2022-12-27
Nuova instabilità in Libia, un guaio per l’Italia
Il generale Khalifa Haftar, sostenuto da Mosca, è a caccia di risorse economiche per mantenere il potere anche in vista di prossime elezioni. E se non dovesse trovare un equilibrio con Tripoli, incendierà il Fezzan: da qui passano migliaia di immigrati diretti nel nostro Paese.In Libia la situazione peggiora. E rappresenta un grosso problema per il nostro Paese e per il governo di Giorgia Meloni.Dalle coste libiche arriva più della metà degli immigrati clandestini, mentre sui territori dove governava Gheddafi la situazione tra le varie fazioni resta tesa, anche se al momento sono state smentite le ipotesi di secessione da parte del generale Khalifa Haftar. Come noto, la capitale Tripoli ed il Nord-ovest del Paese sono controllati dal Governo di unità nazionale (Gnu), guidato dal premier Abdul Hamid Dbeibah, mentre la Cirenaica e il Fezzan sono governati da Fathi Bashaga, anche se in realtà a comandare da queste parti è il generale dell’esercito nazionale libico Haftar, sostenuto dalla Russia di Vladimir Putin. Le ultime elezioni si sono svolte nel 2014. Lo scorso anno ci fu un tentativo di organizzare una tornata elettorale proprio il 24 dicembre, poi andato a vuoto e rinviato a data da destinarsi. La guerra civile non sembra imminente, ma la situazione continua a rimanere instabile: anche ieri un gruppo armato guidato dalle forze di Haftar ha aperto il fuoco su due cittadini nella città di Al-Bayda, nel Nord del Paese.La scorsa settimana erano circolate alcune voci rispetto a una possibile dichiarazione di secessione e di autogoverno da parte di Haftar. Ma nel suo discorso in piazza Keesh a Bengasi alla vigilia di Natale (il 24 dicembre si ricorda il giorno dell’indipendenza del 1951), il generale ha tranquillizzato la comunità internazionale. Questo passo indietro, stando a The Libya Observer, sarebbe dovuto al fatto che il presidente della Camera dei rappresentanti, Aqila Saleh, e il numero uno dell’Alto Consiglio di Stato, Khalid Al-Mishri, hanno annunciato la ripresa del dialogo per raggiungere un nuovo accordo costituzionale per lo svolgimento delle elezioni: sarebbe stata una mossa preventiva per fermare Haftar.Nel suo discorso di sabato, il generale ha parlato di «ultima possibilità» per tracciare una tabella di marcia che preveda, appunto, lo svolgimento delle elezioni. Ha poi sottolineato la necessità di un’equa distribuzione delle entrate petrolifere, ricordando che «solo i libici sono in grado di risolvere il loro problema e formare uno stato libico unificato». A quanto apprende La Verità, tutto ruota come sempre intorno alla ricerca di risorse economiche da parte di Haftar, sia per mantenere il suo potere sia in vista di una prossima campagna elettorale. Il generale, infatti, non può vendere petrolio direttamente sui mercati internazionali, ma può intervenire sulla produzione. In questo modo continua a tenere in scacco il governo di Tripoli.Ma non basta. Non a caso, negli anni passati, il generale ha chiesto alla Russia di stampare dinari libici. Di questi, già un miliardo è stato sequestrato a Malta, su richiesta degli Stati Uniti. Per di più, a fine novembre, è stato licenziato Ali al Hibri dalla carica di vicegovernatore della Banca centrale libica. Ufficialmente sarebbe stato accusato di corruzione, ma in realtà si sarebbe opposto all’immissione di nuovi dinari stampati in Russia nel sistema economico finanziario della Cirenaica. Non solo. Il sito web African Intelligence, ritenuto vicino ai servizi segreti francesi (Dgse), segnalava a metà dicembre che Saddam Haftar, il figlio del generale, stesse cercando di prendere il controllo delle istituzioni bancarie nella Libia orientale per usarle come fonte di finanziamento per rafforzare la sua base di potere e pagare gli stipendi delle sue forze militari. Saddam Haftar è la mente economica del padre e sta, appunto, cercando di raccogliere nuove risorse in vista di una possibile competizione elettorale.In questa situazione, a farne le spese è il nostro Paese. Secondo il bollettino pubblicato dal ministero dell’Interno il 23 dicembre, nel 2022 sono sbarcati in Italia ben 101.127 immigrati clandestini, molti in più rispetto ai 64.612 del 2021 e ai 33.863 del 2020. La maggior parte di loro sono egiziani (20.486), poi ci sono i tunisini (17.931), quindi quelli del Bangladesh (14.381). Cinquantunmila arrivano proprio dalla Libia, paese di transito.Fonti del Viminale segnalano che il numero di migranti potrebbe aumentare durante l’estate, arrivando ai livelli del 2015, quando sulle coste del nostro Paese arrivarono 150.000 immigrati. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani sta lavorando a un accordo proprio con il ministro degli Esteri libico Najla Al-Mangoush. Ma, allo stesso tempo, il nostro Paese guarda anche alla situazione del Fezzan, porta dell’Africa. Qui, secondo il vicepremier del governo di unità nazionale di Tripoli Ramadan Ahmed Boujenah (in visita a Roma nelle scorse settimane), l’Italia dovrebbe avviare nuovi progetti «economici utili a favorire stabilità e sicurezza» nella regione «ricca di risorse naturali, come uranio, oro, gas e petrolio».Da queste parti a comandare è proprio il figlio del generale Haftar, sempre più ago della bilancia della situazione libica. E se Bengasi non dovesse trovare nel breve un suo punto di equilibrio, c’è da scommettere che appiccherà nuovo fuoco proprio nel Fezzan. Nuovi scontri, meno flussi di materie prime e ancor più traffico di esseri umani.