
Per sanare la carenza di mezzi, la giunta meneghina ritiene sufficiente aumentare i permessi. Ma il servizio è in panne per l’abolizione delle corsie preferenziali, le piste ciclabili e le doppie guide date con il contagocce.Risolvere i problemi a spese degli altri, evitando di farsi un bell’esame di coscienza sulle cose che non funzionano in città. Con questa filosofia prosegue la trasformazione di Milano secondo il progetto del sindaco Giuseppe Sala, che ha in mente una città molto «green», dove si entra sempre più a fatica e dove si vive a caro prezzo.L’ultimo episodio riguarda i taxi e la ciclica polemica sulle auto bianche introvabili. Il problema in alcune ore della giornata esiste ed è innegabile ma, anziché velocizzare il traffico e aumentare le corsie preferenziali, il Comune sta pensando di chiedere alla Regione un aumento del 20% delle licenze. Il tutto mentre il bando per la possibilità di far guidare i taxi a un familiare, che sarebbe un ottimo sistema per risolvere il problema senza danneggiare nessuno, è stato chiuso senza alcuna motivazione razionale. La scorsa settimana Sala ha affermato che intende chiedere più licenze e, nei giorni scorsi, il suo assessore alla Mobilità, Arianna Censi, le ha quantificate in mille. Si tratterebbe di un aumento considerevole, rispetto alle attuali 4.850, che oggi mediamente valgono intorno ai 140.000 euro e, quindi, rischierebbero di deprezzarsi. Non solo, ma a differenza di quanto avvenne nel 2006, quando vennero aumentate le licenze e l’80% del ricavato fu redistribuito ai tassisti, questa volta l’amministrazione comunale medita di assegnarle gratuitamente. Già questo spiega perché le organizzazioni dei tassisti siano contrarie, ma se si parla con Claudio Severgnini, presidente di Tam (Tassisti artigiani milanesi), si scopre che non c’è una chiusura totale e che il Comune, semplicemente, si sta muovendo male. «L’intangibilità del numero delle licenze non è un dogma», spiega Severgnini, «ma noi chiediamo al Comune una corresponsabilità di fronte al problema della scarsità dei taxi, perché il fenomeno ha una serie di ragioni ben precise, che vanno dalla lentezza del traffico alle corsie riservate, passando per i buchi nel servizio dei trasporti pubblici e per il problema dei collaboratori familiari». E già, le cose sono sempre più complicate di come appaiono, boutade a parte.Cominciamo dalla viabilità. Il Comune sostiene che la velocità media del traffico privato oscilli tra i 15 e i 18 chilometri orari, a seconda degli orari. Ai tassisti, che guardano Tomtom e Google Maps, risulta che, nelle ore di punta, si scenda a 7,5-8 chilometri orari. Significa che, nelle ore di maggior traffico, una corsa che dovrebbe durare 20 minuti ne dura 40 e si dimezza la disponibilità di macchine per il pubblico. Tra i fattori che giocano a sfavore ci sono, negli ultimi dieci anni, la pesante riduzione di corsie preferenziali (da corso di Porta Vittoria a via Ripamonti), l’aver puntato sui jumbo tram anche in centro a discapito di mezzi pubblici piccoli e veloci, i ritardi sui semafori intelligenti, i tagli ad alcune linee di autobus e una metropolitana che dovrebbe lavorare ventiquattro ore su ventiquattro. Come a Copenaghen dove, per ironia della sorte, la metro è gestita da Atm. E i milanesi sanno bene che cosa vuol dire andare a un concerto, fare le corse per prendere l’ultima metro o cercare un taxi dopo mezzanotte.E poi c’è il problema delle cosiddette «piste ciclabili» che, in realtà, in gran parte dei casi non sono vere e proprie piste, in sede propria e protette, ma semplici corsie ciclabili, la cui proliferazione rallenta il traffico e lo rende meno sicuro. Però servono alla propaganda green. Lo stesso Severgnini, a riprova che manca il dialogo con il Comune, racconta che la sua organizzazione, in questi cinque anni, ha fatto 40 segnalazioni per migliorare la viabilità. Segnalazioni che partono da una preziosa esperienza sul campo quotidiana. «In 28 casi siamo stati ignorati», dice il presidente di Tam, «e in 18 casi ci hanno risposto, ma ovviamente bocciando le nostre proposte». Insomma alla Mobilità di Milano sono nati «imparati». Anche ammettendo che il traffico di Milano sia scorrevole e che la rete di trasporto pubblico sia sufficiente, resta il problema delle licenze. Sono tante, sono poche? Se prendiamo per buono il numero sparato dall’assessore, ovvero mille licenze in più, allora prima si dovrebbero fare i conti sulle doppie guide, estensibili fino al terzo grado di parentela. Oggi ci sono circa 250, tra mogli, figli e cognati, che fanno i turni con il tassista titolare e questo consente a una macchina di circolare 16 ore anziché 10 al giorno. Tra maggio e giugno il Comune ha riaperto il bando per i tassisti familiari e ne ha ammessi altri 97. Ma la domanda è più elevata e il sistema per sfruttare meglio questa possibilità introdotta nel 2006 dall’allora ministro Pierluigi Bersani sarebbe semplicissimo: rendere il bando permanente.Intanto, le opposizioni preparano le barricate. Come ha detto Francesco Rocca, consigliere comunale di Fdi, «il Comune vuole calare dall’alto queste licenze senza considerare la categoria e senza aver fatto le specifiche analisi del caso. Avendo a che fare con migliaia di lavoratori non ci si può basare, specialmente per prendere decisioni importanti, su percezioni, segnalazioni o campagne mediatiche che screditano la categoria».
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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