2023-07-06
«Mutui più lunghi contro il rialzo dei tassi»
Durante l’assemblea, l’Abi apre all’appello di Giancarlo Giorgetti. Ignazio Visco critico sulla scelta Bce di continuare con gli aumenti: già raddoppiati i pagamenti in ritardo. Nonostante lo strappo con Intesa, Antonio Patuelli mostra ottimismo sul rinnovo del contratto dei bancari. Il segretario Usa cerca la distensione. Ma Pechino blocca l’export di gallio e germanio.Lo speciale contiene due articoli.È «urgente e indispensabile» trovare un accordo con le banche sulla possibilità di allungare le rate dei mutui a tasso variabile per aiutare famiglie e imprese ad affrontare i rincari. L’appello è stato lanciato ieri dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, davanti alla platea dei banchieri riuniti a Roma per l’assemblea dell’Abi, l’associazione di categoria. Del resto, chi ha scelto il variabile per il proprio mutuo in alcuni casi lo ha fatto spinto dalla propria banca. Con la scorsa legge di bilancio, ha ricordato il titolare del Mef, «il governo ha reintrodotto la facoltà di rinegoziare, a determinate condizioni, i mutui ipotecari a tasso variabile trasformandoli in mutui a tasso fisso» e «i dati più recenti mostrano che queste misure hanno registrato un grande successo e stiamo lavorando per individuare modalità che ci consentano di confermarle anche nel prossimo futuro». In un contesto che appare «positivo» per le banche, «mi aspetto un rapido avvicinamento tra i margini di interesse applicati ai crediti erogati e quelli riconosciuti sulle somme accantonate nei conti correnti», ha detto Giorgetti. Nello stesso senso, «riteniamo meritevoli di particolare attenzione le raccomandazioni formalizzate da Bankitalia nella comunicazione del 15 febbraio con la quale ha invitato tutte le banche a valutare con estrema attenzione l’opportunità di rivedere le modifiche contrattuali a sfavore dei clienti che avessero precedentemente attuato». Di fronte all’appello di Giorgetti, il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha replicato che «le banche in Italia mantengono quasi i due terzi dei mutui a tasso fisso, con tassi di raccolta in continuo aumento. Su richiesta, possono allungare la durata dei mutui per chi è in regola con i pagamenti o realizzare surroghe». Intanto, la più grande banca del Paese ovvero Intesa Sanpaolo ha garantito la disponibilità a raccogliere la sollecitazione del Mef: Intesa allungherà le rate dei mutui a tasso variabile per andare incontro alle difficoltà delle famiglie, ha detto il presidente Gian Maria Gros-Pietro ricordando che ci sono regole da rispettare imposte dalla Bce che neanche il governo può cambiare. Quando il prestito viene ristrutturato, se la variazione supera l’1% va considerato deteriorato. L’allungamento delle rate per un maggior numero di anni consente di non oltrepassare questo limite. Per Gros-Pietro l’allungamento delle rate dei mutui variabili non sarà dunque oggetto di un protocollo - «non serve» - ma frutto di decisioni individuali dei singoli istituti. Nel frattempo, i banchieri rilanciano chiedendo di abbassare le tasse sul credito. «Le banche sopportano da anni una pressione fiscale più elevata del 3,5% rispetto alle altre imprese, con un’Ires del 27,5% rispetto all’aliquota ordinaria del 24%, cui si aggiunge il 26% di ritenuta di acconto per i dividendi dei risparmiatori azionisti, e garantiscono anche un cospicuo livello di sottoscrizione del debito pubblico», ha precisato Patuelli. Un modo per ricordare al governo che non sarebbe opportuna una tassa sugli extraprofitti delle banche, perché gli istituti di credito «non hanno rendite di posizione». L’Abi è intanto impegnata anche nella trattativa con i sindacati per il rinnovo del contratto nazionale dei bancari: Patuelli ha richiamato «la qualità delle relazioni sindacali nel settore che negli ultimi anni hanno consentito di trovare sempre soluzioni valide anche in fasi complesse». Un passaggio apprezzato dal segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni. Il tema del rinnovo dei contratti è un tema particolarmente caldo dopo che Intesa Sanpaolo ha revocato il mandato di rappresentanza ad Abi per essere presente alla trattativa con la formula dell’invito permanente. Sullo sfondo, resta il nodo della politica monetaria della Bce che, ha ribadito nel suo intervento all’assemblea il governatore della Bankitalia, Ignazio Visco, deve essere improntata alla prudenza. Valutando e anticipando anche gli effetti della restrizione monetaria. A metà giugno l’Eurotower ha ulteriormente aumentato i tassi di 25 punti base portando quello sui depositi detenuti dalle banche presso l’Eurosistema al 3,5%, 4 punti percentuali in più rispetto al luglio 2022. «Ora che i tassi sono in territorio restrittivo, calibrare la durata della stretta monetaria, piuttosto che aumentarne eccessivamente l’ampiezza, avrebbe il vantaggio di agevolare