2023-05-18
Molti morti di Covid perché non curati. Lo dice Palù. Adesso...
Giorgio Palù (Imagoeconomica)
Giorgio Palù ammette che il protocollo «Tachipirina e vigile attesa» fu un errore: andavano prescritti antinfiammatori. Per non ricascarci in futuro, chi sbagliò (e si trova ancora ai vertici del ministero della Salute) deve pagare. Di tutte le comparse che durante la pandemia abbiamo imparato a conoscere (Walter Ricciardi, Fabrizio Pregliasco, Matteo Bassetti e compagnia), Giorgio Palù resta uno dei pochi che ha titolo per parlare. Sebbene poi da presidente dell’Aifa sia stato costretto ad abbassare i toni e a silenziare certi discorsi, a differenza di zanzarologi e patologi vari è infatti esperto di malattie virali, branca in cui rientra anche il temuto coronavirus. Dunque, quando la scorsa settimana, in un intervento a Porta a porta si è lasciato scappare che durante il periodo più duro del contagio «su alcune cose abbiamo fallito», sapeva quel che diceva. Il suo non era, come nel caso di molti virologi improvvisati per necessità di copione televisivo, un parlare a vanvera, ma un discorso legato a fatti concreti, che lui stesso ha elencato. Il primo, che mi ha fatto saltare sulla sedia, riguarda la famosa raccomandazione di Speranza e compagni, ossia la terapia a base di Tachipirina e vigile attesa. Per mesi è stata il mantra del ministro della Salute, che ha anche perseguito i medici che si rifiutavano di prescrivere la raccomandazione ministeriale, preferendo curare i malati invece che abbandonarli a sé stessi. Palù ha ammesso che non bisognava aspettare a letto il peggioramento della malattia. Né serviva imbottirsi di paracetamolo per abbassare la febbre: meglio usare antinfiammatori, che potevano dare un «aiuto potentissimo» agli infettati. Guarda caso, questo era proprio uno dei suggerimenti che facevano imbestialire Speranza e i suoi consiglieri, i quali hanno continuato a sostenere che per combattere il Covid non c’era altra soluzione di quella indicata dai protocolli ministeriali. Palù a quanto pare non la pensa così. E non lo dice per partito preso, ma riflettendo sulle cose che non hanno funzionato dal gennaio di tre anni fa in poi.Tra queste, l’ex presidente della Società italiana ed europea di virologia ha citato la mancata attenzione ad alcuni studi clinici, che contro virus simili dimostravano l’efficacia di un famoso farmaco. Palù non ha fatto il nome, ma il senso era chiaro: mentre il governo parlava di lockdown, mascherine e mani giunte per invocare la benedizione di nostro Signore affinché ci proteggesse dal contagio, all’estero si discuteva di come curare i malati. Tralascio altre indicazioni pratiche fornite dal presidente dell’Aifa, il quale ha detto che forse bisognava dare ascolto a certi governatori, i quali suggerivano di fare i controlli alle frontiere a chiunque rientrasse, senza limitarsi dunque a impedire i voli di linea in arrivo dalla Cina, come fece il ministro della Salute. Tra gli errori, Palù ha citato anche i brindisi sui Navigli, con chiaro riferimento a Nicola Zingaretti il quale, per dare sostegno ai sindaci di sinistra, tra i quali Beppe Sala, in pieno Covid organizzò una passerella per dimostrare che Milano non si fermava. Finì come tutti sappiamo e cioè che, dopo aver tranquillizzato gli italiani dicendo che non c’era alcun pericolo in quanto il virus non sarebbe mai sbarcato in Italia, quando arrivò, il governo si fece trovare impreparato. Salvo poi sostenere che la strategia adottata era presa a esempio in tutta Europa. Anzi, che dico: nel mondo. Peccato che Giuseppe Conte non abbia detto che si trattava di un esempio guardato in negativo, per non ripetere gli errori.Qualche lettore potrebbe pensare che quanto raccontato da Palù sia una storia vecchia, ormai superata dagli eventi, che gli italiani non vogliono più sentire. Al contrario, io credo che sia una storia attuale e che le parole del presidente dell’Aifa andrebbero indagate. Già, perché se è vero - e non credo che ci sia motivo di dubitare - ciò che ha detto Palù, significa non solo che l’esecutivo le ha sbagliate tutte o quasi, ma che se si fosse fatto ciò che era giusto ma anche possibile fare, probabilmente molte vite sarebbero state salvate. Se non si fossero lasciate le persone a morire nel loro letto senza alcuna assistenza, ma fossero stati prescritti gli antinfiammatori, probabilmente la mortalità sarebbe stata inferiore. E così anche se quegli italiani fossero stati curati con «il famoso farmaco che aveva già dato risultati» con altre infezioni virali e di cui parlavano le riviste internazionali.Il presidente dell’Aifa l’altra sera ha detto che bisogna imparare dagli errori. Vero. Ma per imparare bisogna anche capire chi li ha commessi e soprattutto perché. Purtroppo, la cortina fumogena con cui presunti esperti e politici incapaci stanno cercando di frenare la ricostruzione di ciò che è avvenuto, a oggi ci impedisce di sapere entrambe le cose. Non solo: ai vertici del ministero della Salute ci sono quasi tutte le stesse persone che hanno sbagliato e che, invece di ammettere gli errori, continuano a dire di aver fatto le cose giuste, senza nemmeno sentire l’esigenza di levare il disturbo.
Margherita Agnelli (Ansa)
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