2022-09-16
Montepaschi allunga la vita ai manager: pronti a restare pure con la mezza vendita
L’assemblea approva l’aumento e 3.500 uscite. Tolti limiti di età a Luigi Lovaglio. Ad in coabitazione tra Tesoro e futuri soci?Il quinto aumento di capitale in poco più di dieci anni del Monte dei Paschi di Siena è stato approvato ieri dall’assemblea: favorevole il 99,63% delle azioni ammesse al voto, contrario lo 0,28%, astenuto lo 0,07 per cento. Al momento del voto era presente il 65,22% del capitale, praticamente qualche piccolo azionista e il Tesoro in posizione dominante con la sua quota del 64,23%. L’ennesima iniezione di liquidità che vale due miliardi e mezzo, di cui 1,6 sborsati dallo Stato attraverso il Mef, per una banca che in Borsa oggi vale poco più di 380 milioni, deve partire a ottobre. Perché, ha detto ieri l’ad Luigi Lovaglio davanti ai soci, l’aumento avrà tempi «necessariamente brucianti» per usufruire entro il 30 novembre della legge che consente di attuare gli esodi volontari di personale. «Più di un terzo dell’aumento» sarà impiegato per l’implementazione dell’esodo volontario, ha precisato l’ad. Assicurando che sono stati già realizzati «passi importanti per l’implementazione del piano, abbiamo voluto dimostrare che siamo seri e che vogliamo fare le cose per bene» e «con l’esodo volontario di 3.500 dipendenti avremo 270 milioni di costi in meno dal primo gennaio 2023». Quanto alle critiche sulla credibilità del piano, «capisco lo scetticismo, non è facile dare fiducia, ma abbiamo voluto dimostrare che siamo seri e che vogliamo fare le cose per bene», ha aggiunto. Basterà? All’inizio del mese la Bce ha autorizzato il lancio dell’operazione, dopo avere esaminato la sostenibilità del piano industriale presentato a giugno da Lovaglio e le modalità tecniche del rafforzamento patrimoniale. La palla ora è in mano a chi ieri in assemblea non c’era: in particolare, l’Antitrust Ue che deve accendere il suo semaforo verde sull’aumento poiché il Monte è sotto aiuti di Stato e i compagni di viaggio industriali Anima e Axa che potrebbero diventare azionisti mettendo un obolo in cambio di un upgrade degli accordi commerciali. Quegli anchor investors, cui si può aggiungere l’Algebris di Davide Serra, che farebbero da pivot all’operazione. «Guardiamo con interesse le opzioni di ingresso di investitori istituzionali, inclusi tutti, e dico tutti, i nostri partner industriali in una logica di dare una certa stabilità all’azionariato», ha sottolineato Lovaglio nel corso dell’assemblea aggiungendo che «l’ingresso di questi soggetti nell’ambito dell’aumento di capitale potrà avvenire alle medesime condizioni previste per gli altri investitori».A dover valutare la praticabilità dell’aumento sarà anche il consorzio di pre garanzia che oggi, oltre a Mediobanca, Bofa, Credit Suisse e Citi, comprende anche Santander, Barclays, Société générale e Stifel. Il tutto a ridosso del voto del 25 di settembre che può alimentare l’instabilità sul mercato creata dal quadro macro sempre più carico di tensioni. Tanto che qualche banca d’affari starebbe già pensando a una exit strategy, ovvero a una scissione dell’aumento in due tranche, la prima da lanciare a ottobre e la seconda tra dicembre e marzo del 2023. Di certo, la scindibilità dell’aumento di capitale, emersa nella relazione semestrale, permette che sia valido anche se non sottoscritto integralmente. Sul mercato si teme anche un effetto Saipem che aveva lanciato un aumento da 2 miliardi, quindi iperdiluitivo per la società, chiuso con appena il 70% delle adesioni. Senza dimenticare, e anche questo dettaglio spiega la fretta di Lovaglio, che almeno fino a metà novembre a reggere il dicastero dell’Economia ci sarà Daniele Franco. E in particolare il direttore generale sarà Alessandro Rivera, l’uomo che dovrà garantire la fiche da 1,6 miliardi promessa sul piatto dal Mef. «È l’inizio ufficiale della partita, ora si corre», ha detto Lovaglio ieri sera in conferenza stampa dopo l’assemblea. Che ha votato anche un ordine del giorno decisivo per la futura governance del Monte: i soci hanno infatti approvato alcune modifiche statutarie, tra cui l’eliminazione dei limiti di età per i componenti del cda (75 anni), per il presidente (70 anni) e l’amministratore delegato (67 anni). «L’esperienza maturata», spiega la banca, «e la constatazione che anche molti altri primari istituti di credito italiani non prevedono nei propri statuti clausole di analogo contenuto, hanno portato a proporre l’eliminazione dei limiti di età in questione» che erano stato inserito nel 2013 per allinearsi ad analoghe previsioni statutarie di altri primari istituti di credito e alle prassi internazionali ritenute migliori all’epoca. In realtà va ricordato che Lovaglio, classe 1955, al rinnovo degli organi non avrebbe rispettato il limite. Così, invece, potrà rimanere al timone. Certo, il cavaliere bianco atteso ormai da anni sulla Rocca potrebbe pretendere, in cambio del salvataggio, di affidare la rotta a qualcun altro. A meno che - aggiungono i soliti maligni - il Mef non abbia già avuto garanzie di poter continuare ad avere voce in capitolo sul governo societario con una privatizzazione a metà stile Ita.