2023-02-03
L’opposizione aizza il Giurì d’onore ma Donzelli rischia solo un richiamo
Giovanni Donzelli (Getty Images)
A presiedere non ci sarà Giorgio Mulè: «Sarebbe poco opportuno». Più probabile un grillino.Il Giurì d’onore convocato, su richiesta del Pd, dal presidente della Camera, Lorenzo Fontana, dopo il duro intervento in Aula del deputato di Fdi Giovanni Donzelli, potrebbe essere convocato già la prossima settimana, anche se alcune indiscrezioni riferiscono che potrebbe slittare a dopo le elezioni regionali in Lombardia e Lazio del 12 e 13 febbraio. È bene chiarire che il Giurì d’onore non ha alcuna possibilità di comminare sanzioni: se pure questa sorta di commissione speciale dovesse appurare che Donzelli ha leso l’onorabilità dei parlamentari da lui attaccati, nel corso dell’ormai famigerato intervento in Aula dello scorso 31 gennaio, le conseguenze saranno solo politiche, nel senso che i dem potranno dire di avere avuto ragione. «Il 12 gennaio 2023», è la frase incriminata pronunciata da Donzelli, «mentre parlava con i mafiosi, Cospito incontrava anche i parlamentari Serracchiani, Verini, Lai e Orlando, che andavano a incoraggiarlo nella battaglia. Allora, voglio sapere, presidente, se questa sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi con la mafia!». Il Giurì d’onore è un organismo previsto dall’articolo 58 del regolamento di Montecitorio, in base al quale «quando nel corso di una discussione un deputato sia accusato di fatti che ledano la sua onorabilità, egli può chiedere al presidente della Camera di nominare una commissione la quale giudichi la fondatezza dell’accusa; alla commissione può essere assegnato un termine per presentare le sue conclusioni alla Camera, la quale ne prende atto senza dibattito né votazione». A comporre il Giurì d’onore sono solitamente deputati dell’ufficio di presidenza, tre o cinque, convocati dal presidente della Camera. Di consueto, non ne fanno parte deputati che appartengono ai gruppi parlamentari protagonisti della controversia: in questo caso Pd e Fdi. Il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè di Forza Italia, che conduceva i lavori al momento della lite, e che anche in quegli istanti di così grande tensione ha mantenuto il suo proverbiale aplomb, chiarisce che non sarà lui a presiedere il Giurì: «Mi sono confrontato», spiega Mulè, «con il presidente della Camera, Fontana, per verificare l’opportunità di presiedere la commissione che dovrà pronunciarsi su quanto successo in Aula martedì 31 gennaio tra l’onorevole Donzelli e diversi deputati dell’opposizione. Dal momento che presiedevo l’Aula quando i fatti sono accaduti, abbiamo convenuto di non dare seguito all’incarico». A questo punto, a presiedere il Giurì potrebbe essere Sergio Costa del M5s. Il Giurì d’onore, come dicevamo, non può né proporre né comminare sanzioni, ma il suo compito è svolgere una sorta di istruttoria sui fatti al centro della controversia, attraverso anche l’audizione dei diretti interessati e quindi a sottoporre le conclusioni all’Aula, che ne prende atto. Si tratta di un organismo parlamentare che viene convocato raramente. «Se il deputato sotto accusa», dice alla Verità una fonte parlamentare di lunga esperienza, «si scusa con chi si è sentito offeso, quest’ultimo rinuncia alla convocazione del Giurì». Ieri sera alcuni esponenti di primo piano del Pd hanno diffuso una notizia: «Il Dap», ha scritto su Twitter il senatore dem Enrico Borghi, «ha precisato che le intercettazioni rese note da Donzelli sono dati non divulgabili e non cedibili a terzi. Donzelli e Delmastro hanno mentito al Paese. Nordio e Meloni, cosa aspettate a farli dimettere?». «Apprendiamo», ha aggiunto la capogruppo del Pd al Senato, Simona Malpezzi, «che il Dap ha chiarito formalmente a Delmastro che le informative in merito a Cospito non potevano essere divulgate. È scritto nero su bianco. In un Paese normale, Delmastro e Donzelli dovrebbero dimettersi subito e il premier dovrebbe chiedere scusa».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)