
Il ministro del Lavoro promette di liberarsi dell'eredità di Renzi e Monti. E «assume» Sergio Bramini, fatto fallire dallo Stato.Pensioni, Jobs act e un consulente a sorpresa, quel Sergio Bramini costretto a fallire per colpa dello Stato che non paga i debiti. Luigi Di Maio nel primo giorno da ministro del Lavoro parla dal suo ufficio al ministero dello Sviluppo economico, altro dicastero di cui è titolare, e spiega i nodi che intende affrontare subito. Quelle urgenze che, una volta risolte, possono permettere al Paese di ripartire. Nel filmato postato sui social si vede il neoministro in giacca e cravatta che entra nel palazzo, guida lo spettatore lungo le scale e nelle stanze. Lo fa, secondo uno stile ormai consolidato, attraverso una diretta Facebook. E lo fa ancora prima del passaggio di consegne con i suoi predecessori, Carlo Calenda e Giuliano Poletti, che dovrebbe avvenire domani o al massimo dopodomani.Innanzitutto va rivisto il Jobs act, provvedimento simbolo dell'era di Matteo Renzi: «C'è troppa precarietà», spiega il leader pentastellato, «la gente non ha certezza neanche più per prenotarsi le vacanze non solo per sposarsi e se dobbiamo dare più forza all'economia la dobbiamo ridurre». Sempre sul tema del lavoro che non c'è, ha parlato anche di riforma dei centri per l'impiego, architrave del reddito di cittadinanza. La promessa che ha assicurato al Movimento fondato da Beppe Grillo il pieno di voti, soprattutto nel Mezzogiorno. «Metterò assieme gli assessori al Lavoro di tutte le Regioni italiane», annuncia Di Maio, «e cominceremo a lavorare per migliorare questi centri che hanno bisogno di più personale, di più risorse e di una filosofia diversa dove c'è lo Stato che mi consiglia su cosa formarmi in attesa che arrivi una proposta di lavoro». Di Maio torna anche su uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale, sia della Lega che dei 5 stelle: le pensioni. In particolare la radicale revisione della legge varata da Elsa Fornero. Spiegando: «Applicheremo la misura quota 100 per superare la Fornero». Per quota 100 - meglio ribadire anche se è cosa risaputa - si intende la possibilità di andare in pensione una volta che la somma tra età minima e anzianità contributiva risulti appunto pari a 100. Di questa misura, come delle altre contenute nel contratto di governo gialloblù, Di Maio non ha però specificato i tempi di realizzazione.Sulle politiche industriali, il nuovo ministro annuncia invece investimenti nell'auto elettrica: «Mi hanno fatto piacere le parole di Sergio Marchionne sull'auto elettrica, è un cambio di strategia che accolgo senza ironia e senza polemiche e vorrà dire che potremo collaborare sugli investimenti per arrivare al milione di auto elettriche». Quindi ha anche promesso l'abolizione «nel breve, medio e lungo periodo», dello spesometro, del redditometro e degli studi di settore. Ci sono poi anche i dossier «caldi» che aspettano Di Maio nella sua veste di responsabile del Lavoro: dai 4.000 esuberi previsti per l'Ilva di Taranto alla rinazionalizzazione dell'Alitalia.Infine al Mise, promette il ministro, attento a dare immediatamente segnale del cambio nelle politiche ministeriali, arriverà come consulente Sergio Bramini. L'imprenditore monzese «fallito per colpa dello Stato» che, nonostante un credito di 4 milioni di euro accumulato dalla sua società verso l'amministrazione pubblica, si è visto pignorare la sua villa di Sant'Albino. Ipotecata per scongiurare il fallimento e salvare la società e i suoi 32 dipendenti. Adesso è stato costretto a lasciare la casa e a vivere con la figlia in affitto.Nei giorni scorsi Bramini aveva ricevuto anche le viste dei due vice premier Matteo Salvini e Luigi Di Maio. La sua azienda, Icom, aveva vinto numerosi appalti per pubbliche amministrazioni per i rifiuti, ma i pagamenti non erano mai arrivati, Così, ritardo dopo ritardo, le banche avevano interrotto le linee di credito, facendo sì che l'imprenditore si ritrovasse fallito e senza più un tetto sulla testa. Questi, contattato telefonicamente, si è detto pronto ed entusiasta di poter collaborare con il governo di Giuseppe Conte: «Sono felice oltre che per me stesso perché potrò aiutare anche gli altri affinché non si trovino nella mia stessa situazione. Voglio spingere per far applicare le leggi, che troppo spesso rimangono lettera morta, e questo è grandioso».
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Parla Gaetano Trivelli, uno dei leader del team Recap, il gruppo che dà la caccia ai trafficanti che cercano di fuggire dalla legge.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Su un testo riservato appare il nome del partito creato da Grillo. Dietro a questi finanziamenti una vera internazionale di sinistra.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Nel 1937 l’archeologo francese Fernand Benoit fece una scoperta clamorosa. Durante gli scavi archeologici nei pressi dell’acquedotto romano di Arles, la sua città, riportò alla luce un sito straordinario. Lungo un crinale ripido e roccioso, scoprì quello che probabilmente è stato il primo impianto industriale della storia, un complesso che anticipò di oltre un millennio la prima rivoluzione industriale, quella della forza idraulica.
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Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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