2025-04-17
Persino il figlio di Dio ha bisogno d’un padre di carne che faccia il papà
Gerrit van Honthorst, «Infanzia di Cristo» con San Giuseppe e il Bambino. Nel riquadro, il libro di Silvana De Mari, «Gesù figlio di Giuseppe»
La Natività secondo il Vangelo di San Matteo, vista però attraverso gli occhi di Giuseppe. Il quale, tra mille dubbi e difficoltà, accetta il ruolo di genitore amorevole e di guida per Gesù. Che è il Messia ma è nato a forma di bimbo.Giuseppe sospirò.«Mi hai portato qui per parlarmi dei ceci?», domandò. «Sei tu che hai cominciato a parlare dei ceci. Io volevo parlarti di tuo figlio». «Perché? Cosa ci sarebbe da dire sul bambino?». «Tu questo bambino non lo tocchi mai. Non lo abbracci, non lo picchi, non lo prendi in braccio.»«Non è vero,» rispose Giuseppe piccato.Oltretutto che fosse stata detta una cosa falsa era una violazione dell’interdizione alla falsa testimonianza. «L’ho preso in braccio una volta la notte in cui è nato», cominciò a elencare. «Poi un’altra volta quando l’ho messo sul carro per venire fino qui, e un’altra per farlo scendere e fa tre». Mentre lo diceva si rese conto di quanto stesse dando ragione all’altro, che lo fissò gelido.«Davvero? Lo hai preso in braccio tre volte in un anno e mezzo? Ma sei un padre affettuosissimo, oserei dire quasi appiccicoso», disse Moses con un sorriso soave, poi tornò bruscamente serio. «Io so di chi è veramente figlio quel bambino, con me puoi parlare». Giuseppe sussultò. «In che senso?», riuscì a domandare.«Ma è evidente. Anche la tua sposa è stata stuprata dai romani. Non è la sola».«Il bambino non è figlio dei romani», si indignò Giuseppe. In effetti un’idea del genere era venuta in mente anche a lui quando lei gli aveva detto di essere incinta, ma ora sapeva quanto l’affermazione fosse blasfema.«Stai zitto, taci. Tu sei un giusto, lo so, non puoi mentire, quindi non rispondere nulla.Ascoltami. È successo anche a me, so cosa vuoldire. […]Secondo te come mai, perché, nella nostra religione la religiosità si eredita per via materna e non dal padre, anche se è dal padre che si prendono i campi, le bestie, le cose».«Perché la madre è importante, ha un’importanza infinita, porta il bimbo nel ventre».«Sì certo, ma anche perché siamo il popolo che più di ogni altro ha subito questo orrore sulle sue donne. Gli egiziani, mentre eravamo schiavi, i babilonesi, mentre eravamo schiavi, fenici e filistei in tutte le loro guerre. Non ha importanza. È figlio della tua sposa, è ebreo, tu devi essere suo padre, lui ha bisogno di un padre. […]Ogni figlio ha bisogno di un padre. Fai il padre.Quando passate sulle rocce rosse, non gli dai nemmeno la mano. Se cade lì si fa male su serio!».«Ma tanto non cade mai!», obiettò Giuseppe, esasperato.Moses si infuriò. «Ma come, non cade mai!Certo è molto agile, molto bravo, ma se cade si uccide. Forse il fatto che è così bravo è l’unica scelta che ha, visto che è così poco seguito».[…] Giuseppe restò in silenzio. Gli capitava di rado di aver bisogno che qualcuno gli insegnasse qualcosa, ma quando capitava aveva l’onestà di riconoscerlo: anche questo faceva parte dell’essere un giusto. Guardò a lungo Moses.«Grazie», disse alla fine.Quella era la verità che gli mancava.Il Messia era nato a forma di bimbo piccolo.Era così e basta. E questo doveva essere sufficiente perché lui capisse il suo ruolo. […]Doveva comportarsi con Gesù come se fosse stato un bimbo qualsiasi, un bimbetto di un anno e mezzo che aveva bisogno di un padre, un bimbo particolarmente intelligente, particolarmente giudizioso, e ubbidiente e buono, ma comunque un normale bambino.[…]Lui era sempre partito dal presupposto che il Bambino sapesse già tutto. […]Questo non aveva importanza. Lui aveva la funzione di padre e quindi quella di colui che insegna. Se l’Altro sapeva già tutto, si sarebbe annoiato ad ascoltarlo, pazienza, non era grave.