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2023-08-17
L’assurda morte di Umberto Boccioni: 107 anni fa se ne andava il genio futurista
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Umberto Boccioni (Getty Images)
Il destino, a volte, sa essere beffardo. Viene da pensarlo quando la mente torna alla morte di Umberto Boccioni, artista geniale e uomo coraggiosissimo, deceduto nel mezzo delle tempeste d’acciaio della Grande guerra per… una caduta da cavallo. Era il 17 agosto 1916 e Boccioni aveva solo 33 anni. Montava una cavalla che si era imbizzarrita alla vista di un autocarro. A causa di un piede imbrigliato non era riuscito a liberarsi, battendo ripetutamente la testa in terra, con violenza. La caduta era avvenuta il giorno prima durante un'esercitazione militare, in località Sorte a Chievo, frazione di Verona, dove oggi si trova la sua lapide commemorativa, in una stradina immersa nella campagna.
Finiva così, prematuramente, la vita e la carriera di uno dei più originali artisti europei di inizio Novecento. Figlio di Raffaele, impiegato di prefettura, e di Cecilia Forlani, Umberto Boccioni era nato a Reggio Calabria il 19 ottobre 1882. Aveva seguito la famiglia nei vari spostamenti a Genova, Padova, Catania, dove si era diplomato all'istituto tecnico nel 1897. Nel 1901 si era trasferito a Roma presso una zia. Comincia a dipingere con un cartellonista, dedicandosi anche alla letteratura e al giornalismo. In questo periodo conosce Gino Severini, con il quale frequenta, a Porta Pinciana, lo studio del pittore divisionista Giacomo Balla. Nel 1902 visita Parigi, dove studia la pittura impressionista e postimpressionista. A Roma partecipa alla Mostra dei Rifiutati nel 1905 e all’Esposizione di Belle Arti nel 1906.
Dopo un viaggio in Russia nel 1906, visita Padova e si trasferisce a Venezia. Nel 1907 si stabilisce a Milano. Negli anni 1909 e 1910 frequenta la Famiglia Artistica, un'associazione milanese di artisti che organizza mostre annuali, conosce Carlo Carrà e Luigi Russolo e incontra il poeta Filippo Tommaso Marinetti, autore del Manifesto del futurismo. L’avanguardia marinettiana è una folgorazione. Sottoscrive con Carrà, Russolo, Balla e Severini il Manifesto dei pittori futuristi, da Boccioni stesso letto l'8 marzo al Politeama Chiarella di Torino. L'11 aprile dello stesso anno contribuisce in misura preminente alla stesura del Manifesto tecnico della pittura futurista che reca le stesse firme. Il 27 aprile sottoscrive, con Carrà e Russolo, il manifesto di Marinetti ControVenezia passatista.
Di Marinetti e sodali, Boccioni sposa anche le faide e le sfide. Famoso è l’episodio di Firenze. Boccioni scende da Milano in Toscana insieme a Marinetti e Carrà. I tre entrano in un locale. Al cameriere chiedono di indicargli il tavolo dove siede Ardengo Soffici. Individuatolo, Boccioni gli assesta un paio di ceffoni, vendicando così una cattiva recensione a una sua mostra. In sala scoppia un parapiglia, arrivano le forze dell’ordine. Vogliono trascinare tutti in questura, ma i rissaioli riescono a convincere gli agenti che non di una banale scazzottata si trattava, bensì di una disputa accademica. Le guardie mollano la presa, sfinite. I tre milanesi tornano in stazione. Qui, però, si fa vivo ancora Soffici, stavolta scortato da alcuni amici. E sul marciapiede del binario riprende la scazzottata.
Come tutti i suoi amici, Boccioni è un acceso nazionalista e, con lo scoppio della Grande guerra, milita attivamente sul fronte interventista. Nel settembre 1914 partecipa alle manifestazioni interventiste a Milano (teatro Dal Verme e piazza del Duomo), dove viene pure arrestato. Manifesta anche a Bologna al teatro del Corso. Con Carrà, Marinetti, Piatti e Russolo firma il manifesto Sintesi futurista della guerra, e nel gennaio 1915, con lo stesso gruppo e in più Sironi e Sant'Elia, firma il manifesto Orgoglio italiano. Nel maggio 1915 si arruola volontario nel battaglione ciclisti partecipando a operazioni di guerra. Scioltosi il battaglione ritorna a Milano, dove riprende le sue attività di intellettuale e conferenziere. Viene richiamato alle armi nel luglio dello stesso anno, assegnato al reggimento di artiglieri a Verona nel distaccamento di Sorte. Qui, lontano dal fronte, trova la morte nelle circostanze assurde che si è detto.
