Il re dei satelliti si disimpegna dal fronte: potrebbero subentrargli le forze speciali Usa, per gestire le migliaia di kit di Starlink dati agli ucraini a fine 2022. La società si è svenata, ma ha accumulato vantaggi sui concorrenti e può investire ovunque (Italia inclusa).Nella notte appena trascorsa, Amadeus ha letto il messaggio di Volodymyr Zelensky agli ascoltatori di Sanremo, così da rilanciare ancora una volta l’eco del tour del leader ucraino nel Vecchio continente. Prima Londra, poi Parigi e solo al termine Bruxelles. La richiesta principale ai leader Ue, ancora una volta, è stata velivoli e sistemi di difesa a lungo raggio. Con l’obiettivo di saltare a un gradino ancora superiore rispetto alle forniture di carri e di batterie di missili terra aria. Ciò che Zelensky stranamente non cita è il fondamentale cambio di passo che sta avvenendo nello spazio appena sopra l’Ucraina e nel settore dei satelliti, quello che fino a oggi ha consentito a Kiev di resistere all’avanzata russa. Due giorni fa Elon Musk, patron, oltre che di Twitter, di Tesla e di SpaceX, ha annunciato di voler interrompere la fornitura di servizi ai militari ucraini dopo «aver scoperto che i prodotti di Starlink (società controllata da SpaceX, ndr) sarebbero usati a scopi militari offensivi». È bene premettere che nessuno, a cominciare da Musk, ha mai immaginato che la possibilità di localizzare truppe e mezzi russi (con precisione di centimetri) potesse essere usata solo a scopi di difesa o di logistica. Così come è il caso di specificare che le dichiarazioni dell’altro giorno derivano da un percorso di amore e odio tra Musk e i vertici ucraini. A marzo dello scorso anno, a sole tre settimane dallo scoppio della guerra, il ministero della Difesa di Kiev inviò otto lettere ad altrettante società specializzate nel fornire servizi satellitari. Una coreana e le altre americane. Risposero tutte positivamente, ma solo quella di Musk ha preso l’impegno finanziariamente sul serio. Fino a novembre 2022 quando il patron della Tesla si lamentò ufficialmente di spendere un sacco di soldi e di non essere più in grado di portare avanti le attività. Le dichiarazioni finirono su tutti i giornali, ma senza sortire particolare effetto sull’accordo. Anzi, a dicembre Starlink ha inviato in Ucraina altri 10.000 kit di utilizzo, in aggiunta ai circa 5.000 spediti nel periodo precedente. Il kit, nella parte hardware, non è così diverso da quello in vendita negli Usa e da pochi giorni anche in Italia. Si tratta di una parabola autoregolante da connettere a un router e un pc. Basta poi aver il software giusto e qualunque principiante è poi in grado di tracciare obiettivi nemici per poi colpirli con i droni o con altri strumenti e aver mandati ben 10.000 poco più di un mese fa ci porterebbe a pensare che l’annuncio di chiudere i rapporti con l’Ucraina sia da prendere con le pinze. Stavolta qualcosa è però cambiato. Un articolo del Washington Post, ripreso dal Corriere della Sera, accende un faro sulla possibilità che gli Usa inviino sul terreno le forze speciali per fornire alle truppe ucraine sostegno diretto rimanendo nel protocollo «1202», quello che vieta la partecipazione diretta ai conflitti. Come possono conciliare i termini «diretto» nelle due accezioni? La risposta non è complessa e va a toccare proprio l’eredità che Musk lascerebbe sul terreno. Le forze speciali e gli istruttori aiuterebbero quei 10.000 militari possessori dei kit di Starlink a riconfigurarli in una versione avanzata, collegandola ad altre costellazioni satellitari. La parabola di Musk è autoregolante. Con i suggerimenti degli esperti a stelle e strisce potrebbe diventare manuale e con una semplice chiave Usb essere riconnessa a Galileo o altri satelliti. Certo il manuale per queste cose non si trova su internet e non si fa con una conference call. Il passaggio di consegne tra i satelliti di Musk e quelli militari alzerebbe i toni della guerra, ma nessuno degli attori sarebbe costretto ad ammetterlo direttamente. Non solo. Le informazioni future sarebbero ancor più precise di quelle di derivazione civile, mentre l’uscita di scena dal teatro di guerra consentirebbe a numero uno di SpaceX di mettere a frutto tutta l’esperienza maturata negli ultimi mesi. È vero che fornire kit e servizi satellitari agli ucraini è costato una cifra vicina al miliardo, ma adesso Starlink si trova sul mercato delle tlc almeno tre o quattro gradini più avanti di tutti i concorrenti. In questo momento la società vende pacchetti per abitazioni, uffici, yacht e pure jet per chi vive in Australia, Canada, negli Usa, in Brasile, Perù e Cile. Ha filiali in tutta Europa. Tra la seconda metà di quest’anno e la prima del 2024 punta ai mercati africani (soprattutto zona subsahariana), ma anche India, ex repubbliche sovietiche fino all’Indonesia. Non essere più coinvolto nel conflitto consentirà a Musk strategie commerciali aggressive e l’attacco diretto al business tradizionale delle telecomunicazioni. In futuro ciò che oggi passa per la fibra sarà tutto veicolato dai satelliti. Streaming, traffico voce e dati. Gli operatori tradizionali si troveranno di fronte a una sorta di rivoluzione industriale. Ma il posto più alto del podio rischia di essere già occupato. Appunto da Musk. Al contrario la fibra servirà per l’Iot (internet of things), per le smart city e per l’uso di droni per la vita quotidiana. Se, come sembra, sta avvenendo il passaggio di consegne tra civili e militari, veramente assisteremo per la prima volta a una nuova forma di guerra che va dalla versione civile a quella militare e non viceversa, come è accaduto in Afghanistan e altri teatri di guerra. Qualcosa di completamente nuovo. Vedremo come andrà a finire.
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