2020-03-12
Ormai tutti gli esperti concordano: virus portato in Italia dai tedeschi
L'infettivologo Massimo Galli conferma la notizia data per prima dalla Verità: il focolaio di Codogno ha origine in Germania. E anche l'Iss, tra le righe, afferma che non siamo noi gli untori.Noi della Verità stati i primi in Italia a raccontarlo ai nostri lettori, ma adesso la conferma è arrivata anche dalla scienza. La diffusione del coronavirus in direzione dei cinque continenti non è partita dall'Italia, come per settimane ci hanno raccontato i media di mezzo mondo, bensì con ogni probabilità dalla Germania. Smontata dunque una volta per tutte la vulgata che ci additava come untori a livello globale. Una maldicenza totalmente priva di senso anche perché, come tutti sappiamo, i virus non conoscono confini. Eppure per lunghi giorni il nostro Paese è stato al centro di una vergognosa campagna mediatica nella quale ne abbiamo visto davvero di tutti i colori: dalla pizza al coronavirus dei francesi, all'infografica della Cnn con tanto di frecce rosse a indicare il contagio in tutto il mondo, fino al New York Times che si chiede se gli italiani sanno rispettare le regole.Nel corso della trasmissione Fuori dal coro di Mario Giordano, andata in onda martedì sera, Massimo Galli, direttore del reparto di malattie infettive dell'ospedale Luigi Sacco e docente all'università di Milano, è stato chiarissimo: «Siamo stati colti alle spalle da un virus circolato nel Paese non da dove ci si poteva aspettare venisse». Cioè dalla Cina. «Le nostre evidenze molecolari sull'analisi del virus dicono che quello circolato nella famigerata “zona rossa" è un virus strettamente imparentato con uno isolato a Monaco di Baviera e legato a una specifica epidemia», ha chiarito il medico. Come ha fatto il patogeno ad approdare nella penisola, l'infettivologo lo spiega subito dopo, indicando anche una data, il 25 gennaio: «Arriva dalla Germania nel senso che qualcuno se l'è “beccato", passando per Monaco di Baviera per poi tornare a vivere e a lavorare nelle zone intorno a Codogno, o in qualsiasi altra maniera del tutto non percepita».Gli esperti ormai sembrano non avere più dubbi: non è l'Italia l'epicentro dell'epidemia in occidente. Già la settimana scorsa il team del professor Galli annunciava di aver completato l'analisi genetica dei tre genomi virus in circolazione in Lombardia. Risultato: tutti i filamenti analizzati appartengono a un unico gruppo riconducibile a quello isolato negli altri Paesi europei, in particolare Germania e Finlandia, e poi riscontrato anche in America centrale e meridionale. Confermata anche l'origine cinese del virus. Uno degli autori, il professor Giangugliemo Zehender, ha spiegato alla Verità che lo studio è ancora in attesa di valutazione da parte della comunità scientifica e che a breve sarà messo a disposizione del pubblico.Una conferma parziale dell'origine tedesca del contagio arriva, seppure indirettamente, anche dall'Istituto superiore di sanità. Nel bollettino sul Covid-19 pubblicato martedì sera, i ricercatori spiegano che «l'indagine epidemiologica suggerisce che la trasmissione dell'infezione sia avvenuta in Italia per tutti i casi, ad eccezione dei primi tre casi segnalati dalla regione Lazio che si sono verosimilmente infettati in Cina». Anche se non è scritto nero su bianco, tra le righe l'Iss sembra confermare che i casi lombardi non abbiano avuto origine in Cina, e dunque il fantomatico «paziente zero» sia da ricercare altrove. E qui il cerchio si chiude. Una settimana fa, infatti, su queste stesse pagine vi avevamo parlato, in anteprima nazionale, dei risultati della ricerca condotta dal dottor Trevor Bedford, ricercatore alla divisione Vaccini e malattie infettive del centro di ricerca Fred Hutch di Seattle, e pubblicati sulla piattaforma Nextstrain.org. Nella quale a ogni ceppo corrispondeva un «ramo» dell'albero filogenetico del coronavirus. Grazie alla condivisione dei dati sui codici genetici dei campioni raccolti in giro per il mondo dagli scienziati, già diversi giorni or sono il ricercatore americano metteva in luce l'esistenza di una «linea comune che contiene i campioni di virus prelevati in Germania, Svizzera, Finlandia, Italia, Brasile e Messico». Ma nel presentare i risultati Bedford si spingeva ben oltre: «Alla base di queste linee c'è il campione riconducibile al “paziente 1" che è stato infettato in Baviera da un collega in viaggio dalla Cina». Una scoperta sorprendente anche per lo stesso scienziato americano, che su Twitter si spingeva a definire il ceppo tedesco «progenitore» degli altri «comparsi successivamente, e che risultano collegati a una certa frazione dell'epidemia circolante in Europa oggi». D'altronde, il primo contagio in Germania (un dipendente della Webasto vicino a Monaco) risale a fine gennaio, cioè tre settimane prima del caso di Codogno.Una vera e propria bomba quella sganciata da Bedford, che a seguito delle sue affermazioni si è trovato nella situazione di difendersi dagli attacchi di numerosi colleghi. Per questo motivo, nei giorni successivi il ricercatore ha precisato che i risultati delle ricerche «non sono definitivi» e dunque la pista tedesca «è solo una delle possibili spiegazioni». Oggi quei sospetti sull'origine tedesca del contagio sono diventati una certezza. E forse qualcuno dovrebbe delle scuse all'Italia.