2020-11-13
Ora la caccia all’untore colpisce le discoteche sarde della Destra Smeralda
Christian Solinas (Getty images)
Blitz della polizia in Regione. Nel mirino le feste di Ferragosto, quando si ballava ovunque. La sinistra esulta, ma spunta un parere del Cts favorevole a Christian Solinas. Disco Inferno, tutti in galera. Nella caccia all'untore quotidiano è arrivato il turno delle discoteche, peraltro chiuse da Ferragosto. In Sardegna sono partite due inchieste per epidemia colposa delle Procure di Cagliari e di Tempio Pausania, per verificare il comportamento della giunta regionale nell'autorizzare la dolce vita in Costa Smeralda, oggi nel mirino degli indignados come causa di moltiplicazione dell'epidemia. Così il governo e i suoi alleati storici (funzionari scientifici da lui stipendiati, media compiacenti e il potente partito dei pm) provano a far passare l'idea che a provocare la seconda ondata di un virus mondiale non sono state le scuole fuori controllo, i trasporti all'80%, i pronto soccorso intasati da cittadini terrorizzati al terzo colpo di tosse, ma le piste da ballo dell'isola. E allora rivamos a la playa, soprattutto quella di centrodestra. L'offensiva giudiziaria parte anche questa volta da un servizio di Report (trattasi di coincidenze), ed è tesa a stabilire un legame delittuoso fra la calca dei millennials in quei giorni, il presunto lassismo delle istituzioni locali e il desiderio di business degli imprenditori del divertimento. In sintesi, nel pieno della movida agostana in una regione dichiarata a fine luglio «Covid free» (zero contagi, chi era in partenza dal continente per Cagliari, Olbia o Alghero doveva compilare un formulario di autocertificazione di buona salute), il governatore Christian Solinas avrebbe dovuto far suo un parere negativo del Comitato tecnico scientifico sardo basato sulle foto di assembramenti postate dai ragazzi sui social network. Va ricordato che in quel periodo i divertimenti, con le consuete regole d'ingaggio (mascherine, gel, misurazione della temperatura agli ingressi e distanziamento) erano di fatto consentiti in tutta Italia dall'ultimo Dcpm firmato da Giuseppe Conte, quello del 7 agosto. Al decreto erano state allegate anche le ordinanze condivise con le Regioni, che Palazzo Chigi aveva inteso fare proprie per non creare discrepanze.Ieri il blitz della polizia in Regione per raccogliere documenti è stato salutato da un'ovazione della sinistra social che individua il male assoluto nel volto di Flavio Briatore. Dágli alla Destra Smeralda, in fondo c'è sempre un Billionaire da castigare. L'inchiesta è complicata e le curve politiche non sono poche: due consiglieri regionali della maggioranza hanno ammesso che in quei giorni ci furono «pressioni degli imprenditori del settore per riaprire». Le stesse che avrebbe avuto Giorgio Gori a Bergamo a fine febbraio per non chiudere. Solinas ha spiegato così la sua posizione. «Si è messa in moto la macchina del fango. Quella lettera del Cts l'ho letta in queste ore e rientrava in una corrispondenza interna con l'assessorato alla Sanità. Era riferita a un'altra vicenda, a linee guida mai emanate in seguito». E annuncia l'esistenza di un secondo parere del Cts, questa volta favorevole.Sotto i riflettori ci sono i cinque giorni dall'11 al 15 agosto (poi il ministro Roberto Speranza richiuderà tutto ovunque) in cui i ragazzi hanno potuto tornare a ballare, pur con un distanziamento molto presunto di due metri. «Quel provvedimento teneva conto di due dati fondamentali», continua Solinas. «Primo, la situazione sanitaria: il tasso di contagio era prossimo allo zero. Il secondo era l'ordine del giorno in Consiglio regionale in cui si impegnava la giunta ad adottare atti idonei alla riapertura dei locali. Ad avermi convinto più di altri è stato l'intervento di Massimo Zelda dei Progressisti in cui si paventava il rischio di problemi di ordine pubblico, oltre che sanitario, per via delle numerose feste private e fuori controllo, degli assembramenti in spiaggia e in piazza che si sarebbero tenuti a ridosso di Ferragosto in caso di mancata riapertura».Secondo lui un provvedimento condiviso. A risponderne però sarà da solo perché nell'intento di sfruttare politicamente la pandemia (linea maestra del Pd in ogni regione in cui è all'opposizione) il presidente Anci dell'isola, il dem Emiliano Deiana, ha subito tuonato: «In un mondo normale si terrebbero nuove elezioni». Resta singolare l'accusa di lassismo nei confronti di Solinas, che a fine luglio aveva chiesto il patentino sanitario a tutti coloro che dal continente stavano per trasferirsi in Sardegna. E per questo era stato travolto dalle critiche proprio dall'opposizione.L'enfasi sul caso stride con il silenzio sul resto d'Italia, dove le identiche regole in vigore in Sardegna valevano sulla riviera romagnola cara a Stefano Bonaccini, nella Versilia ricca e rossa, nei locali di Capri e di Sorrento vigilati dal lanciafiamme ad acqua di Vincenzo De Luca, nel Salento profondo di Michele Emiliano. Alla fine i contagiati sono molti di più della Sardegna, però nessuna inchiesta. Per fare un veloce esercizio di memoria, all'Indie Club di Cervia sono risultati positivi 34 ragazzi dopo una superfesta di Ferragosto. Al Seven Apples di Marina di Pietrasanta una studentessa pisana è stata trovata positiva di ritorno da Mykonos; dopo smentite collettive per coprire la faccenda, l'Asl di Pisa ha dovuto organizzare il tampone per tutti i discotecari di quella sera. E in un «noto locale di Napoli», ben dopo la chiusura delle piste da ballo, si è tenuto un affollato party scoperto solo grazie alle foto postate su Facebook da una ragazza indignata. Esempi a caso di regioni fortunate nel non essersi imbattute in Report. A differenza della Sardegna, che paga il briatorismo e l'insopprimibile volontà della sinistra di cercare di addebitare a chiunque la responsabilità politica della pandemia tranne a chi, da Mario Monti a oggi (quindi Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni e Giuseppe Conte) ha tagliato a colpi d'ascia la sanità italiana. Ora tutto è nelle mani delle Procure di Cagliari e di Tempio Pausania. Dove giace da qualche parte anche l'inchiesta relativa all'accusa di stupro nei confronti di Ciro Grillo, figlio dell'ayatollah del Movimento 5 stelle riparato sotto l'ombrello del Pd. Questa non balla, è proprio ferma.