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Il 17 agosto 1916 l’artista moriva per le ferite riportate dopo una caduta da cavallo nelle retrovie di una guerra in cui era fieramente partito come volontario.Il destino, a volte, sa essere beffardo. Viene da pensarlo quando la mente torna alla morte di Umberto Boccioni, artista geniale e uomo coraggiosissimo, deceduto nel mezzo delle tempeste d’acciaio della Grande guerra per… una caduta da cavallo. Era il 17 agosto 1916 e Boccioni aveva solo 33 anni. Montava una cavalla che si era imbizzarrita alla vista di un autocarro. A causa di un piede imbrigliato non era riuscito a liberarsi, battendo ripetutamente la testa in terra, con violenza. La caduta era avvenuta il giorno prima durante un'esercitazione militare, in località Sorte a Chievo, frazione di Verona, dove oggi si trova la sua lapide commemorativa, in una stradina immersa nella campagna. Finiva così, prematuramente, la vita e la carriera di uno dei più originali artisti europei di inizio Novecento. Figlio di Raffaele, impiegato di prefettura, e di Cecilia Forlani, Umberto Boccioni era nato a Reggio Calabria il 19 ottobre 1882. Aveva seguito la famiglia nei vari spostamenti a Genova, Padova, Catania, dove si era diplomato all'istituto tecnico nel 1897. Nel 1901 si era trasferito a Roma presso una zia. Comincia a dipingere con un cartellonista, dedicandosi anche alla letteratura e al giornalismo. In questo periodo conosce Gino Severini, con il quale frequenta, a Porta Pinciana, lo studio del pittore divisionista Giacomo Balla. Nel 1902 visita Parigi, dove studia la pittura impressionista e postimpressionista. A Roma partecipa alla Mostra dei Rifiutati nel 1905 e all’Esposizione di Belle Arti nel 1906.Dopo un viaggio in Russia nel 1906, visita Padova e si trasferisce a Venezia. Nel 1907 si stabilisce a Milano. Negli anni 1909 e 1910 frequenta la Famiglia Artistica, un'associazione milanese di artisti che organizza mostre annuali, conosce Carlo Carrà e Luigi Russolo e incontra il poeta Filippo Tommaso Marinetti, autore del Manifesto del futurismo. L’avanguardia marinettiana è una folgorazione. Sottoscrive con Carrà, Russolo, Balla e Severini il Manifesto dei pittori futuristi, da Boccioni stesso letto l'8 marzo al Politeama Chiarella di Torino. L'11 aprile dello stesso anno contribuisce in misura preminente alla stesura del Manifesto tecnico della pittura futurista che reca le stesse firme. Il 27 aprile sottoscrive, con Carrà e Russolo, il manifesto di Marinetti ControVenezia passatista.Di Marinetti e sodali, Boccioni sposa anche le faide e le sfide. Famoso è l’episodio di Firenze. Boccioni scende da Milano in Toscana insieme a Marinetti e Carrà. I tre entrano in un locale. Al cameriere chiedono di indicargli il tavolo dove siede Ardengo Soffici. Individuatolo, Boccioni gli assesta un paio di ceffoni, vendicando così una cattiva recensione a una sua mostra. In sala scoppia un parapiglia, arrivano le forze dell’ordine. Vogliono trascinare tutti in questura, ma i rissaioli riescono a convincere gli agenti che non di una banale scazzottata si trattava, bensì di una disputa accademica. Le guardie mollano la presa, sfinite. I tre milanesi tornano in stazione. Qui, però, si fa vivo ancora Soffici, stavolta scortato da alcuni amici. E sul marciapiede del binario riprende la scazzottata. Come tutti i suoi amici, Boccioni è un acceso nazionalista e, con lo scoppio della Grande guerra, milita attivamente sul fronte interventista. Nel settembre 1914 partecipa alle manifestazioni interventiste a Milano (teatro Dal Verme e piazza del Duomo), dove viene pure arrestato. Manifesta anche a Bologna al teatro del Corso. Con Carrà, Marinetti, Piatti e Russolo firma il manifesto Sintesi futurista della guerra, e nel gennaio 1915, con lo stesso gruppo e in più Sironi e Sant'Elia, firma il manifesto Orgoglio italiano. Nel maggio 1915 si arruola volontario nel battaglione ciclisti partecipando a operazioni di guerra. Scioltosi il battaglione ritorna a Milano, dove riprende le sue attività di intellettuale e conferenziere. Viene richiamato alle armi nel luglio dello stesso anno, assegnato al reggimento di artiglieri a Verona nel distaccamento di Sorte. Qui, lontano dal fronte, trova la morte nelle circostanze assurde che si è detto.
