2021-07-09
L’odissea dello yacht di Briatore prova che il sistema è putrescente
Flavio Briatore (Getty Images)
La Cassazione: «Processo per evasione da rifare». Ma la nave è stata venduta all'asta.I magistrati vorrebbero bloccare i referendum dei radicali e della Lega. In realtà, per cambiare la giustizia servirebbe ben altro. Il sistema giudiziario, ormai, è al di là del bene e del male. Lo dimostra l'incredibile vicenda del Force Blue di Flavio Briatore. Ieri la quarta sezione della Cassazione ha pubblicato le motivazioni della sentenza con cui lo scorso 9 giugno ha ordinato, per la seconda volta, che venga rifatto il processo d'appello per la presunta evasione dell'Iva di 3,6 milioni sull'import dello yacht, un reato di cui Briatore è accusato da 11 anni. In 139 pagine, la Cassazione attacca la Corte d'appello genovese con critiche che a tratti sembrano schiaffi. Il risultato è che si dovrà ripetere per la terza volta il processo d'appello, e così siamo arrivati al sesto (sesto!) grado di giudizio. Intanto, però, il Force Blue è stato venduto all'asta, anche se sarebbe meglio dire svenduto. Insomma, la giustizia gira a vuoto, e produce danni irreparabili.Si prova sconcerto solo ripercorrendo le tappe della vicenda. Tutto comincia il 20 maggio 2010, quando al largo di La Spezia la Guardia di finanza sequestra il Force Blue, 63 metri di lunghezza. La barca è stata importata in Italia nel 2006, è stata intestata a una società di Briatore, la Autumn Sailing, e batte bandiera delle Isole Cayman. L'imprenditore viene accusato di aver simulato un inesistente attività di noleggio al solo scopo di utilizzare lo yacht senza pagare l'Iva all'importazione per 3,6 milioni. Il 10 luglio 2015 il tribunale di Genova, in primo grado, condanna Briatore a 1 anno e 11 mesi di reclusione per due reati, l'evasione dell'Iva e la falsa fatturazione, e stabilisce una multa di 7,2 milioni che porta alla confisca del Force Blue. Il 10 febbraio 2018 la Corte d'appello di Genova riduce la condanna a 1 anno e 6 mesi, e conferma la confisca. Il 28 settembre 2018 la terza sezione penale della Cassazione annulla la condanna per la falsa fatturazione «perché il fatto non sussiste», e ordina alla Corte d'appello un nuovo processo per l'evasione dell'Iva, ritenendo non sia stata motivata quella parte di condanna. Il 4 ottobre 2019 i giudici d'appello dichiarano estinta per prescrizione anche l'evasione, ma confermano la confisca del Force Blue perché l'Agenzia delle entrate incassi i 3,6 milioni di Iva non versata.A quel punto, ci si mette il Covid. La Cassazione dovrebbe finalmente chiudere il processo, ma le udienze vengono rinviate di continuo: nel dicembre 2020 ne viene calendarizzata una per il 12 febbraio 2021. In quel momento, però, la Corte d'appello di Genova decide di correre e mette in vendita lo yacht. Consulta due case di brokeraggio, che lo valutano 19 milioni ma segnalano anche che per un'imbarcazione di quelle dimensioni la fretta è sconsigliabile: per trovare gli acquirenti giusti, infatti, servirebbero almeno 12-18 mesi, altrimenti si rischia la svendita. Lo scorso 27 gennaio il Force Blue viene posto all'asta a un prezzo base di soli 7 milioni. Inutilmente Briatore si oppone all'asta con tre istanze e un ricorso. L'asta si fa. Bernie Ecclestone, ex patron della Formula 1, si aggiudica lo yacht per 7 milioni e 490.000 euro. Un mese fa, dopo un altro rinvio, la quarta sezione della Cassazione annulla la condanna e per la seconda volta ordina di rifare il processo. Nelle motivazioni i supremi giudici contestano ai colleghi genovesi di non aver fatto nulla di quanto era stato loro ordinato: scrivono che la Corte d'appello «s'è comportata come se tutto ciò che è scritto nella sentenza d'annullamento del 2018 non la riguardasse», e che ha ripetuto «pedissequamente» argomentazioni già ritenute «non convincenti o esplicitamente errate». La Corte d'appello, soprattutto, non ha sciolto il nodo fondamentale della Autumn Sailing: non è stata in grado di dimostrare, cioè, che sia davvero lo «schermo» fittizio che avrebbe permesso a Briatore di evadere l'Iva. Tre anni fa la Cassazione aveva ordinato ai giudici d'appello nuove verifiche, sottolineando