da quando hanno cambiato il marchio in fratelli Orsero tutto è andato male», spiegavano i dipendenti fuori dagli stabilimenti, alle prese con le vertenze Fruttital e Reefer. Eppure in quegli anni nessuno badava alla spese, tanto meno la società di famiglia che era in crisi economica con i dipendenti in cassa integrazione. Eppure gli Orsero, già noti perchè coinvolti nella cordata per salvare Alitalia nel 2013 senza successo, sborsarono 70.000 euro per la Leopolda di Matteo Renzi nel 2014, facendone arrivare 20 mila dalla Blau Meer, società collegata a un'altra azienda in crisi e ora in amministrazione straordinaria, ovvero Piaggio Aerospace che rileverà dagli Orsero un capannone in cui avrà sede una parte esternalizzata della sua produzione. Per di più proprio sotto accusa cinque anni fa c'erano alcune scelte industriali come quella, spiegavano i lavoratori, di «aver comprato una società di aerotaxi con 6 Piaggio P180 Avanti 2 che chiude in perdita da quando è stata comprata, con piloti che prendono stipendi da favola, amministratore delegato con casa e auto pagati dalla società oltre a un lauto stipendio». I dipendenti della Siter si lamentavano degli investimenti degli Orsero nella K-Air. E forse avevano ragione, anche perché il nome della famiglia Orsero è ricomparso in questi giorni per la crisi di banca Carige. E come ha ricordato anche Business Insider, tra i soci «pattisti» che secondo Banca D'Italia avrebbero ricevuto trattamenti di favore sui finanziamenti, c'è anche, attraverso la finanziaria Gf Group, la famiglia Orsero, cui fa capo l'omonimo gruppo specializzato nell'importazione e nella distribuzione di frutta esotica, tra cui le banane Ciquita. C'è da dire che dal 2013 il gruppo ligure si è ritrovato esposto per 245 milioni di euro, di cui il 40% era proprio nei confronti di Carige. Ne è nata un'inchiesta della magistratura di Genova, su ben 127 miloni che sarebbero il "profitto ricavato cagionando un danno rilevante alla Gf Group e alla società del gruppo (Orsero, ndr) abusando della qualità di soci e amministratori». In pratica si sarebbe trattata di una «stabile struttura occulta» organizzata per tenere da un lato la contabilità in nero delle varie società e dall'altro, attraverso società off-shore, fare rientrare quelle somme illecite per ripartirle alla famiglia. Le indagini sono state chiuse a fine novembre. Nel registro degli indagati c'è quasi la famiglia al completo, molti soci della holding. Luciano e Gianni Orsero, Maria Grazia Cassanini (moglie del fondatore Raffaello), Antonio, Raffaella, Anna Chiara Orsero e molti altri. Le accuse, a vario titolo, vanno dall'associazione a delinquere all'appropriazione indebita, fino al riciclaggio e l'intestazione fittizia di somme ed evasione fiscale. L'indagine era partita dai cosiddetti fidi facili di banca Carige ai tempi della gestione del presidente Giovanni Berneschi. Il gruppo Orsero avrebbe ricevuto 91 milioni non li avrebbe mai restituiti. "Tesi - spiegano i legali del gruppo - che è stata abbandonata dalla stessa procura». Ma secondo i magistrati Francesco Pinto e Marcello Maresca, «i soci della holding Orsero avrebbero costituito una associazione (nel 2008 Montecarlo Group poi Gf Montecarlo) per conseguire profitti occulti da attività in nero dalle società e il loro depauperamento». Angelo Bonanata, arrestato due anni fa mentre portava i soldi dalla Svizzera, per i pm avrebbe «su incarico di Antonio e Raffaella Orsero e Pierangelo Ottonello costituito società off-shore per ricevere e intestare in modo fittizio somme di illecita proprietà del sodalizio (sia mediante raccolta di contante proveniente da società estere del gruppo, sia mediante ricezione di somme frutto di sovra fatturazione)" ed era anche incaricato "ai successivi trasferimenti di parte delle stesse somme in Italia sia tramite società off-shore che tramite spalloni o atti di compensanzione». Per la procura così la famiglia si sarebbe appropriata di 127 milioni nel periodo compreso tra il 2006 e il 2016. Questa ultima tesi era però stata smontata dal gip che aveva respinto la richiesta di sequestro dei soldi sostenendo che i conti fatti dai pm non erano attendibili. Anche per quanto riguarda le contestazioni di evasione fiscale i legali fanno sapere che la maggior parte degli indagati a cui è contestato hanno fatto il ravvedimento operoso e versato le somme all'Erario.
Il laboratorio della storica Moleria Locchi. Nel riquadro, Niccolò Ricci, ceo di Stefano Ricci
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