2022-12-29
Monti è in ansia per la sanità che ha sfasciato
L’uomo che, da premier, sforbiciò 8 miliardi di aumenti per gli ospedali, pontifica in Senato: «La manovra della Meloni mette a rischio l’assistenza pubblica». Poi s’incarta: «Tagliai la spesa, ma la pandemia ha provato che quei fondi sono investimenti».Con Mario Monti non si sbaglia mai: i criteri di giudizio dell’ex premier sono ben noti. Primo assioma: se ti allinei ai diktat Ue, dieci e lode. Secondo assioma: se invece osi tagliare le tasse o ti azzardi anche semplicemente a ipotizzarlo, allora devi prepararti alle sciagure più devastanti. Addirittura - questa è la novità di ieri - alla fine del Servizio sanitario nazionale. Direte voi: ma no, non è possibile. Per anni, numerosi governi (da Monti stesso a Enrico Letta a Matteo Renzi) hanno o tagliato la sanità o più spesso ridotto gli incrementi previsti per il settore (8 miliardi di mancati aumenti tra il 2012 e il 2013 con Monti, altri 8 con Letta nel 2014, altri 16 con Renzi tra il 2015 e il 2017), ma ora - guarda un po’ - è tutta colpa della Meloni e della flat tax. Sta di fatto che ieri in Aula l’uomo del loden ha preannunciato la sua astensione sulla manovra, in quanto il provvedimento - ipse dixit - «è caratterizzato dal chiaroscuro». E allora vediamo la parte «chiara»: e qui Monti distribuisce zucchero e caramelle, nella misura in cui vede un allineamento a Bruxelles. Con perfido compiacimento, il senatore a vita sottolinea questa parte: «Molto chiaro e nitido è l’intendimento, sorprendente fino a un paio di mesi fa, verso la prudenza finanziaria e la conformità con gli orientamenti europei». Monti deve riconoscere che l’arma dello spread si è per ora rivelata spuntata contro la Meloni: «Questo governo ha preso il testimone dal governo precedente con uno spread di 240, questa mattina è di 212. Molte sono le variabili che influenzano lo spread, ma non si può dire che questo governo abbia creato allarme o panico». A seguire, un’osservazione ragionevole su una prossima scadenza oggettivamente rilevante, non senza assestare un calcio (retrospettivo) al governo gialloverde del 2018: «Non avere fatto sfide velleitarie all’Europa come tre anni e mezzo fa erano state fatte da un governo italiano che poi tornò sconfitto e umiliato ha un significato strategico: saremo tra qualche mese nel pieno di un negoziato sulla revisione delle regole sui bilanci dopo la temporanea sospensione del Patto di stabilità. Presentarsi al tavolo di Bruxelles con le carte in regola, tanto più da parte di chi era sospettato di farlo con tutt’altro atteggiamento, dovrebbe aumentare le probabilità di un esito favorevole».E qui finisce il «chiaro» e inizia per Monti lo «scuro», anzi il «molto scuro». Monti va subito al bersaglio: quello che gli ha mandato di traverso il pranzo di Natale è «l’appiattimento che si prospetta nel sistema fiscale», e quindi - immaginiamo - la pur limitata estensione del regime di flat tax per gli autonomi. Qui Monti cerca (parrebbe con scarso successo) la strada dell’ironia: «Non so se andremo addirittura verso la piattezza della terra nella quale alcuni credono, ma certamente si nota un convinto desiderio di ridurre la progressività complessiva del sistema fiscale a favore di ciò che è piatto». Nessuna risata in Aula, però. E allora Monti incupisce ancora la sua analisi: «Non si è riflettuto abbastanza. Stiamo attenti. A più lungo andare, la piena appartenenza all’Europa e un sistema fiscale come il nostro già appesantito da un’enorme evasione e che si piattizzasse presenterebbe seri problemi». Chiaro il concetto? Non sono le tasse a essere troppo alte, non è la pressione fiscale insostenibile ad ammazzare l’economia, ma è l’eventuale «piattizzazione» a creare problemi. Del resto, era difficile aspettarsi qualcosa di diverso da chi quasi triplicò l’imposizione fiscale sugli immobili (da 8-9 miliardi di gettito annuo a circa 25, dai quali furono successivamente alleggeriti solo i 4 miliardi di Imu sulla prima casa). Ma a Monti non basta ancora, e allora ecco l’anatema finale, la supermaledizione: «Siamo pronti come negli Usa a eliminare il Sistema sanitario nazionale? Questa potrebbe essere una conseguenza del gioco che con questa legge di bilancio si introduce. Non credo che la società italiana si senta pronta a questo…». E qui si toccano vette surreali. L’uomo degli aumenti di tasse minaccia sfracelli se le tasse vengono ridotte, e contemporaneamente l’uomo dei tagli e dell’austerity scarica su un governo appena nato nientemeno che la responsabilità della crisi di quello stesso sistema sanitario che per anni (come abbiamo visto) ha subìto tagli o per lo meno una sistematica riduzione degli incrementi di investimento. E infatti Monti mette le mani avanti: «Io che pure mi assumo la responsabilità in un momento straordinariamente difficile di aver frenato alcune voci di spesa (ma ora che abbiamo scoperto i danni sistemici di una pandemia abbiamo il dovere di considerare la spesa sanitaria come investimento) mi sento di dire di essere preoccupato…». È preoccupato adesso: sarà tutta colpa della mini flat tax per gli autonomi?