2018-11-26
Nella «Riace lucana» una coop apre un centro d’accoglienza illegale
A Sasso di Castalda un edificio pubblico era stato appaltato alla «Opera» per uso albergo. I gestori però ne hanno fatto un Cas abusivo, con il tacito assenso di Prefettura ed ex sindaco di sinistra. Dentro 35 stranieri.Nella parte vecchia del paese, vicolo dopo vicolo, si arriva al suggestivo Borgo la Manca. Da lì ci si può affacciare sulla cappella della Madonna delle grazie e sul Ponte alla luna, un ponte tibetano che si innalza proprio ai piedi del centro storico, sospeso a cento metri dal suolo. Sono le maggiori attrazioni di Sasso di Castalda, 800 abitanti sulla carta ma, di fatto, non più di 600 anime, nel cuore della Basilicata governata da Marcello Pittella, fratello del già presidente a interim del Parlamento europeo Gianni, attualmente sospeso per cause giudiziarie (per una inchiesta sulla sanità la magistratura lo ha esiliato in modo coatto da Potenza, la città capoluogo sede del palazzo della Regione). A un'ora da Matera, città che nel 2019 sarà capitale europea della Cultura, Sasso Di Castalda doveva diventare la Riace lucana. Per anni l'accoglienza è stata propagandata come la soluzione ai grandi mali del paesello: dall'inesorabile spopolamento alla decrescita economica. A sentire il novello sindaco Rocchino Nardo, però, in comune con Riace ci sono solo altri aspetti: tra i meccanismi d'accoglienza dei migranti è facile trovare «inadempienze» e «illegalità». A partire dallo stabile che li ospita nel Borgo La Manca: «Una struttura pubblica appaltata a una coop per fini turistici come borgo albergo (o albergo diffuso, ndr) e illegalmente trasformata in un centro d'accoglienza, con il tacito assenso, quattro anni fa, dell'amministrazione comunale e della Prefettura», denuncia ora il sindaco Nardo in una lettera ufficiale inviata al ministro dell'Interno Matteo Salvini. La lettera è al tempo stesso un grido di dolore e una richiesta di aiuto. I migranti sono troppi e «bisogna ripristinare la legalità», spiega il sindaco, che si sente ignorato dalle istituzioni locali: «Ho chiesto il rispetto degli accordi sul numero di migranti da ospitare». Ma questa battaglia la combatte da solo. Nel Borgo La Manca, a due passi dalla casa in cui nacque Mariele Ventre, la popolarissima fondatrice e direttrice del Piccolo coro dell'Antoniano di Bologna, nelle tante casette molto curate, di varia metratura, e con le facciate in pietra viva, con un canone annuo di soli 5.000 euro, ci vivono oggi 35 richiedenti asilo africani. «Ma ci sono stati momenti in cui si è arrivati a ospitare anche 50 migranti», spiega il sindaco. E la coop Opera (che tra i partner annovera la blasonata Auxilium, numero uno dell'accoglienza a trazione cattolica con fatturati milionari a due cifre), negli atti ufficiali, ritiene addirittura di poter gestire fino a 60 unità. Un numero esorbitante per Sasso di Castalda. E, infatti, i problemi di ordine pubblico nel corso degli anni non sono mancati. Ma i migranti continuavano ad arrivare. E dai 20 previsti, ben presto si è saliti a 30 e poi a 50. D'altra parte l'idea del magnate egiziano Naguib Sawiris era quella. Il miliardario voleva scaricare migliaia di migranti in Basilicata. Ha tra le mani un giro d'affari che va oltre i 3 miliardi di dollari annui e in testa l'idea di aiutare i rifugiati a stabilirsi in Europa. In un'intervista rilasciata due anni fa ha svelato di voler spostare il suo progetto umanitario dalla Grecia, dove ha visto fallire l'acquisto di alcune isole per accogliere migranti, alla Basilicata. «Sono andato in Basilicata perché ne apprezzo la politica di accoglienza», disse fiducioso l'egiziano. E il governatore Pittella gradì, tanto che dalla sua pagina Facebook rilanciò: «Belle le parole di Sawiris sulla nostra terra». E in quelle che erano considerate le buone pratiche della politica di accoglienza da Sawiris con molta probabilità c'era anche il Cas di Sasso di Castalda. «Quando ero all'opposizione ho sempre contestato», spiega il sindaco, «fino a ricorrere alla Corte dei conti e a costringere il consiglio comunale a fare causa alla coop, dopo una rivolta popolare, sia per inadempienza contrattuale, sia per il mancato pagamento del canone». E infatti, nel 2015, l'amministrazione comunale dell'epoca capì che i contratti non erano regolari e, accertato che la coop aveva «trasformato» le strutture ricettive comunali in un centro di accoglienza per richiedenti asilo, «in contrasto con quanto previsto dal contratto di affidamento», diede incarico a un avvocato «per tutelare gli interessi del Comune». I contenziosi sono ancora aperti. Nonostante ciò, fino a poco tempo fa, nel piccolo paese lucano si percepiva una sorta di forza superiore che rendeva l'accoglienza, nonostante le risse, le rivolte e gli arresti per spaccio, un tema intoccabile. Nel 2015 si rischiò la tragedia: gli africani si concentrarono in una piazzetta e cominciarono a urlare contro le istituzioni italiane. Stavano lì da troppo tempo in attesa dei documenti e la situazione cominciava ad annoiarli. «Nessuno aveva intenzione di fermarsi ma senza i permessi erano bloccati a Sasso di Castalda, prigionieri, confinati», raccontò Massimo Brancati sulla Gazzetta del Mezzogiorno. Qualcuno diede fuoco ai materassi, creando non poca paura tra i residenti. Appelli e interrogazioni di Nardo, che spesso anche in atti ufficiali si è sentito dare, seppur in forma velata, del razzista, insomma, sono stati sempre ignorati. E dalla Prefettura al massimo arrivavano rassicurazioni: presto i migranti scenderanno a 20. «Ma ancora siamo a quota 35», lamenta il primo cittadino che, preoccupato, li vede bighellonare nel paese che amministra dall'alba al tramonto. Il diversivo è tirare qualche calcio al pallone sul prato verde: gli africani hanno una squadretta di calcio. E quello, per il momento, è il loro unico impegno giornaliero. Nulla che possa avvicinarsi in qualche modo a seppur lontani tentativi di integrazione, perché i migranti giocano solo tra loro. È rara qualche partitella con i ragazzi del paese. Allora il sindaco ci ha provato a tenerli impegnati: dopo aver predisposto un progetto e averlo approvato in giunta ha scritto alla Prefettura e alla coop che gestisce il Cas, prevedendo di inserire al lavoro volontario una ventina di migranti. «Un modo per farli sentire parte della comunità», ritiene il primo cittadino. E dagli uffici governativi hanno anche invitato la coop «a prendere, con sollecitudine, contatti con l'amministrazione comunale al fine di avviare, congiuntamente, una attività progettuale che, attraverso il lavoro volontario, permetta ai migranti l'effettivo inserimento nella comunità». Risultato? Dopo i primi segnali di apertura, «la coop si è dileguata», spiega Nardo. Ma il sindaco non si è arreso: «La mia giunta è ancora qui che aspetta». E anche su questo punto chiede aiuto a Salvini.
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