Maurizio Gasparri (Ansa)
Alla luce dell’ultima sentenza della Corte Costituzionale sulla legge toscana, secondo le stesse fonti del centrodestra, è in atto una fase di studio e di approfondimento che potrebbe portare anche a una riapertura del termine per la presentazione degli emendamenti. Sulla necessità di procedere non ha dubbi il capogruppo al senato di Forza Italia, Maurizio Gasparri. «Bisogna fare una legge nazionale», dice Gasparri alla Verità, «prima che Regioni e Corte Costituzionale causino guasti maggiori. Non è facile trovare un punto di sintesi, ma bisogna trovarlo. La sentenza della Consulta in realtà mette dei paletti molto forti rispetto alla legge toscana ma lascia alcuni spiragli aperti al ruolo del servizio sanitario nazionale, in termini tecnici difficili da aggirare. È una delle questioni che in Senato è ancora in corso di approfondimento. Ovvio che», aggiunge Gasparri, «piacciano o meno, le sentenze della Corte determinano un orientamento. Valorizziamo i paletti che pone arginando gli sconfinamenti delle Regioni ma riflettiamo su alcune indicazioni. È un tema delicato che non si può affrontare con superficialità. Una deriva eutanasia nella società c’è e va arginata, tra mille problemi e difficoltà». «Dal mio punto di vista la sentenza non incide negativamente sull'impianto della nostra legg», ha detto all’Agi Ignazio Zullo (Fdi), uno dei relatori del testo presentato dalla maggioranza al Senato, «anzi valorizza il percorso delle cure palliative, la necessità di tempi più lunghi nella valutazione delle condizioni in cui versa la persona che chiede di essere aiutata a porre fine alla propria vita, l’organizzazione dei comitati etici e l’impossibilita' che la richiesta possa avvenire per delega».
È il ruolo del servizio sanitario nazionale ad essere il punto che divide più di tutti gli altri il centrodestra (che vuole escludere il Ssn dalla pratica del suicidio assistito) dalla sinistra (che invece vuole che il Ssn si faccia carico, in caso di richiesta, di questa prestazione). Nella sentenza, la Corte precisa che «la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge regionale Toscana n. 16 del 2025 lascia intatto il diritto della persona, in relazione alla quale siano state positivamente verificate le condizioni per l’accesso al suicidio medicalmente assistito, di ottenere dalle aziende del servizio sanitario regionale il farmaco, i dispositivi eventualmente occorrenti all’autosomministrazione, nonché l’assistenza sanitaria anche durante l’esecuzione di questa procedura, come del resto affermato nella ricordata sentenza n. 132 del 2025, che riveste, da questo punto di vista, portata auto applicativa». Dunque, un ruolo il Ssn deve svolgerlo, seppure di assistenza e contorno, oltre che per la fornitura di farmaco e dispositivi. Il senatore del Pd Bazoli, vicepresidente del gruppo dem a Palazzo Madama, vede uno spiraglio: «Direi che, sotto il profilo del ruolo del Ssn», commenta Bazoli alla Verità, «la parte rilevante di questa sentenza è quella in cui ribadisce a chiare lettere che la persona che si trova nelle condizioni stabilite dalla Corte ha “il diritto” di ottenere dalle aziende sanitarie locali il farmaco, gli strumenti necessari e l’assistenza sanitaria opportuna per eseguire il proposito di suicidio. È una conferma importante, alla quale il legislatore nazionale ovviamente non può in alcun modo derogare. È un diritto pienamente riconosciuto e dunque pienamente eseguibile».
La Regione Toscana ha già messo in movimento i propri uffici per correggere la legge cassando o modificando i numerosi articoli bocciati dalla Corte. «La Corte costituzionale», dichiarano la segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni Filomena Gallo e il tesoriere Marco Cappato, «ha dichiarato infondata la richiesta del governo di cancellare la legge regionale della Toscana dell’Associazione Luca Coscioni sulle procedure di fine vita. È una decisione importante anche perché conferma il ruolo del servizio sanitario nazionale. Ora ripresenteremo il testo rivisto dalla Corte in tutte le Regioni». Le distanze tra centrodestra e sinistra restano intatte: si tratta di capire se esista una maggioranza convinta della necessità di legiferare. In assenza, la legislatura si chiuderà senza un testo approvato.
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