un’analisi più informata degli effetti dell’azione fin qui condotta», ha evidenziato Visco. «Non comprendo e continuo a non condividere osservazioni anche di recente avanzate che spingerebbero a preferire il rischio di essere più, anziché meno, restrittivi. Ritengo che si debba essere cauti quanto basta». Confermando che gli effetti della stretta monetaria si fanno sentire sui pagamenti dei mutui. Nei primi tre mesi di quest’anno l’incidenza del flusso di prestiti che presentano ritardi nei pagamenti, anche se non ancora tali da richiedere una classificazione come deteriorati, è raddoppiata, all’1,6% del complesso dei finanziamenti in bonis in ragione d’anno. Secondo la Fabi, sono i mutui non rimborsati ammontano a 6,7 miliardi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mutui-piu-lunghi-2662234025.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-yellen-inizia-oggi-la-visita-in-cina-xi-laccoglie-con-lo-sgarbo-sui-chip" data-post-id="2662234025" data-published-at="1688637932" data-use-pagination="False"> La Yellen inizia oggi la visita in Cina. Xi l’accoglie con lo sgarbo sui chip Non parte esattamente sotto i migliori auspici il viaggio in Cina del segretario al Tesoro americano Janet Yellen, che arriverà oggi a Pechino per una visita di quattro giorni. Appena lunedì scorso, la Repubblica popolare ha infatti annunciato che, a partire da agosto, limiterà l’export di alcuni metalli necessari per la realizzazione di semiconduttori e veicoli elettrici. Una stretta che ieri è stata definita come «solo l’inizio» dall’ex viceministro del Commercio cinese, Wei Jianguo. Ricordiamo che buona parte delle tensioni in corso tra Washington e Pechino riguarda proprio il delicato settore dei semiconduttori. Inoltre, il Global Times (organo di stampa del Partito comunista cinese) si è mostrato irritato martedì, dopo che il dipartimento di Stato Usa aveva esortato i cittadini americani a riconsiderare i loro viaggi in Cina a causa del rischio di detenzioni arbitrarie. Insomma, la visita della Yellen parte decisamente in salita.A livello generale, il segretario al Tesoro, che lunedì ha avuto un incontro con l’ambasciatore cinese a Washington Xie Feng, cercherà di stabilizzare le complicate relazioni tra Stati Uniti e Cina. Funzionari statunitensi hanno detto ieri a Reuters di non attendersi delle svolte eclatanti: la Yellen, hanno affermato, «spingerà per aprire nuove linee di comunicazione e coordinamento su questioni economiche e sottolineerà le conseguenze della fornitura di aiuti letali alla Russia». Già il segretario di Stato americano Antony Blinken aveva tentato a giugno di diminuire la tensione durante un viaggio nella Repubblica popolare, dove aveva avuto un incontro anche con Xi Jinping. Un (parziale) rasserenamento durato appena poche ore: Joe Biden definì infatti subito dopo il proprio omologo cinese come un «dittatore», portando la fibrillazione tra i due Paesi a salire di nuovo. È anche su questo fronte che la Yellen tenterà di gettare prevedibilmente acqua sul fuoco. Ricordiamo che, insieme con l’inviato speciale per il clima John Kerry, il segretario al Tesoro è uno degli esponenti più favorevoli alla distensione con Pechino all’interno dell’amministrazione Biden. Nella primavera dell’anno scorso, si disse propensa a revocare almeno alcuni dei dazi che Donald Trump aveva imposto alla Repubblica popolare. «Alcuni di essi mi sembrano infliggere più danni ai consumatori e alle imprese e non sono molto strategici nel senso di affrontare i problemi reali che abbiamo con la Cina», disse a maggio del 2022. Era invece il mese scorso, quando, parlando alla Camera dei rappresentanti, si è schierata contro il decoupling dalla Cina, definendolo «disastroso». All’interno dell’attuale amministrazione americana, la Yellen si fa d’altronde portavoce dei grandi mondi economici statunitensi che, da Wall Street alla Silicon Valley, puntano a mantenere buoni rapporti con il Dragone: si tratta tra l’altro di mondi che, in larga maggioranza, finanziarono il Partito democratico americano alle elezioni del 2020. Il problema, per Biden, è tuttavia duplice. Primo: una parte del suo elettorato, vale a dire i colletti blu della Rust belt, auspica una linea dura sul commercio nei confronti della Cina. Secondo: all’interno della sua amministrazione non tutti condividono l’approccio soft della Yellen e di Kerry (a partire dal Consiglio per la sicurezza nazionale). Si tratta di spaccature interne notevoli, rispetto a cui la debole leadership di Biden non è finora riuscita a trovare una sintesi efficace. Una situazione che ha portato l’attuale Casa Bianca ad assumere spesso una linea ondivaga e contraddittoria sul dossier cinese, azzoppando così la capacità di deterrenza di Washington nei confronti di Pechino. Il grosso rischio per l’Occidente è che il Dragone possa approfittarne.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)