Nessuna identità e niente pensieri L’Erasmus fabbrica l’Europa dei tonti

Per avere un quadro di quanto le classi dirigenti dei Paesi Ue abbiano cominciato la discesa verso un discredito senza ritorno, è sufficiente elencare alcuni dei fatti che hanno caratterizzato gli ultimi mesi: l'ascesa elettorale del Front National in Francia, dell'AfD in Germania, la Brexit, la fine del TTIP e gli esiti del referendum ungherese sull'intangibilità delle frontiere interne e del ballottaggio presidenziale austriaco.

È evidente che, in un simile contesto, Bruxelles ha urgente bisogno di rivitalizzare il consenso attorno alle politiche di lacrime e sangue imposte da Commissione Juncker & C. E di costruire una qualche forma di sostegno pubblico ai piani «mondialisti» di scioglimento delle identità tradizionali: ci troviamo di fronte a una società ormai scivolata nel nichilismo (tendenza cui il mercato non sfugge), priva di memoria storica, dedita all'idolatria del presente e incapace, o impossibilitata, a immaginare una prospettiva di futuro.

Un indicatore di questa ricerca di consenso è il tentativo di esaltazione mediatica della cosiddetta Generazione Erasmus: una folla di spaesati e sradicati «studenti internazionali», dal tasso di ignoranza individuale spesso spaventoso, che mai come oggi sono stati oggetto di santificazione da parte dei mezzi di informazione. L'operazione è basata sulla celebrazione gli studenti Erasmus come una sorta di «avanguardia» di un programma politico transnazionale, fondato sul dominio della speculazione finanziaria senza frontiere e sulla filosofia del progresso capitalistico illimitato della Storia.

A ben guardare, Generazione Erasmus è quindi un progetto di ingegneria sociale. Lo dimostrano le parole di alcuni maître à penser del liberalismo odierno, come Daniel Cohn-Bendit e Umberto Eco. Furono infatti costoro a teorizzare una «società dell'Erasmus» finalizzata allo scioglimento di ogni identità collettiva dei popoli europei (identità nazionale, religiosa, di classe, persino di genere) nel magma volutamente confusionario, postnazionale e postideologico di «Cosmopolis».

Si tratta di un mondo unificato all'insegna dello stile di vita disinibito, cinico, disincantato e stravagante degli strati superiori della classe media che vivono nelle megalopoli globali. «Io», esternò in proposito Cohn-Bendit, «vorrei che la Commissione Europea finanziasse ogni anno lo studio all'estero di un milione di studenti europei che poi statisticamente si fidanzerebbero tra loro: che nazionalità avrebbe il figlio di un'olandese nata ad Amsterdam da genitori turchi e un francese nato a Parigi da genitori marocchini? Europea».

In tal senso, l'idea di «identità europea» descritta da Cohn-Bendit non ha punti di congiunzione con l'autentica, millenaria e pluralistica tradizione europea di popoli e nazioni; invece ne realizza - sull'altare del mercato globale e delle mode - la perfetta negazione.

Cohn-Bendit reinventa il concetto di «identità europea»: in continuità con la vulgata sessantottesca, delegittima le categorie di nazione, famiglia tradizionale e religione. In una società di mercato, giovanilistica e postidentitaria, la cultura del «divertimento« illimitato (Erasmus Culture) è la rampa di lancio da cui parte la costituzione di apatiche e subalterne «moltitudini desideranti», invocate dall'intellighenzia liberale di sinistra come i «nuovi europei» del XXI secolo.

Nell'Unione europea che hanno in mente le élite di Bruxelles, le identità tradizionali di popoli e nazioni - come scrisse il filosofo Costanzo Preve nel libro La Quarta Guerra Mondiale - dovevano essere ridotte alla stregua di «semplici risorse turistiche di mercato». Utili a soddisfare gli esotici sfizi della «nuova classe media globale» in cerca di «avventure» e commistioni culinarie e sessuali con mondi «altri».

La liberalizzazione integrale dei costumi era, per definizione, l'obiettivo di riferimento degli ideologi della società dell'«Erasmus permanente» e «obbligatorio». Tant'è vero che, nel gennaio 2012, Umberto Eco affermò che l'Unione europea sarebbe dovuta scaturire proprio da una «rivoluzione sessuale» che avrebbe favorito l'estinzione di ogni identità capace di ostacolare l'espansione del mercato mondiale dei consumi e dei desideri «liberi».

Eco disse infatti che questa «rivoluzione sessuale» avrebbe agevolato la formazione di una cittadinanza europea su una base culturale liberal-progressista: «Un giovane catalano incontra una ragazza fiamminga, si innamorano, si sposano, diventano europei come i loro figli. L'Erasmus dovrebbe essere obbligatorio […]. Passare un periodo nei paesi dell'Unione Europea, per integrarsi».

Bispogna fare attenzione alla parola “integrazione": è sinonimo di idolatria nei confronti degli stili di vita delle classi benestanti e snob delle megalopoli globali (Parigi, Londra, New York...).

Essere «integrati», per le nuove generazioni, ciniche e prone alla religione del denaro e della mobilità, significa «essere come gli altri», ossia seguire le stesse mode (perlopiù americane) in fatto di abbigliamento e gusti musicali, nonché condividere gli stessi divertimenti e desiderare gli stessi beni di consumo, a prescindere dall'appartenenza nazionale d'origine. In pratica, conformisti: essere «come gli altri» è la condicio sine qua non per sentirsi socialmente accettati, integrati e, pertanto, «parte di un tutto».

Generazione Erasmus è quindi sinonimo di una controrivoluzione che ha l'obiettivo di affossare qualsiasi antagonismo, di destra o di sinistra, rispetto allo stato di cose presenti, al mondo così com'è. La soppressione di ogni identità tradizionale rischia infatti di abolire non soltanto i tratti «conservatori» delle moderne società borghesi, ma anche quei valori cavallereschi (onore, fedeltà, solidarietà, autenticità ed eroismo) propri del socialismo delle origini.

E l'ascesa, anche politica, della Generazione Erasmus condurrà, inevitabilmente, in direzione di quella che il filosofo francese Olivier Rey ha definito nel libro La Dismisura (Controcorrente, 2016), «la marcia infernale del progresso» verso il baratro.

Fontana: «Energia, basta ideologia. Servono benefici ai territori e un vero mix con nucleare e rinnovabili»
Attilio Fontana e Maurizio Belpietro

Nell’intervista con Maurizio Belpietro, il presidente della Lombardia avverte: «Non possiamo coprire 20 mila ettari di campi con pannelli solari. Dall’idroelettrico al geotermico fino ai piccoli reattori: la transizione va fatta con pragmatismo, non con imposizioni».

Continua a leggereRiduci
La finanza sostenibile: soldi, regole e ritorni per la transizione energetica
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin

Il panel dell’evento de La Verità, moderato dal vicedirettore Giuliano Zulin, ha affrontato il tema cruciale della finanza sostenibile con Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi.

Continua a leggereRiduci
Pichetto Fratin: «Auto elettriche, l’Ue sbaglia. Così scarica i costi sugli europei»

Nell’intervista con Maurizio Belpietro, il ministro dell’Ambiente attacca Bruxelles: «Il vincolo del 2035 è una scelta ideologica, non scientifica». Sul tema bollette, precisa: «L’obiettivo è farle scendere, ma non esistono bacchette magiche. Non è che con un mio decreto domani la bolletta cala: questo accadeva solo in altri regimi. Noi stiamo lavorando per correggere il meccanismo che determina il prezzo dell’energia, perché ci sono anomalie evidenti».

Continua a leggereRiduci
Violentano e filmano una bambina: presi due ragazzi nordafricani
iStock
La dodicenne abusata per mesi, poi gli aguzzini hanno cominciato a far girare i suoi video su Whatsapp. Uno degli stupratori è maggiorenne, l’altro ha la stessa età della vittima, ricattata per provare a zittirla.
Le Firme

Scopri La Verità

Registrati per leggere gratuitamente per 30 minuti i nostri contenuti.
Leggi gratis per 30 minuti
Nuove storie
Preferenze Privacy