2022-02-01
Macché obbligo di vaccino. La Corte austriaca frena e vuole più dati sui contagi
A dispetto di quanto detto dai media, il Senato può ancora affossare il diktat. Governo messo alle strette su casi, ricoveri e sieri dalla giustizia costituzionale.Il giudice della Corte costituzionale dell’Austria, Andreas Hauer, ha rivolto dieci precisi quesiti al ministro della Salute, Wolfgang Mückstein, che entro il 18 febbraio dovrà rispondere sul perché del lockdown, sui reali contagi e decessi per coronavirus, in base a quale fattore indossare una maschera Ffp2 in ambienti chiusi o all’aperto ridurrebbe il rischio di infezione o trasmissione, e soprattutto sull’efficacia del farmaco anti Covid. Mentre nel Paese d’Oltralpe l’obbligo vaccinale non è entrata in vigore da oggi, a dispetto della comunicazione imperante, un alto magistrato mette alle strette il governo austriaco in una settimana decisiva per le sorti della popolazione che non vuole o non può porgere il braccio allo Stato. Giovedì 3 febbraio l’obbligatorietà sarà all’ordine del giorno della prima riunione del Bundesrat del nuovo anno, prevista per il 3 febbraio. Il Consiglio federale è il secondo ramo del parlamento austriaco, l’equivalente del nostro Senato. Il Consiglio federale può opporsi a decisioni legislative del Nationalrat, il Consiglio nazionale, per questo assume grande rilevanza la mossa di un giudice del Verfassungsgerichtshof (Vfgh) dell’Austria, ovvero della Corte costituzionale. Le informazioni incalzanti richieste da Hauer, professore di diritto pubblico all’Università di Linz, esigono repliche articolate in tema di sanità e di scelte legislative adottate. Vediamo le principali questioni per le quali viene chiesto di fare chiarezza, nel documento redatto a Vienna il 26 gennaio. Innanzitutto il ministro della Salute austriaco dovrà spiegare come vengono conteggiati i ricoveri, gli ingressi in terapia intensiva e i decessi per Covid nelle strutture ospedaliere: sono stati considerati solo i malati di coronavirus o anche i pazienti con altre patologie, risultati positivi al tampone? Una domanda che andrebbe fatta anche a Roberto Speranza, ma con obbligo di risposta alla Corte costituzionale, non a parlamentari che dimenticano di essere rappresentanti del popolo italiano. L’alto magistrato vuole sapere quante, delle persone in rianimazione, risultano contagiate dal Covid in ospedale, e per ogni richiesta precisa che devono essere indicate classi di età e sesso dei pazienti. Fondamentale la domanda che pone circa la diffusione del virus, ovvero le percentuali di contagio registrate in ambito familiare, lavorativo, durante il tempo libero, lo shopping, se in ristoranti, palestre, studi medici e altri settori. Informazioni che risultano utilissime per sapere come i cittadini si contagiano, ma che in Italia cadrebbero nel vuoto, considerato che si è persa la tracciabilità dei contatti. Diversi quesiti riguardano l’efficacia del vaccino nel proteggere dall’infezione o dalla malattia grave, dopo uno, due o tre dosi ma Andreas Hauer chiede dati, percentuali non generiche. Il ministro della Salute deve dire: «Qual è, nell’arco di un anno, il rischio di ospedalizzazione correlato al Covid, in reparto normale o in terapia intensiva, di un giovane di 25 anni non vaccinato; così pure per una persona di 65 anni». Analoghe risposte Wolfgang Mückstein deve darle circa il rischio per chi, nelle stesse fasce di età, ha completato il ciclo vaccinale da tre, sei o nove mesi. Il rischio di ospedalizzazioni o ricoveri in terapia intensiva spalmato sulla popolazione, come fa il nostro Istituto superiore della sanità, e non per età, non serve infatti, se si vogliono adottare misure sanitarie che funzionino. Le ultime domande del Vfgh riguardano proprio il «lockdown per i non vaccinati» e in che misura questo abbia un impatto sui ricoveri o sul rischio di ricoveri. Questo accade in Austria. Nella Ue, intanto, da ieri è entrato in vigore il regolamento europeo sulle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso umano, approvato nel 2014, che avrebbe l’ambizioso progetto di semplificare le procedure e uniformarle a livello europeo. Su di un unico portale, il Clinical trial information system (Ctis), entro un anno dovranno essere inviate le domande di autorizzazione fino alla pubblicazione dei risultati della sperimentazione, mentre l’autorizzazione e la supervisione degli studi rimarrà sotto la responsabilità degli Stati membri. Ci sono diversi aspetti che sembrerebbero interessare i cittadini obbligati a vaccinarsi, in questo regolamento che abroga la direttiva 2001/20/Ce sulla «buona pratica clinica nell’esecuzione della sperimentazione clinica». Stiamo parlando delle disposizioni contenute al capo V, relative alla Protezione dei soggetti e consenso informato. Può essere la svolta giusta per ridare centralità a diritti calpestati? A toglierci illusioni è l’avvocato penalista Renate Holzeisen, che a riguardo ha appena depositato in Senato un approfondimento giuridico. «Il decreto ministeriale del 15 luglio 1997 già afferma che il consenso informato è una procedura mediante la quale un soggetto accetta volontariamente di partecipare ad un particolare studio clinico, e che “i diritti, la sicurezza, e il benessere dei soggetti dello studio costituiscono le considerazioni più importanti e devono prevalere sugli interessi della scienza e della società”, osserva il legale. «Secondo l’Ema, le cinque sostanze attualmente autorizzate in via condizionata quali “vaccini Covid-19” di fatto si trovano in una fase sperimentale, quindi va rigorosamente applicata e rispettata la normativa sulla sperimentazione. Da noi, invece, dal 27 dicembre del 2020, giorno del V-day, viene gravemente violata».
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)