2018-10-20
«Nessuno fa sconti al nostro dolore. No al rito abbreviato per chi uccide»
La mamma di Noemi Durini, ammazzata dal fidanzato: «Lucio Marzo meritava 30 anni, ma ne ha presi 18 e 8 mesi. La riduzione automatica è uno schiaffo alle famiglie delle vittime e non è educativa per i giovani».«Tu vuoi uno sconto? Ma quale sconto, di cosa? Non siamo mica al supermercato che ci sono i saldi: togli la vita a una persona e devi pagare. Non ne possiamo più di uno Stato che tutela gli assassini e non le vittime».È Imma Rizzo, la mamma di Noemi Durini a parlare. Sua figlia è morta a soli 16 anni per mano del fidanzato, Lucio Marzo, reo confesso. L'ha uccisa il 3 settembre 2017, quando anche lui era poco meno che maggiorenne. I due ragazzi litigavano spesso, anche in modo violento. Marzo aveva già dato già segnali della sua incapacità di controllarsi e quel giorno si erano appartati nelle campagne di Castrignano del Capo (Lecce). Secondo il racconto del giovane avrebbero avuto un rapporto sessuale e poi sarebbe scoppiato l'ennesimo litigio. «Gli sono andato di dietro e le ho infilzato il coltello in testa e poi con delle pietre le ho frantumato la testa, l'ho lasciata stesa e ho messo delle pietre sopra di lei», anche «se era ancora viva», aveva confessato ai pm il ragazzo.Eppure Marzo ha avuto uno sconto di pena. Non è stato condannato a 30 anni, il massimo previsto per un omicidio commesso da un minorenne, ma a 18 anni e 8 mesi grazie al rito abbreviato, con cui ha chiesto e ottenuto il processo. Lunedì prossimo in aula alla Camera si voterà il disegno di legge a firma Nicola Molteni (Lega) per la cancellazione dello sconto di pena automatico per i reati gravissimi ed entro la fine dell'anno la legge potrebbe essere modificata.Che messaggio vuole mandare ai parlamentari che voteranno lunedì?«Mentre votano dovrebbero pensare a noi, soprattutto a noi mamme, che abbiamo visto morire un figlio e che di sconti su questo dolore non ne abbiamo».Niente abbreviato per chi uccide, è questo che chiedete?«Sì, è questo. Ho anche fondato una associazione per sostenere questa battaglia. si chiama Casa di Noemi, in memoria di mia figlia, che non ha avuto giustizia».Che pena avrebbe ritenuto giusta per l'assassino di sua figlia?«Trent'anni. quelli che prevede la legge per un minore che si macchia di un delitto di questo genere. Visto che lui ha ucciso a tre mesi dalla maggiore età ed è stato giudicato come un minore, almeno gli avessero dato quelli previsti per legge. Ma non uno di meno».E invece, di anni, ne ha presi 18…«Solo grazie al rito abbreviato che concede subito una riduzione della pena. Non è giusto. Lo Stato così non ci tutela».Non tutela i parenti delle vittime?«Non tutela la famiglia della vittima e soprattutto non dà un segnale deciso a questi ragazzi».Quale segnale?«Bisogna far capire che chi uccide viene punito. Gli assassini, invece, scontano pene ridicole. E si sa come funziona: alla fine rimangono in carcere pochissimo tempo…».Si riferisce alla buona condotta?«Sì, e a tutti gli altri bonus di cui possono godere, specialmente quando sono giovani. Dopo un po' di tempo escono, si rifanno una vita, continuano magari con lo stalking, le violenze e tutto il resto, mentre la nostra condanna non ha fine».Pensa che il carcere possa servire per reintegrare in società chi compie un delitto?«No, non si tratta di bambini piccoli che non sapevano quello che stavano facendo, ma di adulti, che agiscono con volontà. Se togli la vita a una persona devi pagare e basta». Il fidanzato di sua figlia dopo aver confessato l'omicidio si è pentito?«No. Ci ha inviato una lettera, ma non ha mostrato pentimento vero. Anche durante l'udienza, il giudice gli ha dato la possibilità di parlare, ma lui non ha chiesto scusa».Lo avrebbe apprezzato? «Non doveva scusarsi con me, delle sue parole non me ne faccio nulla. Ma avrebbe dovuto farlo per la sua coscienza e per Noemi che gli ha voluto bene».Che idea si è fatta di quello che è accaduto?«Che è assurdo. Il ragazzo non si era mai dimostrato quello che poi è diventato. Io e mia figlia lo abbiamo conosciuto come un bravo ragazzo, poi con il passare dei mesi è cambiato. E dopo il primo Tso non era più lo stesso».Aveva l'abitudine di picchiare Noemi?«Purtroppo solo dopo ho saputo che le alzava le mani. Non lo sapevo e mia figlia non me lo diceva. Io la avvisavo: “Non puoi fare la crocerossina, non puoi cambiare il suo destino", le dicevo. Ma lei non mi ha ascoltato e non mi ha detto fino in fondo quello che stava accadendo».Fino alla fine?«Fino al giorno in cui vennero i carabinieri a dirmi che mia figlia era stata picchiata. A quel punto gli ho detto di non frequentare più Noemi. Ma così non è stato…».Visto il suo carattere e i problemi di autocontrollo manifestati gli sono state date attenuanti?«No, nessuna attenuante. Secondo il giudice nel momento in cui ha tolto la vita a mia figlia era lucido. E l'ha anche sepolta viva, mentre si sarebbe potuta salvare se lui avesse chiesto aiuto».Come ha spiegato il suo gesto?«Mentendo per scaricare la responsabilità su mia figlia che non c'è più e non può rispondere. Ha detto di averlo fatto perché lei voleva uccidere i genitori di lui che ostacolavano il loro amore. Ma sono tutte assurde bugie: mia figlia non avrebbe fatto mai del male a nessuno».