2019-01-12
New Trolls sovranisti. E Baglioni cancella la canzone dal festival
Censurato il brano in cui si parla di «troppi occhi sconosciuti». Sanremo accoglie soltanto melassa politicamente corretta.Salvate il comiziante dai baglionisti che hanno perso il senso del ridicolo. Si invoca la mobilitazione antiregime ma si vuole far tacere un membro del cda Rai.Lo speciale comprende due articoli e il videoclip della canzone.Sembra di sentirlo Claudio Baglioni che scimmiottando un vecchio jingle pubblicitario con la vocetta da Gatto Silvestro ammonisce: «Eh no, a Sanremo non si può». Il Jacques Prévert de noantri non vuole testi che pongano problemi all'Ariston dove il buonismo deve colare come melassa politicamente corretta. Prima della sua polemicuccia contro Matteo Salvini che sarebbe trascurabile se non fosse che è indice dell'ipocrisia che ricopre il tema dell'immigrazione, il menestrello attempato aveva già colpito duro cassando senza nessuna spiegazione la canzone proposta da due miti della nostrana musica: Nico Di Palo e Gianni Belleno che vuol dire New Trolls. Cioè la colonna sonora dell'Italia poprock. Nico e Gianni, che erano il nocciolo duro dei New Trolls, hanno deciso di partecipare a Sanremo per raccontare con la loro canzone quanto hanno raccolto nei volti e nei racconti delle persone che hanno affollato fino all'inverosimile il tour di concerti che hanno compiuto l'anno scorso. Così è nata Porte aperte. Già il titolo ha fatto inarcare il sopracciglio buonista di Claudio Baglioni, quando poi ha letto quel verso e lo ha ascoltato (la canzone è bellissima, ha un attacco di batteria in cui Gianni Belleno condensa la sensibilità di quarant' anni di carriera, il ritmo sostenuto, il testo giustamente duro, l'assolo di chitarra di Nico Di Palo è rock puro tanto è penetrante) ha chiuso l'audizione senza dare spiegazioni. Qual è il passaggio scomodo? Questo: «Noi siamo qui a ricordare / queste verità di un'unione fatta di parole e di ipocrisie le nostre porte aperte al mondo / e il terremoto che le spazza via. E la paura poi ci assale / nelle vie delle città, non ci permette più di camminare / con l'amata libertà / sono troppi gli occhi sconosciuti». Ma si può? Ma anche voi che siete stati (e in realtà ancora lo siete) i New Trolls potete diventare sovranisti perché ce l'avete con l'Europa e quasi salvinisti perché parlate di troppi occhi sconosciuti (che sarebbero gli immigrati)? E così li hanno sbattuti fuori dall'Ariston. In realtà Claudio Baglioni quest'anno, nel selezionare i cosiddetti big, si è preso molte libertà: ha preso a mani ampie dagli youtuber e dai talent. Insomma, se uno viene da Amici è già un Vip. Poi ha ripescato Nino D'Angelo e ha dato spazio a chi canta col megafono antirazzista, antifascista, antitutto promuovendo brani come Dov'è l'Italia. «Che qualcosa attorno a noi dopo questa canzone sia cambiato», confida Rosy Belleno, la manager della coppia d'assi, «lo abbiamo avvertito anche in questi giorni. Io pensavo che avessimo il torto di aver inciso con un'etichetta indipendente che a Baglioni non piace, due giorni fa però dopo un passaggio a RadioItalia ci era stato annunciato un servizio del Tg1, ma improvvisamente la troupe ha avuto un altro impegno. Non voglio pensare che la musica vada bene solo se dice ciò che è politicamente corretto, ma comincio a sospettarlo. E soprattutto non mi aspettavo che Baglioni ci trattasse in questo modo». Perché? Perché c'è un'antica consuetudine tra il duo Belleno-Di Palo e il direttore artistico del festival: i New Trolls hanno inciso una splendida versione di Poster (uno dei successi baglioniani) e sono stati ospiti spesso a O'Scia, il festival che Baglioni organizza a Lampedusa. Già perché lui sull'isola dei migranti è davvero quasi uno Scià. È bene sapere che con la sua maglietta fina si è costruito a Lampedusa un villone cosi notevole nelle dimensioni da essere diventato una destinazione turistica: è recensito perfino su Trip Advisor dove Cala Creta ora è indicata come Cala Baglioni. Non risulta che nessun immigrato abbia mai trovato ospitalità in quella mega villa (regolare visto che è passata indenne da una ventina tra sequestri e atti giudiziari), né che Baglioni abbia mai contribuito ad alleviare i patimenti dei migranti che approdano a Lampedusa se non con un concerto spontaneo. Per la verità nel 2011 sei tunisini si attovagliarono a casa Baglioni, ma furono cacciati (giustamente) dalle forze dell'ordine. E tuttavia il direttore artistico di Sanremo ha trovato modo di dire a Matteo Salvini durante la presentazione del festival: «Se la situazione non fosse drammatica, ci sarebbe da ridere. Non si può pensare di risolvere il problema immigrazione evitando lo sbarco di 40-50 persone, siamo alla farsa». Con ironica risposta del ministro dell'Interno («Canta che ti passa»), la stizzita replica della neodirettrice di Rai 1 Teresa De Santis («Finché ci sono io a Sanremo, Baglioni mai più») e l'immancabile invocazione della commissione di vigilanza da parte del Pd.E così la faccenda dei migranti finisce in melodramma. Ah, sia detto per inciso: la canzone Porte aperte passa ogni due ore su Radio Padana Libera. Ma come avrebbe detto Edoardo Bennato: sono solo canzonette! OF NEW TROLLS - Porte Aperte youtu.be <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/new-trolls-sovranisti-e-baglioni-cancella-la-canzone-dal-festival-2625752907.