2022-12-20
I mobili dei Casamonica custoditi nel magazzino della coop Karibu
Marie Therese Mukamitsindo (Imagoeconomica)
Una curiosa vicenda segnalata ai tempi del Conte I dall’ex senatrice di Si, Elena Fattori. A lei hanno riferito che quegli sfarzosi arredi erano proprietà del clan malavitoso romano. L’ha scritto, nessuno ha approfondito.Sono arrivati alla spicciolata in Tribunale, a Latina, Marie Therese Mukamitsindo, Michel Rukundo e Liliane Murekatete, in occasione dell’udienza di convalida delle misure interdittive firmate dal giudice per le indagini preliminari Giuseppe Molfese nell’ambito dell’inchiesta che, qualche giorno fa, ha colpito il «sistema Karibu», la coop dello scandalo migranti.Tutti e tre devono rispondere di reati fiscali che hanno comportato l’applicazione di misure cautelari come il divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione e di esercitare imprese e uffici direttivi di persone giuridiche per la durata di 1 anno. Il gip ha inoltre disposto un sequestro preventivo da oltre 650.000 euro, di cui 639.455,28 euro nei confronti della sola Mukamitsindo. Insieme a loro tre risultano indagati e saranno ascoltati nei prossimi giorni (almeno chi ancora si trova in Italia) anche l’altro figlio della donna ruwandese, Richard Mutangana, Ghislaine Ada Ndongo e Christine Ndyanabo Koburangyira, queste ultime legali rappresentanti delle società satelliti di Karibu. Ma ieri gli occhi erano puntati tutti su lady Soumahoro, Liliane Murekatete. E non solo per le accuse che la Procura le contesta. La compagna del deputato di sinistra, infatti, indossava un lungo cappotto cammello allacciato stretto in vita, a cui ha abbinato una bombetta nera molto fashion, uno zainetto anch’esso nero e una paio di stivali di cuoio Burberry calzati sopra i pantaloni, assai diversi da quelli in plastica orgogliosamente esibiti da Aboubakar nel giorno d’insediamento della Camera dei deputati.La donna era accompagnata dal suo avvocato, Lorenzo Borrè. E, nel tragitto, non ha mai aperto parola. Il legale ha fatto sapere ai cronisti che avrebbe rilasciato una dichiarazione solamente dopo l’interrogatorio di garanzia. «Dopo, dopo... ci vediamo dopo», è stata la promessa del penalista.Prima di lei erano arrivati anche la madre Marie Therese Mukamitsindo e il fratello Michel Rukundo, a loro volta «scortati» dall’avvocato Fabio Pignataro di Roma.Entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere e la loro permanenza davanti al gip è durata pochi minuti. Il tempo necessario per redigere il verbale. All’uscita, Marie Therese, con al fianco il figlio Michel, è apparsa visibilmente provata. È riuscita comunque a dribblare giornalisti e fotografi lasciando al difensore le dichiarazioni di rito: «Stiamo parlando di semplici reati fiscali e tributari», ha detto Pignataro. «Queste sono le contestazioni, non altre. Parliamo di reati fiscali. I miei assistiti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere perché non conosciamo i contenuti precisi delle carte in mano alla Procura. Solamente dopo aver letto le contestazioni potremo impostare al meglio la nostra difesa. Ripeto: vogliamo prima avere contezza del complesso degli atti di indagine».Ovviamente l’uscita di Liliane è stata decisamente diversa: silenziosa e composta accanto al suo avvocato. È rimasta impassibile nonostante la pressione e l’insistenza di giornalisti e fotografi. Neanche una smorfia, un sorriso. Niente. Un volto scolpito nel marmo. Lorenzo Borrè, il suo avvocato, ha spiegato che la compagna dell’onorevole Soumahoro ha risposto alle contestazioni del magistrato negando gli addebiti. Inoltre ha dichiarato di aver depositato una copiosa memoria difensiva per scardinare le accuse contestate, a partire dall’evasione fiscale. «Abbiamo