[…] Tornò a casa: disse a Maria che avrebbe portato il Bimbo con sé alla bottega. Tanto per cominciare a insegnargli qualcosa. Certo era un bimbo piccolo sapeva camminare e non parlare, ma poteva cominciare ad aiutarlo. Maria lo fissò e si illuminò. Benissimo, così poteva andare con le altre donne al mercato camminando più speditamente. Si precipitò a preparare il Bimbo e glielo consegnò con addosso la tunichetta della festa, quella più bella. Anche il Bimbo aveva l’aria molto contenta, anzi radiosa. Tutti erano felici che lui facesse il padre. Si sentì molto contento anche lui. Finalmente uscì dal suo costante sentirsi inadeguato. Era stato scelto lui. Doveva fidarsi.Si incamminarono. […]Arrivati alle rocce rosse Giuseppe lo prese per mano, trovando non spiacevole, ma anzi molto tenero che fosse un po’ impiastricciata di miele, si sentì contento. «Qui potresti cadere, ti aiuto», disse. Il Bambino lo guardò stupito, ma poi sorrise gli strinse forte la mano. Gli piaceva. […]Arrivarono alla bottega. Giuseppe si vergognò per la normale polvere e gli inevitabili trucioli per terra, mentre il bambino guardava tutto con occhi incantati.«Avrei dovuto portarlo prima», pensò Giuseppe. Piallò due assi che dovevano diventare una porta. Il piccolo aveva gli occhi spalancati, non perdeva nemmeno un movimento. […]Quindi non sapeva. Non aveva tutto nella sua mente, non ancora almeno. Aveva bisogno di un padre, era nato avendo bisogno di un padre. Sicuramente la conoscenza totale era dentro di lui, ma ora era un bambino che aveva bisogno che gli si insegnasse per tirarla fuori, come aveva avuto bisogno del ventre di sua madre e del suo latte. […]Era nato bambino, un bambino che doveva provare tutta la gioia riservata ai bambini. Giuseppe prese uno stecco e cominciò a scrivere le lettere dell’alfabeto ebraico sul pavimento di terra battuta, mentre ne pronunciava i nomi, Alef, Beth Gamel mentre il piccolo guardava attentissimo, con gli occhi spalancati. Il suono del Verbo era stato l’inizio della creazione, che era quindi cominciata con le lettere dell’alfabeto. Quando ebbe finito indicò la Mem.«Questa è la lettera con cui comincia il nome Maria, il nome della tua mamma. È anche un numero, il numero 40, il numero di anni in cui Moses è stato nel deserto. Con la Mem comincia anche la parola majim, acqua, infatti la lettera Mem ha la forma di un pozzo, quaranta giorni nel deserto con la compassione dell’acqua». […]Il Bimbo accoccolato per terra fissava la Mem con una felicità commossa.«E questa è la Jod», indicò ancora Giuseppe. «La lettera con cui cominicai l tuo nome, la lettera con cui comincia il mio nome.[…] Il bambino annuì con cortese disinteresse e ricominciò a contemplare la Mem pieno di gioia. Era la norma per tutti i padri che i bimbi volessero più bene alla mamma che li aveva portati ancora ciechi nel suo ventre, aveva dato loro la delizia del latte, era giusto. Giuseppe sospirò. «Vuoi che ti insegni a scrivere il suo nome?», domandò.Il Bimbo annuì felice. Giuseppe tracciò le lettere, poi gli passò il bastoncino. Il piccolo si concentrò e corrugò anche la fronte per lo sforzo, mentre tracciava con la precisione di un incisore segni sontuosi e perfetti. Poi scrisse anche il suo nome, quello di Giuseppe, quello del popolo di Israele. Aveva capito il meccanismo. Imparava immediatamente, evidentemente aveva già dentro di sé tutte le conoscenze, ma aveva bisogno di qualcuno che le facesse zampillare. […]«Dio creò il cielo e la terra, la terra era informa e vuota». osò dettare Giuseppe, perché il Bimbo rendeva tutto possibile, anche la libertà di pronunciare il Nome. Il Bimbo scrisse con la sua grafia bellissima, poi si fermò, corrugò la fronte e quindi aggiunse, «le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque». Tutto zampillava non appena Giuseppe cominciava, era come se tutta la conoscenza fosse nel bimbo in attesa che Giuseppe la liberasse. A lui era stato dato il dono della paternità, al bimbo il piacere di imparare dal genitore, uno dei più grandi piaceri del mondo.[…] Mentre riordinava le asce Gesù lo tirò per la tunica per mostrargli un topino uscito da chissà dove per venire a cercare qualcuna delle loro briciole. Nel girarsi a guardare fece un gesto malaccorto e causò la caduta di una grossa pialla che centrò in pieno la bestiola uccidendola. Si chinò, levò la pialla, il corpicino della bestiola giaceva spiaccicato e sporco di sangue.