2023-07-18
Le nozze combinate generano lutti. Le donne vanno difese da un certo islam
I casi di Hina Saleem o di Sanaa non sono isolati: chi non china la testa davanti al matrimonio stabilito da altri rischia la vita. Ho cominciato a occuparmi di multiculturalismo nel 2011. Due giovanissime donne erano state assassinate in Italia, mentre in Pakistan era stato assassinato il ministro per le Minoranze culturali. Ho cominciato a parlare di queste due giovanissime e poi anche di altre migliaia di donne e giovanissime, quando non ragazzine, che in Italia non sono state ammazzate perché hanno chinato la testa davanti alla barbarica usanza di un matrimonio stabilito da altri, un matrimonio all’interno della propria religione, una religione che vieta alle proprie figlie di disporre di sé. Ho ricevuto un post, qualche settimana fa, da una signora italiana, sposata a un uomo di origine pachistana, che mi ricordava come, nell’islam, i padri amino le loro figlie e che suo suocero ha scelto per sua figlia un ragazzo che a lei piace. Non metto in dubbio che, nella maggior parte dei casi, sia così. Per inciso, è la trama del 60% dei film di fattura indiana e dell’80% dei film di fattura pachistana: il padre sceglie lo sposo che, per fortuna, piace alla figlia. Ma cosa succede nei casi in cui il padre non è benevolo e sceglie indipendentemente dai voleri della figlia e contro di essi? E se questa figlia si fosse scelta un uomo da sola e se questo uomo fosse stato induista, sick, cristiano o buddista? Se fosse un ebreo? Un funzionario dell’ambasciata israeliana? Avrei dovuto incontrare l’onorevole Souad Sbai nel 2011, a una conferenza con Nello Rega in un minuscolo paesino del Piemonte. L’onorevole Sbai non è potuta venire e, al posto suo, è intervenuta l’avvocato Loredana Gemelli. Facciamo un riassunto. L’onorevole Sbai, presidente dell’associazione Donne Marocchine in Italia, ha una fatwa sulla testa ed è la prima persona che è riuscita a far riconoscere come l’emissione di una fatwa di condanna a morte debba essere perseguita per istigazione a delinquere. L’avvocato Loredana Gemelli, in prima linea nella difesa dei diritti delle donne musulmane, è stata minacciata anche lei più di una volta. È stata lei a rappresentare la parte civile nel processo per l’omicidio di Hina Saleem, la ragazza pakistana ammazzata dal padre perché aveva deciso di vivere con un italiano, e a stare dalla parte della vittima nel giudizio contro il padre di Sanaa, uccisa a Pordenone da un genitore-padrone marocchino. Senza la tenacia e la determinazione di Loredana Gemelli sarebbe passata la orrida tesi del «delitto culturale», che nel nostro codice penale non esiste, ma va bene lo stesso. Più volte minacciato è stato anche Nello Rega, autore di un libro Diversi e divisi. Diario di una convivenza con l’Islam, volume dove afferma che il cristianesimo e l’islam sono e sempre saranno incompatibili: islam e democrazia sono incompatibili e sempre lo saranno. Io ho parlato di fisiopatologia dell’islam, dei danni del velo, di quelli del ramadan e di cosa sono veramente le mutilazioni sessuali. Poi ci siamo detti tutti d’accordo su quanto ci sia da riformare circa la condizione della donna nel mondi islamico. Non c’era quasi un accidente di nessuno a sentirci, ma quei pochi presenti si sono spellati le mani per applaudirci. Se ci fosse stata più gente, se fossimo riusciti ad arrivare al mainstream con le nostre tesi molto scomode, forse ora non staremmo cercando i parenti di un’altra ragazzina assassinata. Buona notte Hina e buona notte Sanaa, giovanissime martiri della libertà: spero che qualcuno vi abbia portato le mimose, a voi e a tutte quelle che vi hanno seguito. E buona notte anche a lei, ministro Shahbaz Bhatti , ministro pachistano barbaramente assassinato il 2 marzo 2011 a 42 anni perché era riuscito a salvare Asia Bibi. Buona notte anche a lei, visto che ora è dall’altra parte delle stelle. Noi che andiamo a dormire tutte le sere in case sicure, non sappiamo, non capiamo che cosa significa davvero essere «di frontiera». Si dice così, vero? È questo il confine che indica il vivere minacciati, il non sapere se la sera si tornerà a casa. Ricorderemo il suo testamento: «La mia battaglia continuerà, nonostante le difficoltà e le minacce che ho ricevuto. Il mio unico scopo è difendere i diritti fondamentali, la libertà religiosa e la vita stessa dei cristiani e delle altre minoranze religiose. Sono pronto a ogni sacrificio per questa missione, che assolvo con lo spirito di un servo di Dio. Ora vi è ancora molto lavoro da fare, dobbiamo affrontare sfide molto serie come quella sulla blasfemia. Cercherò di testimoniare, nel mio impegno, la fede in Gesù Cristo». Dopo di lui innumerevoli cristiani sono stati assassinati, un infinito numero di innocenti ha sparso il proprio sangue dal Pakistan al Kenia, dalla Libia alla Nigeria. Se le nazioni cristiane non avessero rinnegato il cristianesimo, tutto questo non sarebbe successo.
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo
Papa Leone XIV (Ansa)
«Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti», ha detto Papa Leone nel suo discorso al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Padre, madre, figlio, figlia, nonno, nonna sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza di garantire a tutte le famiglie - è l'appello del Papa - il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità».
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