depositato della documentazione», spiega Borrè, «che pone la questione sotto un’altra luce. Riteniamo di non dover aggiungere altro perché l’indagine è coperta dal segreto istruttorio. Aspettiamo inoltre di poter accedere all’intera documentazione relativa a questa indagine per dimostrare la totale estraneità alle accuse mosse alla mia assistita». Una indagine che La Verità ha seguito passo passo e in alcuni casi anticipato raccontando i giri attorno alle cooperative Karibu, Jambo Africa e al consorzio Aid, tutte attività facenti capo a Marie Therese Mukamtsindo e alla sua famiglia. E ogni giorno emergono fatti a dir poco stravaganti e testimonianze rimaste sepolte per anni. Una di queste, ad esempio, riguarda la presunta vicenda legata ai mobili del clan malavitoso dei Casamonica che sarebbero stati conservati nei centri di accoglienza per migranti gestiti dalla coop Karibu, adibiti a mo' di deposito.L’allora senatrice di Sinistra italiana, Elena Fattori, secondo quanto riportato da La Repubblica, avrebbe segnalato all’allora sottosegretario agli Interni Luigi Gaetti (quota 5 stelle con il governo Conte I), la presenza di mobilio sospetto all’interno di un garage. La senatrice (che abbiamo inutilmente cercato di contattare) avrebbe visitato il Cas Rehema e dopo essere venuta a conoscenza di questa notizia (de relato) ne avrebbe lasciato traccia in una relazione il giorno 11 marzo 2019.Relazione che, a quanto pare, non ha incuriosito nessuno spingendolo a indagare o ad approfondire la storia. L’ex senatrice Fattori avrebbe anche scritto che in quel centro gestito dalla Karibu «non avrebbe ospitato neppure i suoi cani».Un episodio che, se confermato, metterebbe ancora più dubbi sull’operato del ministero dell’Interno che avrebbe continuato ad erogare decine di milioni di euro ad una cooperativa tecnicamente fallita e con oltre un milione di debiti nei confronti dell’erario.Sempre secondo il quotidiano romano, gli investigatori non sarebbero peraltro mai stati informati di quel documento. La scoperta sarebbe partita con la richiesta, formalizzata alla senatrice da una dipendente del Cas di Aprilia, di controllare personalmente il centro. «Quando all’improvviso si alzò il pavimento e ci fu bisogno dell’intervento dei vigili del fuoco», ha scritto la Fattori nel rapporto citato da Repubblica, «la suddetta dipendente conobbe gli affittuari della struttura. In questa circostanza è venuta a conoscenza della presenza di alcuni mobili stipati nel garage, perché messa in allerta dallo stesso avvocato. Alla domanda se conoscesse di chi fossero le fu detto che erano della famiglia Casamonica. La responsabile, che in quel momento era in ufficio con loro, disse che ne era a conoscenza». Nessuno, a cominciare proprio dalla Fattori, ha mai verificato personalmente l’autenticità di questa segnalazione e questo non può escludere a priori che tutto il racconto potesse essere il frutto di una forzatura da parte di quella dipendente per sollevare un caso sul Cas. Ma una cosa è certa: i controlli non ci sono mai stati. Così come è certo che dei 62 milioni di euro erogati alle cooperative della suocera di Soumahoro si sono perse le tracce. Sono ben evidenti, invece, stando alle carte dell’indagine, le storie di lavoratori sfruttati, immigrati trattati come bestie e stipendi non pagati per decine e decine di migliaia di euro. Un buco nero finanziario che ha appesantito i conti della Karibu ma che non ha impedito a lady Soumahoro di sfoggiare un elegantissimo cappotto di cammello con tanto di stivali Burberry per presentarsi davanti al giudice. «Ognuno ha il diritto alla moda. All’eleganza» disse compagno in una trasmissione televisiva. Lei, Liliane, non ci rinuncia davvero.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco