2024-01-16
Ombre cinesi dietro gli attacchi degli Huthi
Colpita una nave Usa. Nell’arsenale dei ribelli, oltre a quelle iraniane, anche armi di Pechino. Per la quale la crisi nel Mar Rosso è un affare: fa salire i prezzi, spinge alla fine del conflitto in Ucraina e favorisce la Via della seta terrestre. Riunione a Palazzo Chigi.Non è passata neanche una settimana dall’inizio della reazione combinata di Inghilterra e Stati Uniti nel Mar Rosso contro le forze yemenite degli Huthi ma i grandi interessi nell’area hanno portato già la tensione alle stelle. Dure, infatti, le parole di uno dei leader dei miliziani: «Diciamo agli americani che le vostre azioni contro lo Yemen saranno sconfitte e che vi affronteremo con tutta la nostra forza». Anche il capo negoziatore degli Huthi Mohammed Abdulsalam ieri ha detto che la posizione del gruppo non è cambiata dopo gli attacchi aerei guidati dagli Stati Uniti sullo Yemen, ha avvertito che gli attacchi alle navi dirette in Israele continueranno e ha aggiunto: «Le richieste del gruppo sono ancora la fine dell’offensiva israeliana a Gaza e la concessione di aiuti umanitari al Nord e al Sud della Striscia». Poco dopo i ribelli sono riusciti a colpire con un missile un mercantile di proprietà degli Stati Uniti al largo delle coste dello Yemen. La notizia è stata data in prima battuta dalla United Kingdom maritime trade operations. Più tardi la Ambrey, una compagnia britannica specializzate in rischi marittimi, ha aggiunto che la nave di proprietà Usa batte bandiera delle Isole Marshall e che a bordo è scoppiato un incendio che non avrebbe provocato fortunatamente alcun ferito. Il cargo è ancora in grado di navigare. La compagnia sostiene che l’attacco «ha preso di mira interessi statunitensi in risposta agli attacchi Usa contro le posizioni Huthi nello Yemen». Come già spiegato queste azioni hanno provocato profondi sconvolgimenti nel trasporto marittimo internazionale, portando ad aumenti sostanziali delle tariffe di trasporto e dei costi assicurativi. Molte compagnie hanno scelto di aggirare del tutto il Canale di Suez e il Mar Rosso, scegliendo invece di navigare intorno al Corno d’Africa, una deviazione che può prolungare la durata del viaggio fino a due settimane. Le navi che continuano a utilizzare la rotta del Mar Rosso hanno cercato protezione in un cacciatorpediniere navale statunitense, attivamente impegnato negli sforzi per contrastare gli attacchi alle navi mercantili. Probabile secondo molti analisti una regia iraniana anche se per il New York Times non esistono prove del coinvolgimento di Teheran in questi attacchi. Fonti informate dell’intelligence statunitense continuano infatti a ritenere che l’Iran non sia interessato a una guerra più ampia, anche se ha incoraggiato le operazioni degli Huthi nel Mar Rosso. Ciò che è certo è che in pochi anni i ribelli yemeniti hanno accumulato un arsenale sempre più diversificato e potente di armi antinave, che comprende sia missili da crociera sia balistici. L’elenco delle armi a disposizione degli Huthi è tutt’altro che di second’ordine. Le dotazioni a loro disposizione sono iraniane come già noto, ma anche cinesi: nell’elenco infatti ci sono anche gli Al Mandab e gli Al Mandab 1, missili antinave da crociera con circa 40 chilometri di gettata e dotati di cercatori radar. Ciò fa crescere il sospetto che Pechino abbia interesse alla destabilizzazione della rotta mercantile del Mar Rosso. Infatti, anche se la Cina sfrutta quella linea via mare per commerciare i suoi prodotti, dalla sua ha la possibilità di utilizzare la nuova Via della seta che via terra le consentirebbe di arrivare direttamente in Europa. In questo momento quella rotta principalmente su rotaia non è percorribile a causa della guerra in Ucraina ed è qui che entra in gioco la tensione nel Mar Rosso. Infatti l’aumento dei costi di trasporto che fa inevitabilmente alzare i prezzi dovrebbe indurre la comunità internazionale ad assecondare la fine del conflitto tra Kiev e Mosca e ad aprire così una nuova rotta più sicura ed economica. Intanto in Europa, anche se con forte ritardo, ha drizzato le antenne anche il commissario Paolo Gentiloni. «Non possiamo sottovalutare la possibilità che la tensione nel Mar Rosso abbia delle conseguenze sull’economia europea, che per il momento non sembrano esserci ma che potrebbero concretizzarsi nelle prossime settimane sui prezzi dell’energia e di conseguenza sull’inflazione», ha detto. Intanto il Qatar ha sospeso l’invio di petroliere che trasportano gas naturale liquefatto attraverso lo stretto di Bab el-Mandeb dopo l’inizio degli attacchi aerei guidati dagli Stati Uniti. Almeno cinque navi Gnl gestite dal Qatar sono ferme da venerdì, secondo i dati di tracciamento delle navi compilati da Bloomberg. Una pausa prolungata nelle forniture del secondo fornitore di Gnl in Europa aumenta i rischi proprio mentre il clima invernale stringe il continente.Sulla crisi innescata dagli Huthi ieri si è svolta a Palazzo Chigi una riunione di coordinamento fra presidenza del Consiglio, ministero degli Affari esteri e della Difesa con Antonio Tajani, Guido Crosetto e Alfredo Mantovano che hanno concordato le linee guida da proporre nelle prossime riunioni internazionali, in particolare al Consiglio Affari europei del 22 gennaio, quando verrà discussa la formazione di una forza navale europea ad hoc.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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