che la Autumn Sailing non era nata con il Force Blue, nel 2006, ma nel 2000: difatti aveva gestito altri due yacht, il Lady in Blue 1 e il Lady in Blue 2. Inoltre, è vero che dal 2000 per 245 volte la società ha noleggiato barche a Briatore, ma in altri 221 casi le ha noleggiate a «persone terze». La Corte genovese, insomma, avrebbe dovuto verificare se la Autumn Sailing «avesse effettivamente noleggiato la barca (ad altri, ndr), e se i noleggi a Briatore fossero avvenuti alle stesse condizioni praticate ai terzi». I giudici d'appello, invece, non hanno fatto nulla di tutto questo, tanto da venire rimproverati di avere «bypassato completamente» le richieste della Cassazione. È per tutto questo se ora viene ordinato un nuovo giudizio: perché «l'elusione della normativa tributaria sarebbe avvenuta esclusivamente nell'ipotesi in cui Briatore avesse utilizzato lo schermo societario per usufruire dell'imbarcazione a solo titolo personale». Insomma, la società può essere considerata uno «schermo» solo «se non vi è noleggio a terzi e se il socio utilizza la barca gratuitamente». Il paradosso è che, quando tra dicembre e gennaio Briatore s'era opposto alla vendita, la Corte d'appello l'aveva respinto sostenendo non ne avesse alcun diritto in quanto la barca non era intestata a lui, bensì alla Autumn Sailing. Oggi la Cassazione contesta anche quell'illogicità: «Se la Autumn Sailing è una società schermo», scrive, «perché la Corte d'appello considera inammissibile il ricorso contro la vendita dello yacht proposto da Briatore, sul presupposto che egli non è il proprietario dell'imbarcazione?». C'è qualcosa di logico, in questa storia?
Nella prima mattinata del 28 ottobre 2025 la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno eseguito numerose perquisizioni domiciliari in tutta Italia ed effettuato il sequestro preventivo d’urgenza del portale www.voltaiko.com, con contestuale blocco di 95 conti correnti riconducibili all’omonimo gruppo societario.
Si tratta del risultato di una complessa indagine condotta dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bologna e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica per l’Emilia-Romagna, sotto la direzione del Pubblico Ministero Marco Imperato della Procura della Repubblica di Bologna.
Un’azione coordinata che ha visto impegnate in prima linea anche le Sezioni Operative Sicurezza Cibernetica delle varie Regioni e gli altri reparti territoriali della Fiamme Gialle nelle province di Bologna, Rimini, Modena, Milano, Varese, Arezzo, Frosinone, Teramo, Pescara, Ragusa.
L’operazione ha permesso di ricostruire il modus operandi di un gruppo criminale transnazionale con struttura piramidale tipica del «network marketing multi level» dedito ad un numero indeterminato di truffe, perpetrate a danno anche di persone fragili, secondo il cosiddetto schema Ponzi (modello di truffa che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito di nuovi investitori, a loro volta vittime del meccanismo di vendita).
La proposta green di investimenti nel settore delle energie rinnovabili non prevedeva l’installazione di impianti fisici presso le proprie abitazioni, bensì il noleggio di pannelli fotovoltaici collocati in Paesi ad alta produttività energetica, in realtà inesistenti, con allettanti rendimenti mensili o trimestrali in energy point. Le somme investite erano tuttavia vincolate per tre anni, consentendo così di allargare enormemente la leva finanziaria.
Si stima che siano circa 6.000 le persone offese sul territorio nazionale che venivano persuase dai numerosi procacciatori ad investire sul portale, generando un volume di investimenti stimato in circa 80 milioni di euro.
La Procura della Repubblica di Bologna ha disposto in via d’urgenza il sequestro preventivo del portale www.voltaiko.com e di tutti i rapporti finanziari riconducibili alle società coinvolte e agli indagati, da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.
Nel corso delle perquisizioni è stato possibile rinvenire e sottoporre a sequestro criptovalute, dispositivi elettronici, beni di lusso, lingotti d’oro e documentazione di rilevante interesse investigativo.
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