2025-08-07
        Ministri a processo, voto a ottobre col referendum sulle toghe più vicino
    
 
        Cesare Parodi (Imagoeconomica)
    
Scrutini e dibattiti coincideranno con la campagna sulla riforma della magistratura.Stabiliti i tempi dell’esame delle carte inviate dal Tribunale dei ministri in merito alle posizioni del sottosegretario Alfredo Mantovano e dei ministri Matteo Piantedosi e Carlo Nordio sul caso Almasri. I reati contestati sono di omissione di atti di ufficio per il ministro della Giustizia Nordio, concorso in favoreggiamento per i ministri Piantedosi e Nordio e per il sottosegretario Mantovano, concorso in peculato per Piantedosi e Mantovano. Riguardo a Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto del ministero, invece, dagli atti emerge che per gli inquirenti la sua versione «è intrinsecamente contraddittoria».A fine settembre la relazione per l’Aula, l'Ufficio di presidenza della Giunta per le autorizzazioni della Camera «ha deciso alla unanimità. Si terranno almeno cinque sedute, inviteremo infine gli interessati a fornire i loro chiarimenti. Sia la Giunta che l’Aula esprimeranno tre voti distinti, con voto palese in Giunta e segreto in Aula, la quale voterà definitivamente entro ottobre». A dirlo, il presidente della Giunta, Devis Dori, di Alleanza verdi e sinistra. Proprio quando si comincerà ad entrare nel vivo della campagna referendaria per la riforma della giustizia. Il referendum, infatti, è fissato per il 2026 e lo scontro tra politica e magistratura diventa ogni giorno più acceso. La testimonianza più viva la fornisce l’intervista rilasciata dal presidente dell’Associazione nazionale magistrati Cesare Parodi quando, con sapiente uso di parole e forma, attacca politicamente il ministro Nordio spiegando ai microfoni di Radio 1 che l’eventuale coinvolgimento del suo capo di gabinetto avrebbe inevitabili implicazioni politiche. Insomma, se tre indizi fanno una prova, si può dire che di prove si può iniziare a farne una collezione. La magistratura sta usando ogni arma in suo possesso per opporsi a una riforma che si può dire quantomeno indigesta. Magistratura che come spesso accade può contare sul braccio armato di una obbediente opposizione, dal Movimento 5 stelle al Partito democratico fino ad arrivare ad Alleanza Verdi Sinistra. Nelle ultime ore, per colpire l’esecutivo il mirino si è spostato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio alla testa di Giusy Bartolozzi, capo di gabinetto del ministero. Per Angelo Bonelli il vero deus ex machina dell’estradizione del libico. Che addirittura ricostruisce una trama da spy story: «La storia del rilascio del torturatore libico Almasri ha tante cose da chiarire e ora ci penserà la magistratura. Una cosa però è chiarissima: l’Italia è sotto scacco delle milizie libiche. Di più, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è sotto ricatto dei libici. La vicenda Almasri sta svelando al Paese gli intrecci del governo con le milizie criminali che spadroneggiano in Libia. Giorgia Meloni deve chiarire se la liberazione di Almasri è avvenuta in nome del controllo dei confini e per impedire i flussi migratori dalla Libia. Deve rispondere alle domande su quali interessi ha tutelato con il rilascio di un criminale internazionale. Deve dire se è sotto ricatto delle milizie libiche perché terrorizzata dalla possibilità che aprano i cancelli dei lager dove tengono rinchiusi decine di migliaia di migranti e li facciano partire verso l’Italia. Con il governo dei patrioti corriamo il rischio che la sovranità del nostro Paese sia messa in discussione da bande criminali libiche». Accuse gravi che però danno la cifra del clima che si sta creando intorno all’esecutivo, non tanto per la vicenda libica, che con altissima probabilità nel voto atteso per ottobre si esaurirà con un non luogo a procedere, ma per la guerra che si è scatenata a causa di una riforma che il centrodestra cerca da più di vent’anni e che forse il governo Meloni riuscirà a portare a termine.