2023-05-23
«Sapevamo che il Morandi poteva crollare». La conferma dell’uomo dei Benetton
Il ponte Morandi subito dopo il crollo. Nel riquadro, Gianni Mion (Ansa, Imagoeconomica)
Gianni Mion, ex ad di Edizione, ribadisce al processo che si era a conoscenza dell’errore di progettazione del viadotto. «Però non dissi nulla». Rivelazione già messa a verbale dal pm e riportata dalla «Verità» nel settembre scorso.Rivelazioni choc, ma tutt’altro che inedite, quelle di Gianni Mion, ex amministratore delegato della holding dei Benetton Edizione, ex consigliere di amministrazione di Aspi e della sua ex controllante, Atlantia, al processo per il crollo del Ponte Morandi. Ieri, facendo riferimento a una riunione del 2010, quindi otto anni prima del crollo del ponte che provocò 43 morti, Mion ha detto in aula: «Emerse che il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo. Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo mi rispose: “Ce la autocertifichiamo”. Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno. Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico. Ci fu quella riunione dove venne evidenziato il problema di progettazione. Ma nessuno pensava che crollasse. Che la stabilità dell’opera venisse autocertificata», ha aggiunto Mion durante l’udienza di ieri, per me era una c..., una stupidaggine e mi aveva fatto impressione».Alla riunione della quale parla Mion, parteciparono l’ad di Aspi, Giovanni Castellucci, il direttore generale Riccardo Mollo, Gilberto Benetton, il collegio sindacale di Atlantia e, secondo quanto riferito dall’ex manager, anche tecnici e dirigenti di Spea, la società controllata da Aspi che si occupava della sorveglianza. Dopo aver ascoltato queste affermazioni, l’avvocato Giorgio Perroni, che difende l’ex direttore del Primo tronco di Autostrade, Riccardo Rigacci, ha chiesto di sospendere l’esame di Mion e di indagarlo. L’esame di Mion è andato avanti e i giudici hanno detto che si riservano sulla richiesta avanzata dal legale.«Dopo quella riunione», ha detto ancora in aula Mion, «avrei dovuto fare casino, ma non l’ho fatto, forse perché tenevo al mio posto di lavoro. A quella riunione c’era anche Gilberto Benetton, sapeva anche lui che c’era quel problema, ma anche lui si è fidato di questa autocertificazione. È andata così, nessuno ha fatto nulla e provo dispiacere. Ho ancora molta stima di Castellucci», ha sottolineato Mion, come riferisce l’Ansa, «io penso che ci sia un motivo per cui non è stato fatto nulla in tutti questi anni. Queste grandi società sono autoreferenziali per definizione perché sono il riferimento per tutto il settore, e però anche lo Stato non ha verificato abbastanza. Fu fatto un errore da parte di Aspi quando acquistò Spea, la società doveva stare in ambito Anas o del ministero, doveva rimanere pubblica. Il controllore non poteva essere del controllato. La mia opinione, leggendo ciò che emergeva, è che nessuno controllasse nulla».Affermazioni che hanno scatenato un inevitabile putiferio, quelle di ieri di Mion, ma che i nostri lettori già conoscevano. Molti mesi fa infatti, il 18 settembre 2022, La Verità aveva già rivelato tutto, pubblicando in esclusiva il contenuto di alcune dichiarazioni rese dall’ex manager di Benetton Edizione al pm genovese Massimo Terrile, dichiarazioni che ricalcano praticamente alla lettera quelle in aula. «Il 13 luglio 2021», scriveva La Verità lo scorso 18 settembre, «dopo la chiusura delle indagini preliminari, il consigliere è stato sentito in gran segreto da Terrile, il quale, poi, ha utilizzato quel verbale come indizio decisivo durante l’udienza preliminare. Mion introduce così l’argomento: “Periodicamente si organizzavano degli incontri, che noi chiamavamo di induction, nel corso dei quali venivano presentati e illustrati temi vari, alla presenza di tutti i consiglieri di amministrazione di Atlantia, dei membri dei collegi sindacali, degli amministratori delegati delle società del gruppo, dei direttori generali, del management tecnico di vertice”».«Per il manager, in una di queste», scrivevamo ancora, rivelando il contenuto delle affermazioni di Mion, «dedicata al tema dei viadotti e delle gallerie, si sarebbe parlato lungamente delle problematiche che affliggevano il viadotto Polcevera. L’incontro su cui si è concentrata l’attenzione dei pm è quello del 16 settembre 2010. Una bomba di cui gli avvocati hanno ben compreso l’importanza. Mion fa riferimento alla riunione: “Per me quell’incontro è stato memorabile. Parlavano i tecnici e illustravano varie tematiche legate alla gestione delle gallerie e dei viadotti della rete. A un certo punto, si arrivò a parlare del viadotto Polcevera, che tutti noi sapevamo essere l’opera d’arte più importante, più prestigiosa e anche più complessa dell’intera rete nazionale. I tecnici spiegarono che il viadotto Polcevera aveva un difetto originario di progettazione. I tecnici spiegarono che quel difetto di progettazione creava delle perplessità sul fatto che quel ponte potesse stare su. Ricordo perfettamente che io, ad un certo punto”», scriveva ancora La Verità lo scorso 18 settembre, riportando le dichiarazioni di Mion, “intervenni, da completo incompetente qual ero, e chiesi se avevamo qualche ente esterno che aveva attestato la sicurezza strutturale di questo ponte. Siccome gestivamo la rete in regime di concessione, io pensavo ad una attestazione di sicurezza da parte della concedente o di un ente di fiducia della concedente. A quel punto, Mollo mi rispose, lo ricordo come fosse adesso, che la sicurezza del ponte ce la autocertificavamo”».
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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