2022-05-25
Sulla Nato e la necessità di trattare cambia la narrazione, non le censure
Henry Kissinger sdogana l’idea che Kiev ceda qualcosa in cambio della pace. Funziona come con il Covid: aggiornano di continuo la verità ufficiale, ma pretendono di avere comunque ragione solo loro.Che Henry Kissinger, alla soglia del secolo di vita (ha 98 anni), si sia improvvisamente scoperto putiniano? Se dovessimo giudicare in base agli standard in voga in Italia da qualche mese a questa parte, dovremmo dedurre che in effetti sì, il celebre ex segretario di Stato americano è un fan dello Zar. Non solo: dovremmo stabilire che pure i potenti di Davos nutrano simpatie per Mosca, dato che hanno ascoltato con attenzione Kissinger e non lo hanno coperto di insulti. Kissinger, intervenendo al World Economic Forum in corso in Svizzera, ha detto ciò che tutti sanno e che qualcuno, qui da noi, finge di non sapere. E cioè che l’Occidente non dovrebbe cercare «la sconfitta russa» e che l’Ucraina, per ottenere la pace, dovrebbe «rinunciare a qualcosa».L’ex consigliere statunitense ha invitato Volodymyr Zelensky a «avviare negoziati prima che si creino rivolte e tensioni che non sarà facile superare», e ha spiegato che un obiettivo credibile sarebbe ritorno alla situazione pre invasione: «Continuare la guerra oltre quel punto non riguarderebbe più la libertà dell’Ucraina, ma una nuova guerra contro la stessa Russia». Spingersi oltre sarebbe un «errore fatale», e infatti Kissinger si augura «che gli ucraini siano capaci di temperare l’eroismo che hanno mostrato con la saggezza».Queste tesi non sono certo inedite. Pur con sfumature diverse, da giorni appaiono sui media statunitensi. Un recente editoriale del New York Times, quotidiano certo non ostile all’amministrazione Biden, le ha scandite più o meno nello stesso modo. Sul versante opposto, i conservatori di The National Interest hanno più volte invitato Zelensky a «raggiungere una sorta di accordo, se non altro un tacito modus vivendi» (così Gerald Hyman del Center for Strategic & International Affairs, già direttore dell'Office of Democracy & Governance dell’Usaid). Il problema è che quando qualcuno, in Italia, ha provato a sostenere posizioni simili è stato accusato di intelligenza con il Grande Satana Vladimir. È capitato a fior di professori universitari e giornalisti, è successo (in parte) a Carlo De Benedetti e (con intensità decisamente maggiore) a Silvio Berlusconi, attaccato persino da esponenti del suo stesso partito. Va detto che lo stesso Kissinger - al quale pure non importerà un fico delle reazioni italiane alle sue dichiarazioni - già ieri pomeriggio veniva preso di mira dagli zelanti artiglieri nostrani. Certi ultrà atlantisti, che teoricamente dovrebbero considerare l’ex segretario di Stato una specie di eroe, hanno iniziato a dipingerlo come un vecchio rincoglionito, riservandogli quello che ormai è universalmente noto come «trattamento Montagnier».Il meccanismo censorio funziona come ai tempi gloriosi della pandemia: dalla Cattedrale Sanitaria siamo passati alla Cattedrale Militare. Prima i Nemici Assoluti erano i no vax, ora sono i putiniani. Esattamente come nell’era Covid (mai del tutto conclusa) si verifica un curioso fenomeno. Funziona più o meno così: chi sostiene una tesi che si discosta dal discorso dominante, anche se del tutto ragionevole, viene trattato da paria. Poi i giorni passano, e la veridicità di quella tesi viene confermata dal dipanarsi della realtà. A quel punto, la tesi viene sdoganata pure nel discorso dominante. Chi per primo l’ha enunciata, tuttavia, continua a essere considerato un traditore. Ricordate? Accadde così con il vaccino. Chi inizialmente notò che l’iniezione non proteggeva dal contagio venne massacrato. Poi si scoprì che, in effetti, l’iniezione non proteggeva dal contagio, e anche illustri professoroni cominciarono ad ammetterlo. Però proseguirono a trattare da idioti no vax coloro che ci avevano visto giusto fin da subito.Con la questione ucraina sta accadendo la stessa cosa. Chi, subito dopo l’attacco russo, ha invocato interventi diplomatici è stato schedato quale servo della Russia. Ora di risoluzione diplomatica parlano gli americani e a tratti lo stesso Zelensky. Tutti filorussi?Non solo. Alcuni mesi fa abbiamo spiegato come l’Ucraina considerasse l’ingresso nella Nato un obiettivo talmente importante da inserirlo nella costituzione. L’onnipresente fanteria democratica ci accusò di spargere fake news. Beh, la presunta fake news è stata riproposta pari pari lunedì sera a Quarta Repubblica dal viceministro degli Esteri dell’Ucraina, Emine Dzhaparova. Un altro esempio? Abbiamo scritto che la Nato ha avuto responsabilità nello scatenarsi del conflitto, che ha messo pressione alla Russia facendola sentire accerchiata. Di nuovo, ci hanno accusato di putinismo. Ed ecco che ieri, sempre a Davos, il segretario dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, ha dichiarato quanto segue: «Dalla prima invasione dell’Ucraina nel 2014, la Nato si è adattata e preparata. Abbiamo aumentato la spesa per la difesa e investito in capacità moderne. Per la prima volta nella nostra storia abbiamo schierato gruppi tattici di combattimento nella parte orientale della nostra Alleanza. Abbiamo aumentato la prontezza delle nostre forze. E ha stabilito nuovi domini di difesa, inclusi lo spazio e il cyberspazio. Quando la Russia ha invaso nuovamente l’Ucraina quest’anno, la Nato era pronta». Ma pensa, quindi non sono stati colti di sorpresa… Quindi si addestravano dal 2014… Interessante.Non ci stupiamo più di tanto, in ogni caso. Quando la realtà li smentisce, i profeti della Cattedrale Militare non si scompongono: adattano il discorso, continuano imperterriti con la propaganda, insistono con la censura. Perché ciò che conta, per loro, non sono i fatti o la risoluzione del conflitto. Ciò che conta è infamare gli avversari: è l’unica attività in cui riescono decentemente.
Kim Jong-un (Getty Images)
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)