2023-10-04
Non solo crisi per l’industria pesante. L’Azovstal ucraina verso Piombino
Rinat Akhmetov (Getty Images)
Per Metinvest e Danieli, dopo il no dei comuni friulani al loro progetto, si apre l’ipotesi del polo toscano. Attiriamo investimenti, ma le beghe locali li fanno fuggire. Adolfo Urso ferma la chiusura della Marelli di Crevalcore.L’Italia ribolle di crisi d’impresa, ma anche di investitori. Succedono cose positive e negative al tempo stesso, che riflettono le contraddizioni ma anche le opportunità del Paese. L’altro ieri Glencore, multinazionale mineraria con sede in Svizzera e dal fatturato di 250 miliardi, ha fatto sapere che avrebbe voluto realizzare a Portovesme in Sardegna (investendo 300 milioni) un progetto pilota propedeutico alla realizzazione dell’hub per la lavorazione di materiali critici per la produzione di batterie al litio riconvertendo un suo stabilimento nel Sulcis. La Regione Sardegna ha però deciso di sottoporre il progetto a Valutazione di impatto ambientale completa (la cosiddetta Via) . «Ci vorranno mesi prima di arrivare a una decisione», hanno spiegato i vertici di Glencore minacciando la ritirata. Ieri mattina Adolfo Urso, ministro al Made in Italy, intervistato da Radio 24, si è detto pronto a intervenire, ma prima avrebbe voluto vedere il piano industriale. La qual cosa non esclude, purtroppo, un irrigidimento prolungato della Regione. Caso molto simile a quello che sta coinvolgendo il Friuli Venezia Giulia. Sebbene qui a bloccare un mega investimento siano otto piccoli Comuni, secondo la rispettiva competenza territoriale. Si tratta di una joint venture tra la Metinvest di proprietà di Rinat Akhmetov, lo stesso dello stabilimento Azovstal di Mariupol in Ucraina, e il gruppo Danieli. Capacità produttiva di oltre 2,5 milioni di tonnellate (poche meno di quanto fa l’ex Ilva di Taranto). Investimento totale del progetto: oltre 2 miliardi di euro. «Nel frattempo da un anno in Friuli, dove nell’area industriale di San Giorgio di Nogaro c’è una delle zone ideali per ospitare questa acciaieria supermoderna e a impatto zero, è iniziato», spiegava Gianpietro Benedetti, presidente del gruppo Danieli un mese fa all’Ansa, «un bombardamento ideologico preventivo non partito dalla gente ma da un gruppetto che consapevolmente ha organizzato assemblee pubbliche in cui hanno raccontato un sacco di frottole». «Frottole», ha spiegato ancora, «perché non avevano nessun dato. Li abbiamo noi solo adesso. Alcuni politici da destra a sinistra deplorevolmente sono saliti sul carro». Risultato: progetto fermo e offerta da parte della Repubblica Ceca di ospitare l’intera struttura con l’aggiunta di incentivi. Per fortuna sembrano aprirsi altre strade. A quanto risulta alla Verità, una di queste porterebbe dritta a Piombino. La prossima settimana è previsto l’avvio del primo round di incontri. Coinvolto anche il Mimit e i rappresentanti della controparte. Certo, in caso di semaforo verde si prenderebbero due piccioni con una fava. Lo stabilimento di Piombino è in crisi da anni. L’ingresso nella compagine di Invitalia circa tre anni fa non è servito a sbloccare nulla. Le commesse per l’azienda ex Lucchini (poi dei russi di Severstal, dei tunisini di Cevital e infine degli indiani di Jindal con la mediazione di Marco Carrai) languono. Celebre per i binari, ne produce ormai pochissimi. L’arrivo di un colosso come Azovstal sarebbe una ottima notizia e metterebbe un po’ di linfa nel settore dei laminati. Certo, la strada appare tutta in salita. Quando si aprono i vasi di pandora come quelli di Ilva o Piombino non si sa mai cosa ne esce. Però far scappare il gruppo Danieli nell’Est Europa significa mettere la parola fine alla possibilità di mantenere l’Italia tra i big dell’industria pesante. Ci riferiamo anche all’attuale situazione di Taranto, che non ha gli occhi per piangere: figuriamoci i soldi per pagare le bollette. Il Paese dovrà fare sempre più i conti con la transizione green imposta dall’Ue. È vero che le prossime elezioni europee potrebbero cambiare lo scenario (interessante la mancanza dei numeri ieri a Bruxelles per decidere il sostituto di Frans Timmermans), ma se Ursula von der Leyen resterà presidente dovremo comunque fare i conti con gli schemi energetici ed elettrici decisi dall’attuale a maggioranza socialista. Per questo serve accelerare adesso prima che diventi ancor più difficile. Regioni e Comuni ci mettono la loro a complicare la vita a chi vuole investire. Se non bastassero appunto gli stravolgimenti industriali. Esattamente ciò che sta capitando a Crevalcore dove ha la sede uno degli stabilimenti Magneti Marelli, ex Agnelli e ora legati al fondo Kkr. La transizione green ha depotenziato le batterie tradizionali e da qui la cassa integrazione e la decisione di vendere e chiudere. Non necessariamente nello stesso ordine. Ieri anche su questo tema è intervenuto Urso imponendo lo stop alla procedura di licenziamento sine die. La proprietà ha dato mandato agli advisor di cercare investitori. Finché non li trovano tutto resta congelato. Non significa però lavoro. Ecco che ribollono tante cose. Nel caos ci sono opportunità come quelle di Danieli e dei soci ucraini. Le finestre però, si sa, sono strette.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.