«Mi dispiace», scappò detto a Giuseppe. […]Il bimbo si chinò sul topino e lo prese tra le manine. Il suo viso era intenso, quasi corrucciato per lo sforzo. Il sangue scomparve. Il topolino sussultò. Il bimbo lo rimise per terra poi mentre la bestiola fuggiva via, lo fissò trionfante. Giuseppe era basito. Anche terrorizzato. Si chiese cosa sarebbe successo se mai il bimbo fosse arrivato al mercato del pesce, o anche solo in una cucina con un paio di polli appesi che aspettavano di essere spennati. Eppure Maria riusciva a cucinare. Era stato lui, probabilmente, dichiarando dispiacere, a creare una situazione nuova. In tutti i casi lui aveva di fronte il Signore della vita e della morte, il Signore della storia. […] Giuseppe prese fiato prima di parlare: «La morte esiste ed è una parte della vita, senza la quale la vita non potrebbe esistere. La morte è stata voluta come la vita», cominciò lentamente. Il bimbo lo fissava attento, di nuovo Giuseppe ebbe l’impressione di star dando qualcosa di cui l’altro aveva bisogno. Era come levare un sasso che bloccava una sorgente, una sorgente che lui non sarebbe nemmeno stato mai in grado di comprendere appieno, che aveva bisogno della sua azione di levare il sasso per sgorgare. «Possiamo dispiacerci per la morte di qualcuno, perché è brutto da vedere come per il topolino, oppure perché era una persona cui volevamo bene, certo, ma senza la morte non è possibile la vita, se nessuno morisse non ci sarebbe spazio per le nuove vite. Ecco, vedi, prima o poi anche io morirò».Il Bimbo fece di no con la testa deciso, poi con un sorriso trionfante afferrò Giuseppe per la tunica e si portò la mano al petto, il gesto inconfondibile del ci penso io. «No», disse Giuseppe. «Io morirò e tu dovrai lasciarmi andare. Preziosa è agli occhi dell’Eterno la morte dei suoi fedeli».Il Bimbo lo fissò a lungo. Alla fine annuì.Giuseppe finalmente capì la storia del vasetto di miele. Fu una folgorazione. Avrebbe dovuto arrivarci prima. «Un’altra cosa. Sei stato tu, vero a riempire il vasetto di miele vuoto, vero?».Il Bimbo annuì trionfante, era stato lui ed era stato bello.«Certo è stato bello, ma non farlo. Tu darai dei segni, quando il momento sarà venuto. Ora sei un bambino e ora devi passare inosservato. Non fare nessuna cosa che io e la tua mamma non siamo in grado di fare».Il visetto del Bimbo crollò. Tutta la gioia scomparve. Lo fissò poi abbassò gli occhi.«Allora faremo così. Noi abbiamo dell’oro. Ce l’hanno portato i saggi che seguivano la stella. È molto. Anche tenendo per noi tutto quello che potrebbe servirci in una qualche evenienza, ne avanza. Domattina vado al mercato, anzi ci andiamo insieme, e compriamo un carretto di ceci e un vaso di miele per Moses e la sua famiglia, e gliene mandiamo uno uguale tutti i mesi, così che possa avere i migliori ceci della regione per la sua locanda e i suoi bambini abbiano sempre il miele».Il bambino rise felice e batté le mani. Anche Giuseppe si sentì ferocemente felice. «Torniamo dalla mamma,» propose.Si avviarono tenendosi per mano.Oramai quasi a casa passarono vicino a un vecchio muro su cui si arrampicava un cespuglio di rose. La più bella era in alto. Il bambino la indicò, contro il cielo che stava diventando color indaco.«Per la mamma?», domandò Giuseppe. Il bambino annuì felice.«Ora la prendo», disse Giuseppe, tirando fuori il piccolo coltello che portava alla cintura. Il Bimbo annuì, ma il sorriso si era un po’ spento.Non era quello che voleva.«Vuoi prenderla tu?», intuì Giuseppe. Il Bimbo annuì felice. Giuseppe lo prese in braccio, gli dette il piccolo coltello, gli fece le inutili raccomandazioni di non pungersi con le spine e non ferirsi, tanto non si sarebbe né punto né ferito, ma lui doveva farle, e lo vide fare un taglio perfetto per prendere il fiore. Lo rimise giù e in quel momento con la coda dell’occhio colse un movimento. Si girò.Dallo stelo tagliato stava venendo giù una cascata di nuove rose, erano decine, una più bella dell’altra, coprivano tutto il muro. Guardò il Bimbo che allargò le braccia, il gesto inconfondibile che vuol dire mi è scappato, non l’ho fatto apposta.«Non importa, non ci ha visto nessuno,» lo rassicurò Giuseppe.Il Bimbo rise, poi corse verso la casa, felice di portare un fiore alla mamma, come tutti i bambini.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.