2019-03-16
«Processo Ruby, avvelenata la teste»
È morta Imane Fadil, testimone d'accusa nel procedimento contro Berlusconi per le Olgettine. Era ricoverata da tempo, la Procura di Milano indaga per omicidio. I primi risultati degli esami tossicologici sono inquietanti: alla donna sarebbe stato fatale un «mix di sostanze radioattive». Stava scrivendo un libro la modella marocchina che accusava Silvio Berlusconi e che potrebbe essere morta avvelenata alla vigilia della riunificazione dei processi contro il Cavaliere per corruzione in atti giudiziari. Imane Fadil, 34 anni, portamento decisamente più elegante dalle altre 31 olgettine, è morta per un «mix di sostanze radioattive» dopo un mese di lucida agonia in una clinica milanese, dove era arrivata il 29 gennaio. È quanto è emerso dagli esiti degli esami tossicologici disposti lo scorso 26 febbraio. L'ospedale non aveva segnalato nulla di sospetto ai pm, ma ci ha pensato l'avvocato della donna ad andare dai magistrati, e ieri il procuratore capo, Francesco Greco, ha reso noto che c'è un fascicolo aperto per omicidio volontario. Greco ha parlato di «calvario» e di «diverse anomalie» nella sua cartella clinica da cui emergerebbero «sintomatologie da avvelenamento». Sono passati 15 giorni dalla misteriosa morte della Fadil, avvenuta il primo marzo, e adesso verrà disposta l'autopsia. La Procura si è presa qualche giorno di vantaggio per indagare a fari spenti, oltre, naturalmente, per studiare le bozze di quel libro che avrebbe dovuto riaprire il Sexgate all'italiana. Che oggi si tinge di una luce sinistra: impossibile non pensare ai casi di Alexander Litvinenko e Sergei Skripal, ex spie russe avvelenate rispettivamente con il polonio e il gas nervino probabilmente dai servizi segreti di Mosca. L'ospedale Humanitas dove era ricoverata la modella ha fatto sapere che «al decesso della paziente l'autorità giudiziaria ha disposto il sequestro di tutta la documentazione clinica e della salma». Le prime indagini tossicologiche indicherebbero che è stata uccisa da un «mix di sostanze radioattive».Imane Fadil, insieme ad Ambra Battilana e Chiara Danese, era stata una delle uniche tre ragazze a sottrarsi al meccanismo di affitti a canoni agevolati, bonifici e favori vari che era stato messo su da Arcore per limitare i danni dello scandalo Ruby. E se Berlusconi, sulla cui caduta politica quello scandalo ebbe un ruolo decisivo, se l'è cavata con l'assoluzione, adesso però rischia una punizione per eventuali attività di depistaggio. La beffa delle beffe, in caso di condanna al processo che riprende proprio martedì a Milano, sarebbe quella di incassare una condanna per aver tentato di coprire un non reato come gli allegri dopocena di Arcore. Il processo Ruby ter riprende con i riflettori accesi perché la modella era una spina nel fianco per gli avvocati di Berlusconi. Nel corso degli anni, ha sempre sostenuto che Ruby avesse preso soldi per fare sesso con l'allora premier e per tenere la bocca chiusa. Quindi ha raccontato che anche Iris Berardi «aveva saputo di Ruby e voleva anche lei 5 milioni di euro». La Fadil si è costituita parte civile contro Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora, tutti condannati, mancando però il «bersaglio grosso», ovvero il Cav. Ripeteva che a lei lo scandalo Bunga bunga aveva «rovinato la vita» e chiedeva soldi. Ma li voleva dalla giustizia, non dal ragionier Giuseppe Spinelli, il cassiere del Cav che le olgettine ossessionavano con richieste di denaro. La ricostruzione degli ultimi tre mesi di vita della modella è già stata abbozzata dagli investigatori, che si sono avvalsi anche delle informazioni dell'avvocato della donna, Paolo Sevesi, a cui lei avrebbe confidato il sospetto di essere stata avvelenata. Il legale ha raccontato che durante il mese di ricovero «Imane era sofferente, ma mentalmente era lucida e lo è rimasta fino alla fine». Insomma, un mese di agonia. «Che sostanza poteva essere? Ci sono diverse ipotesi che sono al vaglio della Procura», ha spiegato l'avvocato, dopo aver accompagnato dai pm il fratello della ragazza. Sevesi ha anche rivelato una notizia potenzialmente esplosiva: «Non so se avesse trovato un editore, ma Imane aveva scritto una libro e lo aveva terminato già da qualche mese». Quel libro, che avrebbe potuto riaprire il sexgate, adesso è nelle mani dei pm. Il 14 gennaio scorso, la Fadil era stata respinta come parte civile al Ruby Ter e l'aveva presa malissimo. «Pago ancora adesso per aver detto la verità su Berlusconi», aveva detto ai giornalisti. Chi la conosceva racconta che era parecchio giù e oggi si scopre che 15 giorni dopo il verdetto negativo è arrivata in fin di vita all'Humanitas, dove per un mese hanno cercato di salvarla. Non solo, ma il 26 febbraio, ovvero tre giorni prima di morire, i legali delle tre ragazze, Imane compresa, hanno impugnato l'estromissione come parti civili dal processo a Berlusconi. Negli ultimi mesi era sembrata sempre più agitata e preoccupata. Aveva cominciato a parlare di una sorta di «setta satanica» che si sarebbe riunita ad Arcore con rituali più o meno magici, dei quali però nessun'altra olgettina ha mai parlato in migliaia di ore di intercettazioni. Ma alla luce di questa morte, che arriva dopo l'eutanasia alla quale si è sottoposto il 5 dicembre scorso Egidio Verzini, il quarto avvocato di Ruby, non senza lanciare accusare pesanti a Berlusconi, potrebbe assumere contorni diversi anche l'allarme lanciato da Imane a giugno del 2012. In quel periodo la ragazza raccontò che un siriano, «appartenente ai servizi segreti», prima le avrebbe offerto del denaro e poi l'avrebbe minacciata di morte. Non furono trovati riscontri, ma oggi appare chiaro che l'ex modella era entrata in un tunnel.
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