2023-09-08
Nell’ospedale pediatrico di Londra è vietato dire «uomo» e «donna»
Il Great Ormond Hospital, dove fu staccata la spina a Charlie Gard, invita i medici a non usare «linguaggio di genere» con colleghi e pazienti. E chi utilizza pronomi «sbagliati» va incontro a procedimento disciplinare.I medici e il personale del Great Ormond Street Hospital (Gosh) di Londra sono stati invitati a non usare i termini «ragazzi» e «ragazze» e, più in generale, a «smettere di utilizzare il linguaggio di genere». Si tratta - per intenderci - di un ospedale pediatrico di fama mondiale, fondato nel lontano 1851. Quello, nello specifico, dove nell’agosto del 2017 morì il piccolo Charlie Gard. Il bimbo, affetto da una malattia genetica, spirò quando non aveva nemmeno compiuto un anno, dopo che i medici gli staccarono il respiratore per ordine dei giudici e contro la volontà dei genitori . Le linee guida sul genere, scritte dai membri della comunità Lgbt del centro per aiutare il personale a muoversi all’interno di un «paesaggio complesso», sono state diramate attraverso l’intranet aziendale. Il documento non rispecchierebbe, secondo l’ospedale, la loro politica ufficiale, ma intanto è stato pubblicato sulla rete aziendale tra le indicazioni che i membri dello staff sono caldamente invitati a leggere. «Il mio nome è Mario Rossi, e i miei pronomi sono «egli» e «lui». E tu?». Questa è una frase tipo da utilizzare, secondo le istruzioni redatte dagli «inclusivi» di turno, nelle consultazioni coi pazienti, in modo da evitare di fare delle supposizioni riguardo al genere dei soggetti non ancora conosciuti. Nel documento si legge anche che il ricorso deliberato da parte di un membro del personale a un pronome sbagliato nei confronti di un altro collega sarà considerato «agire in modo molesto e/o discriminatorio e potrebbe essere soggetto a procedimenti disciplinari». I membri dello staff, inoltre, nel riferirsi a gruppi di persone dovranno utilizzare termini come «squadra» o «tutti», evitando quindi i classici appellativi inglesi usati nel linguaggio parlato ma caratterizzati dal punto di vista del genere («guys», «ladies», «dudes», eccetera). Ma che cosa succede se una bambina chiede di essere curata da un’infermiera femmina come lei, magari perché si sente più a suo agio, e si ritrova un uomo che dice di essere una donna? Sembra di essere su Scherzi a parte, ma siccome stiamo parlando di bambini e ragazzi la questione è molto seria. E infatti si è alzata in segno di protesta la voce di Lottie Moore, responsabile di Biology Matters presso il think tank Policy Exchange. «È profondamente preoccupante che l’ospedale per bambini più importante del Regno Unito», ha dichiarato la ricercatrice, «stia spingendo il personale ad adottare credenze altamente controverse e potenzialmente dannose per il benessere a lungo termine dei bambini». «Un ospedale dedicato all’assistenza di bambini vulnerabili non è il luogo adatto per lezioni sull’identità di genere», ha anche aggiunto la Moore, «specialmente perché queste credenze non sono basate su evidenze. È tempo che l’Nhs metta un freno a questa follia».Soltanto qualche mese fa il segretario di Stato per la Salute del Regno Unito, Stephen Barclay, aveva avviato un’urgente indagine interna su delle nuove linee guida che istruivano il personale del National Health Service a trattare tutti i pazienti come neutri dal punto di vista del genere. Il dipartimento della Salute, infatti, si era detto preoccupato che l’adozione di un simile linguaggio potesse comportare «conseguenze involontarie per la salute». Ma qui si era andati ben oltre le solite regole sull’utilizzo dei pronomi. All’interno del documento, per esempio, l’allattamento al seno era sempre menzionato con l’omissione del termine «seno». Lo stesso dicasi per il latte materno, sostituito con «latte dal petto». La redazione di una simile follia è costata ben 164.964 sterline di fondi pubblici, assegnati ai ricercatori per studiare come i clinici potessero migliorare la loro comunicazione con i pazienti Lgbt. Dal canto suo, l’ospedale ha dichiarato che i suoi servizi sono in linea con le raccomandazioni della Cass Review, cioè un documento commissionato dall’Nhs, dopo lo scandalo della clinica Tavistock, per esaminare e formulare raccomandazioni «sui servizi forniti dal Servizio sanitario nazionale ai bambini e giovani che stanno esplorando la loro identità di genere o che stanno vivendo incongruenza di genere». Il Great Ormond Street Hospital, infatti, sta per diventare uno dei nuovi centri di assistenza per il genere dei bambini dopo che il governo, la scorsa primavera e per via degli scandali emersi nel 2021, ha deciso chiudere la clinica Tavistock. Sempre il Gosh è stato inoltre protagonista di una polemica simile il mese scorso, quando il personale aveva ricevuto delle linee guida secondo cui esistono ben 150 modi per esprimere il genere di un individuo. In quel caso le direttive venivano da Global Butterflies, un gruppo di attivisti trans assunto dall’ospedale per parlare con i lavoratori.Non solo nelle scuole, dunque. L’ideologia gender è approdata anche negli ospedali pediatrici. E non si sta parlando soltanto dei problemi che un linguaggio sconnesso dalla realtà possa generare dal punto di vista clinico, come ha fatto notare il dipartimento della Salute britannico. Si tratta di normalizzare credenze e pratiche come la transizione di genere in età in cui i soggetti non hanno ancora un’identità ben delineata. Per non parlare, poi, delle contraddizioni di una medicina occidentale sempre più orientata alla cura esclusiva dei corpi, spesso ostile a ogni approccio olistico, che nella sua pratica clinica finisce però per non riconoscere, col suo linguaggio, l’oggetto stesso che si prefigge di curare. Perché per quanta fantasia si possa avere, il corpo di un uomo è il corpo di un uomo e il corpo di una donna è il corpo di una donna, e questo i medici lo sanno.
Eugenia Roccella (Getty Images)
Carlotta Vagnoli (Getty Images)