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="salvate-il-comiziante-dai-baglionisti-che-hanno-perso-il-senso-del-ridicolo" data-post-id="2625752907" data-published-at="1758193217" data-use-pagination="False"> Salvate il comiziante dai baglionisti che hanno perso il senso del ridicolo Non sappiamo dirvi se il passerotto sia andato via, ma se per caso fosse volato da qualche altra parte non si potrebbe dar torto al povero volatile, comprensibilmente stanco di baglionismo e baglionisti, quando ancora mancano più di venticinque lunghissimi giorni al calcio d'avvio di Sanremo. Da quarantott'ore, infatti, da quando Claudio Baglioni ha pensato bene di introdurre il festival con una specie di comizietto immigrazionista, si è aperto un circo inimmaginabile. Per Francesco Merlo, addetto a canti funebri e tragedie per Repubblica, una specie di prefica-in-chief del quotidiano di Largo Fochetti, un «regime sovietico e mattoide» vuole «coprire di bile nera il cantante che arreda la memoria di ogni italiano». Su La Stampa, il prossimo compagno di palco sanremese, l'attore Claudio Bisio, ci fa sapere che lui sta con Baglioni, e che lui stesso (Bisio in persona) «parlerà di attualità», anche perché il suo autore Michele Serra «quando c'è da parlare di attualità non si tira indietro». E qui cita un suo monologo del 2013 (scritto da Serra per Bisio, quando a Sanremo officiava Fabio Fazio, a sua volta amico di Serra e Baglioni: insomma, il gruppo è coeso, la falange è compatta) indirizzato contro gli elettori («siamo noi i mandanti, siamo noi che li abbiamo votati»). Per capirci, la nostra libera sintesi è che Bisio tiene a farvi sapere che, se necessario, è prontissimo a ribadirvi che gli fate abbastanza schifo come popolo. Sul Corriere della Sera, turibolo alla mano, si descrive «il giorno più lungo di Baglioni», e si convoca d'urgenza anche Al Bano, sperando che attacchi Matteo Salvini. E siccome il povero Al Bano non lo fa, gli si mette comunque un titolo in cui pare che lo faccia («La politica non si occupi della culla della musica»). Per maggior sventura (di Baglioni), al coretto a cappella si è aggiunto Matteo Renzi su Twitter, ovviamente contro Salvini: «Salvini, dopo aver spiegato il calcio a Rino Gattuso e il Vangelo ai vescovi, ha voluto dire a Baglioni come si presenta Sanremo». Mica come Renzi, che spiega Firenze ai fiorentini e le banche agli sbancati. Sia chiaro, a scanso di equivoci. Claudio Baglioni non solo è libero, ma liberissimo di pensarla come crede, ci mancherebbe. Anzi, gli va riconosciuto che, diversamente da molti altri, manifesta da decenni le sue opinioni sull'immigrazione. Tutte legittime, anzi ultralegittime. Quel che si eccepisce è che la Rai, pagata con il canone di tutti gli italiani, possa trasformarsi ancora una volta nello sgabello per comizi di parte, unidirezionali, finanziati anche dagli abbonati che la pensano diversamente. E che magari vorrebbero ascoltare qualche canzone. Il Pd, che per anni ha occupato anche le fioriere e i posacenere di Viale Mazzini, è di nuovo scatenato. La mattina difende Baglioni da un'aggressione che non c'è, e il pomeriggio attacca selvaggiamente i dirigenti Rai (è successo al nuovo direttore di Rai 1, Teresa De Santis) se provano a chiedere che il festival della canzone non sia una maratona oratoria politicizzata. Ma a sinistra, perso il primo ricorso alla Corte Costituzionale, il ricorso alla Corte di Sanremo sembra ormai una necessità vitale. In tutto questo caos, in questa canea del Comitato Unico delle Vittime con Baglioni, i neobaglionisti si sono presi una pausa solo per lapidare un membro del cda Rai, Giampaolo Rossi, che, in un paio di interviste, ha osato pronunciare la parola «sovranismo». Apriti cielo! È insorta l'Usigrai per domandare «ufficialmente se Rossi abbia chiesto e ottenuto la necessaria autorizzazione per rilasciare queste interviste». Ricapitoliamo: se parla Baglioni, ci si commuove e si fa sì con la testa. Se qualcuno lo critica, si grida al regime barbaro e oppressivo. Se invece parla un membro del cda Rai, partono due schiaffoni (mediatici, si capisce) e gli si chiede se era autorizzato. Tutto chiaro, no?
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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