2022-12-08
Ora gli Usa frenano Kiev: «Niente escalation»
Volodymyr Zelensky e Antony Blinken (Ansa)
Sia il segretario di Stato, Antony Blinken, che il portavoce, John Kirby, prendono le distanze dagli attacchi sul suolo russo. Vladimir Putin: «Siamo pronti al conflitto lungo e a utilizzare ogni mezzo». Volodymyr Zelensky nominato uomo dell’anno anche da «Time». Il Papa evoca l’Olocausto.«Un nuovo Olocausto». Evoca la pagina più nera della storia dell’umanità, papa Francesco, per fare un paragone con quanto sta avvenendo attualmente in Ucraina. Durante l’udienza del mercoledì nell’Aula Paolo VI, sono riecheggiate parole inquietanti, che dovrebbero far riflettere su quanto sia necessario porre fine al conflitto il prima possibile. «Il Centro per le Relazioni cattolico-ebraiche dell’università Cattolica di Lublino ha commemorato l’anniversario dell’Operazione Reinhardt. Essa, durante la seconda guerra mondiale, ha provocato lo sterminio di quasi due milioni di vittime, soprattutto di origine ebraica. Il ricordo di questo orribile evento susciti in tutti noi propositi e azioni di pace. E la storia si ripete: vediamo adesso cosa succede in Ucraina. Preghiamo per la pace», ha detto il Pontefice. Le sue parole sembrano anche più dure, alla luce dell’esacerbarsi della guerra, che rischia di trascinarsi ancora per tanto. Proprio il presidente russo Putin ha parlato dell’«operazione militare speciale» come di un «processo» che potrebbe essere «lungo». Nel frattempo, ha osservato Putin per rimarcare quelli che ritiene risultati significativi nella conquista territoriale, «il mare di Azov è diventato un mare interno della Federazione Russa». «Soprattutto», ha proseguito, «le persone che vivono lì sono con noi e sono milioni, questo è il risultato più importante». Il leader del Cremlino ha ribadito che la Russia si concentra sui «mezzi pacifici» ma anche che, «se non resta altro, è pronta a difendersi con tutti i mezzi a disposizione». E sembra proprio che, allo stato attuale, altri spiragli non si siano aperti, sebbene anche il ministro della Difesa Serghei Lavrov abbia assicurato che Mosca è pronta «a discutere di una proposta di pace seria». La Nato non è convinta di tali proclami. Il segretario generale Jens Stoltenberg ritiene infatti che non ci siano, al momento, le «condizioni per negoziare la pace» perché la Russia «sta cercando di congelare il conflitto durante l’inverno per preparare le sue forze ad una nuova offensiva il prossimo anno». «Ora l’Ucraina ha lo slancio ed è per questo che dobbiamo sostenerla, perché la maggior parte dei conflitti termina al tavolo negoziale ma l’esito delle trattative dipende dalle condizioni sul campo di battaglia»: di questo si è detto convinto il segretario generale Nato. Intanto Putin continua a mostrarsi sicuro della sua strategia e anche delle forze schierate sul campo. Secondo il capo del Cremlino «non ha senso parlare di una nuova mobilitazione in Ucraina». Sono stati 300.000, secondo dati snocciolati dallo stesso presidente, i russi arruolati in quella che Mosca ha definito una mobilitazione parziale e 150.000 sono stati schierati in Ucraina: di questi, 77.000 si trovano nelle unità di combattimento. La Russia, è la conclusione del suo presidente, «continuerà la sua lotta coerente per i propri interessi nazionali». Gli scontri, però, rischiano di aumentare di intensità - con Mosca che è tornata a parlare di nucleare contro le minacce al suo territorio - dopo che l’Ucraina ha iniziato a colpire sul suolo russo. Gli Stati Uniti, preoccupati, frenano. «Non abbiamo né incoraggiato, né consentito agli ucraini di colpire all’interno della Russia», si è affrettato a chiarire il segretario di Stato americano, Antony Blinken. Anche il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, John Kirby, ha affermato: «Noi siamo impegnati a garantire che gli ucraini abbiamo i mezzi per difendersi e ad evitare ogni escalation della guerra ma alla fine sono gli ucraini a prendere le loro decisioni. Noi siamo sempre stati chiari e non li abbiamo incoraggiati a colpire oltre il confine in Russia». Intanto si moltiplicano gli attacchi in territorio russo. Dopo le due basi aeree russe di Ryazan e Saratov colpite lunedì scorso, anche l’aeroporto di Kursk è finito nel mirino di un attacco di un drone. Gli esperti ritengono che le forze ucraine possano aver modificato un drone da ricognizione di epoca sovietica per penetrare così in profondità nel territorio russo. Kiev non ha rivendicato le azioni ma le ha celebrate. Lo Stato maggiore delle forze armate ucraine ha anche affermato che nella regione russa di Kursk ci sono voci e timori «sull’invasione delle forze armate ucraine sullo sfondo dell’aumento delle perdite subito dall’esercito di Mosca» e che dunque i militari starebbero costruendo fortificazioni. In territorio ucraino, invece, un attacco ha colpito il centro di Kurakhove, nel Donetsk. «Almeno sei civili sono stati uccisi e cinque feriti», riporta il presidente Zelensky. «Almeno tre residenti di Yampil - sempre nel Donetsk - sono stati feriti dagli occupanti, che hanno bombardato la piazza centrale. In quel momento, le persone stavano ricevendo aiuti umanitari», afferma il governatore della regione, Pavlo Kirilenko. Per quanto riguarda le infrastrutture, il sistema energetico ucraino si sta riprendendo dalle conseguenze degli attacchi missilistici russi, ma permane un deficit significativo. Lo ha dichiarato l’operatore statale per l’energia Ukrenergo. La situazione rimane difficile, secondo Ukrenergo, nell’Ucraina orientale, dove la Russia ha sparato contro diverse infrastrutture energetiche, mentre la temperatura in tutta la regione ha raggiunto i -17 gradi. Nel frattempo, il presidente ucraino Zelensky è stato incoronato «persona dell’anno» di Time per il 2022. Zelensky era stato insignito due giorni fa dello stesso onore dal Financial Times. Anche il Time non ha fatto menzione, nel pezzo celebrativo, della repressione condotta da Zelensky nei confronti di ogni opposizione interna.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)